Toromania: 15 anni di Cairo. Le premesse e le promesse erano altre
Un voto così alto per questi quindici anni è però difficile darlo a Cairo: gli va dato atto di aver creato una società solida dal punto di visto economico con una squadra ormai da anni stabilmente in serie A che, ultima stagione a parte, da tempo non lotta neanche più per la salvezza. Ma 15 anni fa la premesse e le promesse erano differenti. “Vorrei riportare il Toro a ciò che era negli anni ’70” disse in una delle sue prime interviste da presidente granata. Obiettivo che però non è stato centrato, così come non è stato centrato quello di costruire almeno una squadra che possa stabilmente giocare in Europa: in questi 15 anni il Torino si è affacciato all’Europa League solamente due volte, grazie anche ai problemi finanziari del Parma prima e del Milan poi, nel secondo caso l’avventura internazionale si è interrotta addirittura ai preliminari.
Passando alle strutture, al momento c’è un Filadelfia ancora incompleto, il centro sportivo Robaldo è ancora un semplice progetto mentre lo stadio di proprietà non è neppure un’idea. Eppure,15 anni fa, sempre Cairo diceva: “Se lo stadio mi interessa? Sì, uno stadio di proprietà è la chiave del calcio moderno. Deve funzionare sette giorni, non solo uno, gestire il tempo libero e avere un ruolo economico e un’utilità sociale”.
Cairo e il Torino in questi 15 anni non sono riusciti a fare quel salto di qualità che tutti speravano: ora, con Davide Vagnati e Marco Giampaolo, è iniziato un nuovo ciclo. Una nuova ripartenza dopo una stagione deludente: che sia la volta buona per vedere finalmente il Toro alzare l’asticella? Tra i tifosi in tanti se lo augurano, molti altri hanno invece perso la speranza: su questo, nel giorno del quindicesimo anniversario alla guida della società granata, Cairo dovrebbe riflettere.