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  • Udinese, Guidolin:|'Io, tipicamente friulano'

    Udinese, Guidolin:|'Io, tipicamente friulano'

    Fancesco Guidolin e il Friuli: un legame indissolubile che va oltre l’amore per la maglia dell’Udinese. In esclusiva a ‘Il Friuli/Udineseblog’ il tecnico bianconero ha provato a raccontare le sue emozioni dentro e fuori dal campo  in quella che è ormai la sua terra d’adozione.

     

    Quali i luoghi che l’hanno fatta innamorare di questa terra? “Tutti. Il Friuli mi è sempre piaciuto in tutti i suoi territori e adesso che sono tornato a viverci lo posso apprezzare ancora di più. Udine centro, Cividale sono città calde, a dimensione d’uomo. Ma adoro anche la zona collinare e montuosa, dove i paesaggi sono meravigliosi come il contatto con la natura: mi sembra di essere in un altro stato, molto più a nord dell’Italia”.

    Guidolin e i friulani: caratteri molto simili: “Sono una persona riservata e discreta come loro. Non sono un orso, semplicemente un po’ difficile da avvicinare proprio per la riservatezza. I friulani mi hanno sempre fatto sentire il loro calore senza invadere il mio spazio: non dimenticherò mai quello striscione che l’Auc espose nel momento critico al campo d’allenamento. Al di là di questo, comunque, ho sempre sentito in maniera netta che la gente era schierata dalla mia parte: non c’era bisogno di parole”

    Pozzo è un friulano tipico? Tra tutti i presidenti che ha avuto, che ruolo darebbe al Paron? “Pozzo sembra un duro, ma è una persona gradevole e intelligente. Ovunque sono andato ho sempre cercato il feeling con l’ambiente. Tra tutti i presidenti, devo dire però che Pozzo è il migliore che ho avuto perché è sì molto esigente, ma allo stesso tempo è davvero saggio. Lo ha dimostrato anche ad inizio stagione: se la stessa situazione si fosse verificata in un altro club, adesso sarei.. in bicicletta”.

    Guidolin allo specchio: chi è e come è cambiato in questi 12 anni? "Mi sento una persona molto equilibrata, non facile agli entusiasmi. Come i friulani. In questi anni sono maturato come pesona e come allenatore: ho imparato a vivere i vari momenti con pacatezza, serenità e nelle difficoltà con fatalismo"

    Cosa le fa amare tanto l’Udinese? “La dimensione societaria e il progetto che sono unici in Italia: una dimensione ‘tipicamente friulana’. La si vede nei piccoli particolari: la gente che ti sostiene al campo, ma al fischio finale ti lascia in pace e pensa alle proprie cose; l’educazione che dimostra anche allo stadio in occasione del minuto di silenzio. Proprio come nel Nord Europa: una civiltà che amo e nella quale mi ritrovo”

    La squadra: chi esploderà quest’anno? “Benatia e Armero si sono già fatti vedere. Credo molto in Abdì e penso che anche Beleck, Vydra  e Battocchio sapranno crescere. Mi ha impressionato anche il nuovo acquisto Ekdal, un giovane molto interessante. E permettetemi di sottolineare la crescita importante di Isla”.

    Chi potrà raccogliere l’eredità di Di Natale? “I fenomeni non nascono tanto spesso. Spero che lui si mantenga così integro ancora a lungo. Mi è difficile pensare ad un altro Totò: il fenomeno ce l’abbiamo noi e ce lo teniamo ben stretto”.

    Nel prossimo futuro: meglio la Champions, ma senza qualche big, o ripartire in campionato con il gruppo confermato? “Non è il caso di fare ragionamenti di questo tipo. I gruppi si costruiscono con i valori e le parole: società e allenatore devono essere bravi in questo e devono anche saper rinnovare. Bisogna saper guardare con serenità anche la possibilità di far partire giocatori per piazze importanti: l'importante è far sentire a tutti, anche quindi ai ricambi, il valore di questa maglia”

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