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  • La scommessa della Lazio, l'intuizione di Inzaghi: Luis Alberto fa innamorare

    La scommessa della Lazio, l'intuizione di Inzaghi: Luis Alberto fa innamorare

    • Luca Capriotti
    Lo stadio Olimpico si alza raramente in piedi per qualcuno. Deve avere a che fare con una certa idea antica, di gladiatori, di lottatori: solo pochi meritavano qualcosa, gli altri al meglio una fine rapida. Lo stadio Olimpico aspettava con ansia il nuovo acquisto Nani: ne ha seguito il recupero, ne voleva vedere in campo i piedi, la visione, l'esperienza. Ma poi ha capito che sarebbe uscito Luis Alberto Romero Alconchel. E tutto lo stadio si è alzato in piedi, tutto lo stadio ha deciso di scrollarsi di dosso anni di sfiducia per l'applauso definitivo, la consacrazione fatta tributo di affetto. L'ex Liverpool, "con un piede nero", dice Inzaghi, in questo momento è uno dei pochi che può decidere le partite da solo. Uno dei pochi in Italia. Inzaghi gli ha chiesto di non tirare in porta, a fine primo tempo. Voleva un pallone dentro, per sfruttare le lunghe leve dei compagni. Lui sembrava volerlo assecondare (insomma, alla fine l'ha sempre chiesto l'allenatore), poi cambia idea e rincorsa, e trova qualcosa nel perfetto punto sotto l'incrocio dei pali. Il pareggio contro il Sassuolo, solo l'inizio, una nuova identità, una nuova marea di possibilità. Luis Alberto dà l'impressione di potere, e potere tutto: quando il pallone gli ricapita tra i piedi, con il portiere del Sassuolo in folle uscita, lui di suola lo manda a terra ancora, e deposita il pallone in rete, correndo poi verso Inzaghi, in un nuovo abbraccio, quasi a suggellare la precedente mancanza di comunicazione in una nuova epoca di affetto. Un tributo di applausi, tutti in piedi. Ma è solo l'inizio. 

    L'ARRIVO A ROMA - Eppure, nessuno si era accorto del suo arrivo a Roma, se non in un'ondata negativa di sdegno. Doveva sostituire Candreva, passato all'Inter, l'ennesimo passaggio al 'nord' per vincere. Luis Alberto è subito vittima di un equivoco tattico, e linguistico: a Roma il suo diventa un nomignolo (il migliore è 'Lupo Alberto'), non è un esterno d'attacco, un crossatore che va sul fondo in velocità, e si vede subito. Il suo passato al Liverpool, le sue esperienze in Liga (prima da canterano del Barcellona, fino al Barca B, poi Malaga e Deportivo), sfumano, sembrano indizi di incompiutezza. I 5 milioni spesi per lui sembrano già troppi, a dicembre 2016, in una Lazio sinfonica è l'unica nota amara: 5 milioni per 27 minuti giocati, 190 mila euro ogni 60 secondi. Penserà addirittura al ritiro: a gennaio farà di tutto per tornare in Liga, non verrà accontentato. Vuole addirittura ritirarsi dal calcio, in quei mesi di buio. Tare crede fermamente in lui, a Formello si mormora sia giocatore di valore assoluto. Ma non ci crede nessuno. Poi comincia la preparazione estiva: parte Biglia, Keita twitta insoddisfazione e la Lazio ha bisogno di qualità in mezzo al campo. E Inzaghi ha una grossa intuizione: lo mette al centro del progetto Lazio 2017/2018. Eppure qualcosa si era visto, sul finire di stagione: un gol contro il Genoa, un paio di partite giocate per intero. Era solo l'inizio.

    LA RINASCITA - Tutto parte da Auronzo di Cadore, ridente cittadina dove da anni la Lazio costruisce la nuova stagione. Inzaghi piazza Luis Alberto in mediana, anzi meglio, in cabina di regia. Ha fiducia nelle sue qualità, gli addetti ai lavori ne raccontano i progressi veloci, la classe. La fiducia è una delle doti di Inzaghi: sa trasmetterla come nessun altro. Nessuno crede davvero che possa giocare al centro, nel frattempo è arrivato Lucas Leiva, nessuno crede che possa giocare, nel frattempo Felipe Anderson sembra davvero tirato a lucido. Poi il brasiliano si ferma, ed Inzaghi sposta l'ex Depor qualche metro più avanti, nel ruolo che gli è più congeniale, quello di trequartista classico. A fianco di Milinkovic, dietro Immobile, in finale di Supercoppa contro la Juventus. E la sua parabola ascendente comincia contro i campioni d'Italia: è autoritario, tecnicamente sopraffino, di suola e di corsa, rincorre pure gli avversari. Solo l'inizio: prende per mano la Lazio, si tinge di biondo il ciuffo e inanella prestazioni di spessore, giocate di livello superiore. Va a segno contro il Milan di Montella, si ripete contro il Sassuolo:  una punizione di assoluta bellezza, un tocco di suola e tiro da rivedere in infinite gif.

    FUTURO - Nani entra in campo: sono i primi vagiti della sua esperienza alla Lazio, contro il Sassuolo qualche tocco felpato e poco altro. Ora Inzaghi dovrà disegnare la sua Lazio con qualche elemento a disposizione in più: i problemi di abbondanza per lui sono una felice novità. Di Luis Alberto difficilmente farà a meno: piano piano inserirà Nani negli schemi e nella tattica. Le opzioni sono molte: può piazzarlo sulla trequarti, arretrare Luis Alberto in regia, oppure decidere di far riposare Milinkovic, leggermente appannato nelle ultime uscite. Può anche provare a farli coesistere, in un 3-5-1-1 molto offensivo, con il serbo e lo spagnolo sulla linea dei centrocampisti, a fianco di Leiva. Più probabile che rimanga tutto com'è, e Nani si inserisca piano piano, partecipando alle grandi manovre ogni 3 giorni che la Lazio dovrà sopportare da qui a qualche mese, complice l'avventura europea. E quando rientrerà Felipe Anderson? Il brasiliano è fuori per un fastidioso e prolungato problema muscolare, sta cercando di risolverlo definitivamente: al suo rientro, avrà bisogno di recuperare lo smalto perduto. Poi potrebbe essere il suo momento: a quel punto il credito di Luis Alberto sarà abbondante, sarà difficile pensare una Lazio senza di lui.

    NORMALITA' - I tifosi della Lazio apprezzano la normalità di Luis Alberto fuori dal campo ("mia figlia canta l'inno della Lazio") le rughe intorno agli occhi lontane da un classe '92, la saggezza palla al piede abbinata alla voglia di provare l'impossibile. Prendersi le Furie rosse, dopo essersi preso la Lazio. Lopetegui lo ha pre-convocato due volte, segno di una crescente attenzione per l'ex Barcellona B. I Mondiali in Russia sarebbero il coronamento di un'ascesa forte, tecnica e tattica: sembrano lontanissimi, eppure in pochi mesi Luis Alberto ha dimostrato di poter cambiare tutto. Lo Stadio Olimpico si alza raramente in piedi per qualcuno. Stavolta erano tutti in piedi, tutti in piedi per lui. Ecco Luis Alberto, lo spagnolo di suola e meraviglia, tutti in piedi. Ma è solo l'inizio. 

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