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  • Trezeguet alza la voce:| 'Capitano? Prima ditemi se resto'

    Trezeguet alza la voce:| 'Capitano? Prima ditemi se resto'

    Primo comandamento di Gigi Del Neri: andate sul fondo e crossate. Quella è la terra promessa. Da ieri, nell’esordio stagionale nel ritiro di Pinzolo, la Juve prova a raggiungerla, con esiti alterni, ma almeno con la perseveranza degna di un buon discepolo.

    E allora, magari, non è un caso se dentro al 6-0 finale (4-0 alla pausa) la metà dei gol sia arrivata da colpi di testa innescati con palloni volanti: doppietta di Trezeguet, rispolverato bomber e acclamato dalle genti, e Grygera. Il resto della grandinata, quella meteo arriverà al 75’, la compongono un bel gol di Diego, sinistro rasoterra, da seconda punta, un pallonetto di Pasquato e una punizione di Grosso. Detto che l’avversario era da assoluta passeggiata estiva, la Rappresentativa dilettanti del Trentino, di questi tempi può andar benone anche solo seguire la strada tracciata dal capo tribù, il tecnico. E questo, a tratti, è successo.


    Del Neri s’è evoluto, ovviamente, ma come ai tempi del Chievo, in allenamento fa ripetere all’infinità movimenti alla squadra, che poi dovrebbero essere riprodotti, a memoria o giù di lì, sul campo di battaglia. Ieri s’è visto abbastanza bene. Palla a terra dalla difesa, per questo è stato tenuto Legrottaglie e per questo è stato preso Bonucci, poi assalto alla linea di fondo: se la via è sbarrata, si prova dall’altra parte, con profondi cambi di gioco, mostrati in un paio di occasioni da Motta e Lanzafame. Conquistata la linea, non resta che crossare, possibilmente bene. Perché se lo fai, David Trezeguet ha ancora l’antico fiuto da pistolero d’area. Raramente, nonostante i sacrifici degli ultimi anni, il francese è stato quello che ti fa salire la squadra, che ti dà una mano nella tempesta, però sa fare gol, accidenti se lo sa fare: aiuta esercitando il mestiere di attaccante. Ritrovato il sentiero della rete, gli manca quello che porta alla pace dell’anima e al sorriso. Invece, come altre estati, un po’ si sente impacchettato per altre destinazioni, non in cima ai desideri del club, come lui vorrebbe. E’ per questo che ieri, negli spogliatoi, non se l’è sentita di indossare la fascia di capitano, che pure gli sarebbe toccata, per il decennale arruolamento bianconero. L’ha ceduta a Legrottaglie, in un gesto istintivo che ha sorpreso tutti, visto che sulla distinta arbitrale l’attaccante era indicato come capitano e il difensore come vice.

    Del resto, la fascia del comando David la rifiutò un paio d’anni fa, sempre di questi tempi: pure allora c’era aria di divorzio. L’addio pare pronto da tanto, eppure David resta qui, pure per l’ingaggio, sui 4,5 milioni di euro, che non trova molti datori di lavoro. «Tutti lo danno a destra e manca - spiegava ieri sera Antonio Caliendo, suo fedele agente - e noi stiamo valutando determinate cose (Napoli, ndr) ma potrebbe restare, come è sempre successo. La storia dice questo». Forse ha solo bisogno di sentirsi di nuovo un pezzo importante: «David ha dato tutto alla Juve - ha continuato Caliendo - e per la Juve è andato anche in serie B». Non può avere cuore da capitano, allora, anche se gli oltre 5000 tifosi l’hanno a lungo invocato, ricambiati dai suoi saluti: «David resta con noi», cantavano. «David non è mai stato banale - ha aggiunto il procuratore - e se ha passato la fascia da capitano ha le sue ragioni, finché non ci sarà chiarezza».

    Dipende tutto dall’assunzione dell’erede, Edin Dzeko: se la Juve avrà le mani sul bosniaco Trezegol se ne andrà. Nel frattempo, Del Neri e il club valuteranno condizioni fisiche, motivazioni e comportamento. Finora, secondo il tecnico, David ha fatto il suo dovere, lavorando con il giusto atteggiamento: quando è uscito ha dato il cinque a tutti i compagni della panchina, compreso Marotta. Sistemati questi aspetti, acciacchi e atteggiamento, gli basterà fare gol: e per lui è sempre stato un dettaglio, specie se qualche cross in area ogni tanto arriva.


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