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Tutti in piedi per Del Piero

Tutti in piedi per Del Piero

 

Ci sono situazioni in cui non importa come tu vedi le cose ma come gli altri le vedono al posto tuo. Se Alessandro Del Piero non considera questo, contro l’Atalanta, il passo d’addio della propria carriera, per quanti ricordano le 703 partite che ha giocato nella Juventus il punto emotivo alla sua storia si mette qui. Tutto il resto, dalla finale di Coppa Italia a Roma fino ai match nella Lega americana dove pare che sia diretto, formerà i titoli di coda che ci si ferma a leggere per curiosità ma non modifica la trama di un bel film.
 
A Torino, nello stadio della Juve. Otto mesi fa Del Piero stava seduto in giacca e cravatta a fianco di Boniperti su una panchina in mezzo al campo illuminata da un faro. Un mese più tardi avrebbero ufficializzato il benservito nel modo in cui sappiamo ma quella notte Alex era la stella e un simbolo della società che si dava una casa. Oggi è un uomo che saluta la compagnia, con pochissima voglia di lasciarla, però con dignità e un altro scudetto in valigia, l’ultimo, il più prezioso. «Non so leggere i suoi turbamenti perché è sempre stato bravo a mascherarli confida il fratello Stefano -. Ma non è fatto di pietra e immagino che quando scenderà in campo, e soprattutto quando lo lascerà, gli sarà difficile non emozionarsi».
 
Non succederà soltanto a lui, immaginiamo. La sceneggiatura è delineata, i dettagli invece sono lasciati alla improvvisazione genuina del momento: l’unico giallo è su chi si impossesserà delle due maglie con cui giocherà nell’occasione. Quella del primo tempo la terrà Alex per arricchire di nostalgia la propria collezione, su quella del secondo si è invece scatenata la guerra delle promesse. Parenti, amici, compagni di squadra. Di sicuro non finirà sulle spalle di un atalantino, semmai potrebbe essere venduta all’asta per beneficenza.
 
Del Piero giocherà dall’inizio per la quarta volta in campionato, scambierà il gagliardetto con il proprio omologo dell’Atalanta, stringerà la mano all’arbitro Gava, che per una curiosa coincidenza è nato nello stesso ospedale di Conegliano dove Alex aveva visto la luce 27 giorni prima. Un rituale consumato. «Del Piero era il capitano nella prima partita di campionato contro il Parma e lo sarà nell’ultima» ha anticipato Conte, di solito molto più avaro di informazioni su chi manderà in campo.
 
Nei piani del tecnico lo spazio concesso ad Alex si spiega con l’esigenza di rodarlo per la finale di Coppa Italia contro il Napoli, come per Storari, titolare al posto di Buffon. In realtà la Juve e il suo allenatore hanno preparato il terreno per la «standing ovation»: 40 mila persone nello stadio strapieno per la festa dello scudetto si alzeranno ad applaudire la sua sostituzione un po’ prima della fine. Poi Del Piero solleverà da capitano la coppa della Lega per il successo in campionato e si concederà il giro di campo per congedarsi dai tifosi, il penultimo atto della rappresentazione bianconera che si concluderà in serata sul pullman scoperto, in giro per la città.
 
Che sia una partita speciale lo sa anche Alex, sebbene non lo dica. Ha soltanto preteso che sia un addio sobrio, certamente non in punta di piedi perché non è possibile però senza sceneggiate nè retorica. In tribuna Del Piero ha voluto che ci fossero la madre, la moglie Sonia con i tre figli, la famiglia del fratello, gli amici che lo hanno seguito nell’ombra in questi 19 anni: quasi si fosse alla consegna della laurea e in fondo la si può intendere così. Inconsciamente lui pensava a questo appuntamento da molte settimane, sentendo che si avvicinava: non è mai stato un compagnone nello spogliatoio, il tipo dalla battuta a raffica, ma raccontano che negli ultimi tempi l’umore era più cupo e la tendenza a isolarsi si era accentuata come succede quando ci si prepara a un distacco forse definitivo perché sul futuro remoto si stende una nebbia più spessa di quella che avvolge il futuro prossimo e non è poca. Si sa che Del Piero manterrà casa a Torino, in collina, ma non c’è alcuna certezza di rivederlo un giorno come dirigente e con quali poteri. Gli ultimi ad averlo fatto, Bettega e Nedved, hanno accertato sulla loro pelle quanto sia difficile entrare nella stanza dei bottoni e restarci senza figurare come una bandiera arrotolata.
 

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