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  • Vincere non basta più, ora conta come: Sarri alla Juve ha tutto da perdere
Vincere non basta più, ora conta come: Sarri alla Juve ha tutto da perdere

Vincere non basta più, ora conta come: Sarri alla Juve ha tutto da perdere

  • Alberto Cerruti
    Alberto Cerruti
Oggi è un giorno importante, per la Juventus che ha presentato Sarri e per Sarri che si è presentato alla Juventus, con un’unica certezza. Da oggi bisogna guardare avanti, pensando ai prossimi obiettivi, perché il passato nel calcio non conta. O meglio, conta fino a un certo punto perché se Sarri è stato preferito ad Allegri la spiegazione è da cercare proprio nel loro recente passato. Allegri, dopo aver vinto cinque scudetti consecutivi, raggiungendo due finali di Champions League perse soltanto contro il Barcellona e il Real Madrid, non andava più bene non soltanto ai tifosi più esigenti ma anche alla dirigenza, da Agnelli a Nedved, via Paratici. Mentre Sarri, che al massimo è arrivato secondo in campionato, piace perché faceva giocare bene il Napoli. Attenzione: il bel gioco “oltre” e non “al posto” dei risultati, quindi. E’ questa è la “mission” affidata a Sarri, dal presidente all’ultimo dei fedelissimi bianconeri. Desiderio legittimo, per carità, che però mette Sarri di fronte a un’enorme e rischiosissima responsabilità, proprio perché non gli basterà vincere, ma sarà determinante “come”.

Al di là dei risvolti legati alle sue precedenti dichiarazioni da rivale della Juventus e della rabbia dei tifosi napoletani che si sentono traditi, il discorso quindi è molto semplice, come direbbe il suo predecessore Allegri. Se Sarri vincerà il primo scudetto della sua carriera, che sarebbe il nono consecutivo della Juventus, avrà fatto il minimo, perché con o senza Cristiano Ronaldo i campioni d’Italia ripartiranno da favoritissimi in campionato. Se non vincerà la Champions League, invece, avrà ripetuto il flop dello stesso CR7, sorvolando sull’importanza degli eventuali successi in Supercoppa italiana da contendere alla Lazio e in coppa Italia. La grande sfida che attende Sarri, quindi, è proprio legata al bel gioco perché non gli basterà vincere, dovrà anche ricevere il gradimento dei tifosi e della critica. Ecco perché a nulla servono gli inviti di Sacchi e degli altri suoi estimatori ad avere pazienza per vedere il bel gioco di Sarri, perché la Juventus non può concedere tempo a nessuno. Senza dimenticare il fatto che il Chelsea, malgrado il successo in Europa League, non ha mai dato spettacolo e anzi ha fatto molta fatica in Premier League, tanto è vero che Sarri ha rischiato di essere esonerato, prima di salvarsi alla distanza più con i risultati che con il gioco.

Come se non bastassero tutti questi rischi, Sarri dovrà evitare che si ripeta la storia del 1990, quando un altro allenatore scelto dalla Juventus perché piaceva il suo bel gioco durò soltanto una stagione. Parliamo di Gigi Maifredi il cui Bologna, secondo le definizioni dell’epoca, divertiva e quindi offriva “calcio-champagne”, perché prima di diventare allenatore anche Maifredi, come Sarri, faceva un altro lavoro come commerciante di champagne appunto. A Luca di Montezemolo, che prese la decisione, non bastò la doppietta di Dino Zoff che alla guida della Juventus aveva appena vinto la coppa Italia contro il grande Milan di Sacchi e la coppa Uefa nella prima finale tutta italiana contro la Fiorentina. Maifredi, però, non portò né i risultati di Zoff, né il bel gioco del suo Bologna. La Juventus con lui finì soltanto al settimo posto e per la prima volta dopo 28 anni non partecipò alle coppe europee. Così Maifredi tornò al Bologna mentre alla Juventus tornò Trapattoni, che aveva vinto sei scudetti in dieci anni. Perché è facile parlare di bel gioco, ma prima del bel gioco devono arrivare i risultati. Specialmente alla Juventus


 

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