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  • Timossi: Sampaoli, tra sesso e possesso

    Timossi: Sampaoli, tra sesso e possesso

    Non siate possessivi. Questa è la storia di un mito messo in discussione, di un totem eretto da ormai un decennio e chiamato "possesso palla". Forse qualcosa sta cambiando. Per esempio ascoltate quello che dice Jorge Sampaoli, commissario tecnico del Cile, le sue dichiarazioni dopo aver perso 3-0 contro l'Uruguay, nonostante il 73% di possesso palla.  Sostiene il commissario tecnico: “Una notte ero in un bar con una donna. Abbiamo parlato tutta la notte, abbiamo flirtato, le ho offerto dei drink. Alle 5 del mattino entra un uomo, la prende per il braccio e la porta in bagno: ci fa l’amore e se ne vanno via insieme. Ma non importa, io ho avuto la maggior parte del possesso quella notte…”. Jorge Sampaoli non è Pablo Neruda, ma nel suo immaginario racconto, nella sua metafora, c’è almeno un pizzico di poesia (esclusa la scelta del bagno, ovvio).

    E allora ripartiamo da qui e insistiamo: non siate possessivi. Da un altro poeta del calcio, il maestro italiano Giovanni Trapattoni. Lui, qualche tempo fa, dopo Milan-Atalanta, prima di andare in onda dagli studi milanesi della Domenica Sportiva, ha enunciato versi altrettanto chiari. “Ho visto la partita tra Milan e Atalanta, non credo che abbiamo giocato male, ma ammetto: dopo un po’ mi sono annoiato”. Motivo? “Tutto quel  giro-palla, quel possesso e la volontà di iniziare l’azione dal basso,ma dico io”. Dica: “Non si può sempre iniziare ad attaccare partendo dalla difesa, andiamo a farlo più in alto, nella metà campo avversaria, meglio ancora se al limite o dentro l’area avversaria”. Insomma, buttiamo giù la palla e via? “Più o meno, facciamo l’una e l’altra cosa. Meglio, prepariamo diverse opzioni, scegliamole e mettiamole in atto anche analizzando e cogliendo al volo i diversi momenti della partita”. Giusto e non è una novità. No, non è solo questo il calcio del Trap, quello che gli ha permesso di vincere con Juve, Inter, Bayern Monaco e via discorrendo. Un altro meraviglioso allenatore anni Ottanta e Novanta, Osvaldo Bagnoli dalla Bovisa, aveva elaborato strategie simili. Non solo vincendo lo scudetto con l’Hellas Verona, ma soprattutto riportando in Europa il club più antico del calcio italiano e cioè il Genoa. Bagnoli per l’attacco rossoblù scelse uno alto (Skuhravy) e uno basso (Aguilera). Una torre da quella che all’epoca era la Repubblica Ceca e uno in grado di girargli intorno, il Papero sbarcato dall’Uruguay. La palla correva sulle fasce, ma all’occorrenza un rinvio del portiere Braglia o un lancio lungo del metronomo Bortolazzi potevano innescare la soluzione C, non destro o sinistra, ma dentro per il centro, sfruttando i varchi aperti dall’ariete ceco per la velocità del piccolo uruguayano.

    Non è solo calcio vintage, qualcosa di simile si può rivedere anche nel gioco di Sousa e della sua Fiorentina: vero, c’è possesso palla, ma anche moltissimo pressing alto. E non è un caso, che l’ariete Kalinic sia il terminale offensivo prefrito dal tecnico portoghese. Lui ancora più di Giuseppe Rossi, certo perché l’attaccante italiano deve ancora recuperare in pieno dopo l’infortunio, ma non solo per questo. E qualcosa di simile si vede e si vedrà anche nell’Inter di Mancini. Dove il terminale offensivo si chiama Mauro Icardi, uno scartato dalla cantera del Barcellona perché non adeguato, troppo egoista e in apparenza poco incline a un inserimento nel tiki-taka catalan..

    E allora fidatevi, non siate possessivi, non troppo, non solo. Usate la fantasia e alla fine sarete molto più divertenti. 

    Giampiero Timossi

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