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  • Vince sempre la Spagna: è ora di cambiare
Vince sempre la Spagna: è ora di cambiare

Vince sempre la Spagna: è ora di cambiare

  • Luca Savarese
Luglio 2012, è il primo giorno del mese. Tutta l'italia attende con gioia la finalissima dell'Europeo in Polonia ed Ucraina. Alla gioia si aggiunge anche una gran parte d'ansia perchè nell'ultimo atto, avremo di fronte gli spagnoli. L'opinione pubblica si divide in due grandi tronconi, da una parte si respira l'antifona: "Loro sono fortissimi", ma c'è anche chi prova a infondere speranza: "Bè hanno eliminato a fatica il Portogallo in semifinale, magari possiamo batterli". Le voci però saranno presto smentite dalla verità del campo: a Kiev, le furie rosse di Vicente del Bosque lo occupano in lungo ed in largo, e gli azzurri, del pur bravo Cesare Prandelli, autori di un Europeo fin lì coi fiocchi, sono costretti loro malgrado ad inchinarsi: Silva, Jordi Alba, Mata e Torres ci passano sopra quattro volte e addio sogno europeo. Spagna sul tetto d'Europa dopo che due anni prima era salita sul tetto del mondo. Italia ancora seconda, come a Rotterdam nel 2000, restano le lacrime. I peana sono tutti per gli iberici capaci di confezionare uno storico triplete: Euro 2008, Mondiale 2010 ed Euro 2012. La stampa esalta l'ossatura d'Espana, dove la leggerezza la fa da vincente padrona. 
Marzo 2013, è il tredicesimo giorno del mese. Tutta l'Italia pallonara, soprattutto quella rossonera, attende con gioia l'ottavo di finale di ritorno, della Champions League. Anche qui c'è spazio anche per l'ansia, perchè se i gatti hanno sette vite, il Barça ne ha nove e più. Al Camp Nou il Milan se la gioca con i blaugrana della strana coppia Vilanova-Roura, per ottenere un posto tra le prime otto dell'Europa del calcio. In realtà l'espressione "Se la gioca", lascia il tempo che trova. O meglio il tempo lo trova la pulce, Lionel Messi, all'andata pavido moscerino ed ieri sera in pochi minuti leone indomito ed indomabile, grosso mostro che sputa calcio potentissimo e letale da tutti i pori. Un uno due che stordisce il già dall'avvio pusillanime drappello milanista. Poi nel secondo tempo completano l'opera le pistole ausiliari del mostro sacro: Villa e quel Jordi Alba che come otto mesi fa, si prende il lusso di schiaffeggiare l'italico gioco del pallone. Otto gol in otto mesi e,non uno in ogni mesi, ma due in due colpi singoli, come dire due spari nelle due serate in cui noi sognavamo dolci feste. Va bene che Messi è argentino, va bene che molti mattatori di ieri sera erano presenti anche nel patatrac di Kiev, ma ora è tempo di provare ad avere più coraggio, più fiducia nelle nostre capacità di calcio e portarle, senza paura,sul campo, convinti che non potranno sempre vincere loro, che anche noi abbiamo strumenti, idee, abilità per provare o forse per iniziare, a dire la nostra. 

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