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  • Un favoloso sognatore che si è preso la responsabilità di sognare anche per voi: grazie Sepulveda

    Un favoloso sognatore che si è preso la responsabilità di sognare anche per voi: grazie Sepulveda

    • Furio Zara
      Furio Zara
    Il mondo piange uno dei più straordinari narratori di storie di questi tempi, un favoloso sognatore che si è preso la responsabilità civile di sognare anche per noi: di questo gli dobbiamo eterna gratitudine. Luis Sepulveda (foto Ansa) è stato - tra le tante cose - un inventore di altri mondi, di quei mondi che vengono partoriti dalla fantasia e dei quali oggi - in questi giorni sospesi e di incerti futuri - abbiamo un’urgenza quasi fisica. Noi che di parole viviamo, sappiamo la potenza che si nasconde in ogni frase, il fuoco che brucia in ogni pensiero, la magia di una storia che alza il respiro della nostra vita e ci apre altri orizzonti. La parola è bellezza e igiene mentale, è identità e civiltà: questo è il lascito di Sepulveda, questo l’insegnamento che galleggia nel bianco tra una riga e l’altra dei suoi libri.

    Lo scrittore cileno aveva 70 anni. Era ricoverato da fine febbraio in ospedale a Oviedo dopo aver contratto il Codiv 19 con la moglie, la poetessa Carmen Yanèz, sposata due volte. La storia stessa di Sepulveda è stata un romanzo d’avventura, impregnato di dolore e speranza, di durezza e di amore. Aveva lasciato il Cile da esule politico, dopo più di due anni di carcere, negli anni ’70, quelli della dittatura di Pinochet. L’Europa era diventata la sua casa, aveva vissuto a Parigi e ad Amburgo, per poi scegliere di vivere in Spagna, nelle Asturie. Ma l’Italia era il posto della sua anima, il giardino in cui trovava complicità e una forma di fratellanza spontanea.

    A consolarci oggi - nel giorno della sua scomparsa - vi è la sua voce che non smetterà di raccontare storie attraverso la sua produzione letteraria, basti qui citare «Il vecchio che leggeva romanzi d’amore» e la «Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare», i due romanzi che gli avevano dato notorietà mondiale. Era raffinato eppure popolare, era trasversale perché le sue storie parlano a tutti, padri e figli e tutti sanno riconoscerne la bellezza.  Era un combattente nato, Sepulveda, per necessità prima e poi per scelta, con le sue tante battaglie da ecologista (era attivista di Greenpeace), da uomo che aveva la certezza che la Terra è la nostra casa, per questo va curata, preservata e consegnata alle generazioni che verranno. Aveva quel senso nobile di giustizia che anima i puri, la sua scrittura andava dritta al cuore, senza prendere scorciatoie. Stare dalla parte degli ultimi significava dare un senso alla propria esistenza. Ne «Le rose di Atacama» si parla di resistenza, individuale e collettiva, di democrazia come premessa di ogni mondo, di ideali da perseguire: erano il motore della sua vita, una vita prima vissuta e poi raccontata in quell’impasto meraviglioso che ora sa di grandezza e ora sa di miseria.

    Luis Sepulveda aveva un’idea di mondo che si alimenta con la conoscenza, il sentimento, l’esperienza, soprattutto i sogni. «Vola solo chi osa farlo», ha scritto nella «Gabbianella». Mai come oggi queste parole parlano il linguaggio universale di un mondo che ha bisogno di futuro.

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