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  • Un cappuccino con Sconcerti: ma per il calcio conta di più il protocollo o la legge?

    Un cappuccino con Sconcerti: ma per il calcio conta di più il protocollo o la legge?

    • Mario Sconcerti
      Mario Sconcerti
    Se un’Asl dice di mettersi in quarantena non c’è dubbio che siamo tutti tenuti a farlo. Siamo anzi obbligati da una legge dello Stato, proprio come sta accadendo in questi giorni e come accadrà almeno fino a Pasqua. Ma il lockdown chiede di più, chiede di stare tutti al chiuso per evitare il contatto con gli altri, chiunque altro. Le società di calcio fanno tre tamponi a settimana, ma questo non evita i contagi, certifica che ci sono. Nessun tampone è in grado di dirti cosa succederà domani. Infatti sono molti i casi di malattia nelle squadre. Il protocollo del calcio si dice che non esiste più, è un vecchio compromesso superato dalla discrezionalità delle Asl. Benissimo. 

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    Ma se il crollo del protocollo rende tutti uguali davanti alla sanità pubblica, perché il campionato gioca e nessun’altro no? Perché noi stiamo a casa e i giocatori, inessenziali come tutti noi, vanno perfino in giro per il mondo? Delle due l’una: o vale il compromesso del protocollo e allora si può giocare a certe condizioni, o valgono le regole del paese e allora vince il loockdown per tutti. Qualcuno sa sciogliere il nodo?

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