Da Morandi a Tacconi, da Ramazzotti a Ciotti: venite con noi al Festival
Domani, intanto, si apre ufficialmente il Festival della Canzone Italiana edizione numero sessantasei. Ebbene sì, è da così tanto tempo che la manifestazione musicale, nata in Radio e condotta da Nunzio Filogamo, regge sufficientemente solida per collocarsi, sdeppure tra alti e bassi, come l’evento nazionalpopolare per eccellenza. Una kermesse che, nascosta dietro l’alibi della canzone, con il passare degli anni è diventata sempre più lo “spaccato” del nostro Paese e del nostro modo di pensare. Una delle grandi forze di Sanremo, infatti, è quella di saper fare da specchio alla nostra vita quotidiana mettendo in mostra vizi e virtù di un popolo e anticipando tendenze se non proprio originali almeno nuove. Come diceva Edoardo Bennato, insomma non sono solo canzonette.
Nel 1984, sull’onda del trionfo di Bearzot e dei sui ragazzi in Spagna, i tre quotidiani sportivi nazionali (Tuttosport, La Gazzetta dello Sport e il Corriere dello Sport-Stadio) viaggiavano a vele spiegate grazie a vendite da record. I tre direttori di allora Piero Dardanello, Candido Cannavò e Italo Cucci ebbero la medesima idea. O, forse, la concertarono insieme. Mandare un “inviato” per sette giorni nella città rivierasca dei fiori a seguire il Festival senza forzate implicazioni di carattere sportivo ma per quello che era, ovvero la gara musicale per eccellenza. Due pagine al giorno, mica robetta. Era il successo del “giornalismo popolare” su quello di “settore”. I lettori dimostrarono di gradire la novità. Tant’è che per sedici anni filati mi trovai poi a trascorrere, per lavoro, una settimana tonda nella sala stampa del Festival e dentro il Teatro Ariston proprio come se si trattasse di un Mondiale insieme con colleghi “insospettabili” come Travaglio, Gramellini, Serra, Gianni Mura, Ormezzano e sopra tutti il maestro Sandro Ciotti grande esperto di musica oltreché raffinato affabulatore di pallone. Quell’anno vinsero Romina e Albano con “Ci sarà”, per la categoria campioni, mentre i giovani videro trionfare Eros Ramazzotti cantautore-calciatore con “Terra promessa”. A condurre c’era Pippo Baudo. Quando mi capita d incontrarlo gli rammento che possiamo vantare lo stesso numero di parteciazioni. Questa sarà la volta buona che lo supererò, almeno a livello di cronaca.
Il nostro direttore Stefano Agresti, insieme con l’editore Carlo Pallavicino, ha infatti deciso di seguire la linea tracciata tanti anni fa dai tre “maestri” del giornalismo sportivo italiano. Una linea che ci auguriamo possa essere vincente come quella di allora. In ogni caso un valore aggiunto al nostro e vostro “giornale” telematico che certamente non potrà fare male a nessuno. Quindi, da domani, pagelle e tutto il resto che riguarda il Festival. Poi sarete voi a giudicare e a giudicarci. Comunque non ci pare un azzardo. Anche perché, è bene ricordarlo, tra Festival e sport un certo legame c’è sempre stato significato dalle ospitate assortite di campioni internazionali sul palco dell’Ariston (foto teamworld.it) e dalle performance di cantanti atleti. Mi limito a citare due casi. Il trionfo della troika Morandi-Tozzi-Ruggeri con “Si può dare di più”. L’esibizione dal vivo di Stefano Tacconi in qualità di cantante che, ahilui, gli accorciò la carriera. Il portiere giocava nel Genoa e la domenica successiva a Marassi arrivò la sua ex Juventus. Una serata da incubo per Stefano al quale la Curva, ad un certo punto, cominciò a cantare: “Vai a Sanremo, Tacconi vai a Sanremo”. E lui rispose come Mancini, mostrando il dito medio della mano destra. Una clamorosa stonatura. Due mesi dopo diede ufficialmente l’addio al calcio.