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  • Un Abruzzo da serie A

    Un Abruzzo da serie A

    La regione aveva detto addio all'olimpo del calcio il 30 maggio 1993. Allo stadio Adriatico si gioca Pescara-Juventus e i biancazzurri, già retrocessi, centrano l'impresa, regolando con un sonoro 5-1 i bianconeri di Trapattoni. Il vantaggio ospite, siglato da Ravanelli, scatena la reazione dei padroni di casa: Allegri, Borgonovo, Palladini, Martorella e autogoal di Carrera. Uno scatto d'orgoglio in una stagione fallimentare. La domenica successiva il Pescara perde 4-0 a Cagliari e saluta la massima serie, chiudendo il ciclo più intenso e ricco di successi nella storia del calcio abruzzese. Nel giro di quindici anni, tra il 1977 e il 1993, il Pescara disputa i suoi unici cinque campionati di serie A. Solo una volta, nel 1987-88, viene centrata la salvezza. L'esordio assoluto nella massima serie è datato 11 settembre 1977. In campo c'è il Pescara di Nobili e Zucchini, con Giancarlo Cadè in panchina. Nonostante la bolgia dei 30 mila dell'Adriatico, il Pescara perde 3-1. Giorgio Repetto sigla la prima rete in serie A nella storia del club. I biancazzurri terminano il campionato al sedicesimo posto e retrocedono in serie B. Dopo un solo anno di purgatorio, il ritorno nel calcio che conta. Allora, come oggi, la prima di campionato riserva al Pescara il match contro l'Inter. Una sfida a dir poco impossibile, contro la corazzata di Eugenio Bersellini che al termine del torneo conquisterà il suo dodicesimo titolo. Il tecnico del Pescara è Antonio Valentin Angelillo, confermatissimo dopo il trionfo in serie B nell'anno precedente. L'ex mezzala ha il dente avvelenato. Proprio all'Inter, tra 1957 e il 1961, raggiunge l'apice della sua carriera da calciatore, realizzando 68 reti in quattro campionati. Nel suo ultimo anno a Milano, i rapporti con il sergente di ferro Helenio Herrera si deteriorano. «Il mago» accusa Angelillo di fare troppa «dolce vita» e nonostante l'oriundo sia tra i prediletti del presidente Moratti, viene ceduto. La voglia di rivincita è tanta, ma il 16 settembre del 1979, a San Siro, il Pescara esce sconfitto per 2-0. Segnano Domenichini e Oriali. Angelillo, che raccoglie la miseria di un punto in cinque partite, viene sostituito da Giagnoni, ma i biancazzurri si classificheranno ancora una volta sedicesimi, retrocedendo. Bisognerà attendere il 1986-87, e l'arrivo del «profeta» Giovanni Galeone, per un nuovo ritorno nella massima serie. Dopo la miracolosa promozione di una squadra costruita per disputare il campionato di terza serie, e ripescata all'ultimo momento in serie B, inizia l'era del presidente Scibilia. Si allestisce una squadra giovane, senza il bomber Rebonato, ma con due grandi talenti come Leo Junior e Baka Sliskovic. Il destino, per la seconda volta consecutiva, riserva al Pescara l'esordio a San Siro contro l'Inter. Questa volta, però, le cose vanno diversamente. I «ragazzacci» di Galeone, in maglia rossa, salgono in cattedra, ed escono tra gli applausi della scala del calcio. Trapattoni, sulla panchina nerazzurra, è esterrefatto. Il Pescara degli sconosciuti travolge l'Inter di Zenga, Scifo, Bergomi, Altobelli e Passarella. I biancazzurri dominano, creano occasioni a ripetizione e vincono 2-0 con reti di Galvani e Sliskovic. Nel corso del campionato i biancazzurri si tolgono parecchie soddisfazioni, come la vittoria per 2-0 contro la Juve. «Conquistare quella splendida salvezza con il Pescara - dirà in seguito Leo Junior - fu come vincere uno scudetto». L'anno dopo si inizia con un doppio impegno casalingo: finisce 0-0 contro la Roma e 1-3 contro il Milan. Alla terza di campionato il Pescara è stordito dal Napoli di Maradona, che Galeone non fa marcare a uomo «perché mi creerebbe un buco a centrocampo». E' una goleada storica: 8-2. I biancazzurri però si rialzano e alla prima del girono di ritorno, dopo aver espugnato il campo della Roma per 3-1, con tripletta di Tita, sono addirittura a ridosso della zona Uefa. Le vertigini fanno male e l'ambiente perde compattezza: il Pescara non vince più una partita e la lenta agonia termina con la retrocessione. Nel 1991-92 il Galeone-bis regala al Pescara la quarta promozione in serie A. Nonostante la squadra abbia perso i pezzi pregiati, attratti dalle sirene milionarie del Perugia di Gaucci, l'avvio di stagione è esaltante: il 6 settembre Totò Nobile sigla il goal vittoria all'Olimpico contro la Roma. La domenica successiva, all'Adriatico, contro il Milan stellare di Capello, i biancazzurri chiudono il primo tempo in vantaggio per 3-1. Nella ripresa, però, sale in cattedra Van Basten, che stende il Pescara con una micidiale tripletta. E' un fuoco di paglia, la rosa non è all'altezza e la squadra retrocede, ultima in classifica, con soli 17 punti. Il resto è storia recente. Questa sera, per la terza volta su sei campionati in serie A, il Pescara è chiamato ad esordire contro l'Inter. All'Adriatico il Pescara ha superato l'Inter in un'unica occasione, il 16 aprile del 1978, con goal di Grop e autorete di Bini. Oggi, però, un'intera regione si stringerà intorno alla squadra e, a dispetto delle statistiche, la carica dell'ambiente potrebbe risultare decisiva. «Quello che ho visto a Pescara per i festeggiamenti della promozione - disse Zdenek Zeman tre mesi fa - non l'ho mai visto in tutta la mia vita». Sulla carta si parte battuti, ma i tabù sono fatti per essere sfatati.

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