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  • Violamania: senza Cittadella farei...

    Violamania: senza Cittadella farei...

    • Luca Cellini

    Firenze e i tifosi della Fiorentina non possono che essere riconoscenti alla famiglia Della Valle, nelle persone di Diego ed Andrea, per quello che hanno fatto - principalmente per la squadra di calcio, ma anche per la città - dal loro avvento nel 2002. La società viola ha raggiunto, in termini sportivi, vertici che nessuno aveva osato sperare, quando quell'estate di nove anni fa il club viola fallì. Le serate di Liverpool, o quella in casa con il Lione, passando per quella di Monaco (Ovrebo escluso), rimarranno scolpite per sempre nella memoria di chi vive ogni giorno di Fiorentina. Qualcosa però, nell'ultimo periodo, in quella bellissima storia d'amore fra la famiglia Della Valle e la città, si è interrotto: incomprensioni, scelte non condivise e soprattutto un distacco sempre maggiore della società dalle cose di casa Fiorentina. Non c'è mai stata contestazione dei tifosi verso la proprietà, che con azioni personali dai contorni ancora da definire non ha mandato segnali incoraggianti: dalle dimissioni di Diego e Andrea Della Valle dalle cariche di patron e presidente, passando per l'annuncio dell'autofinanziamento, fino alla rottura del rapporto con l'ex tecnico Cesare Prandelli.

    Le parole di Andrea Della Valle di sabato, dopo l'allenamento mattutino della squadra, sono risuonate chiare, un messaggio fortissimo alla città ma soprattutto alle istituzioni e alla cosidetta 'cricca', come l'ha chiamata il minore dei fratelli Tod's, che impedirebbe lo sviluppo del progetto Cittadella Viola. Premesso che è sempre brutto quando qualcuno, con la volontà di muovere critiche precise e specifiche, come ha fatto Andrea Della Valle 48 ore fa, non fa nomi e cognomi, ma parla di 'gioco al massacro da parte dei soliti noti', occorrerebbe oggi chiedere scusa innanzitutto al tecnico della Nazionale italiana, che il 27 marzo scorso disse: 'Non credo alla Cittadella Viola'. Con o senza il progetto pensato dai Della Valle nel settembre 2009, ci sono un sacco di cose che il club viola può fare per risollevarsi da una china negativa che ha intrapreso da fine marzo scorso, e che possono portare ad una rinascita innanzitutto in termini di risultati sportivi, e poi ad un rilancio della politica aziendale.

    1) Diego Della Valle torna a Firenze, incontra i vertici politici della città, dal sindaco Matteo Renzi al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, e chiarisce una volta per tutte, di persona - visto che lui è l'azionista di maggioranza del club -, i contorni che stanno impedendo il possibile sviluppo della Cittadella Viola. Una volta fatto questo, vista l'importanza straordinaria della sua persona, riprende la carica di patron, e ogni domenica che la squadra gioca in casa viene a vedere la partita della sua Fiorentina.

    2) Andrea Della Valle riassume a tutti gli effetti la carica di presidente dell'Acf Fiorentina.

    3) Pantaleo Corvino convoca una conferenza stampa in cui ammette i propri errori nelle ultime due campagne acquisti, promette di non parlare più delle quattro qualificazioni alla Champions League degli anni passati, e si impegna a fare un mercato di livello, con anche cessioni di 'seconda fascia' (da Comotto a Bolatti, da Papa Waigo a Cristiano Zanetti), per il prossimo gennaio.

    4) Andrea Della Valle e Pantaleo Corvino si chiudono in una stanza con Riccardo Montolivo e trovano gli argomenti giusti (non economici, ma di progetto calcistico) per far rinnovare il contratto al capitano della Fiorentina.

    5) Sinisa Mihajlovic la finisce con le sue dichiarazioni sensazionalistiche, dalla conquista della Champions League sicura ai 'calci nel sedere', dichiara che l'obiettivo stagionale è fare il prima possibile 40 punti, e inizia a fare scelte non in base al nome o cognome dei giocatore, ma al suo stato di forma.

    6) I tifosi della Fiorentina, da quelli della Curva Fiesole, passando per quelli della Maratona, fino a quelli della Ferrovia, si incontrano, decidono di farla finita con i loro dissidi interni, con gli scioperi o le proteste per la tessera del tifoso, e promettono, quantomeno per ogni partita interna, un tifo infernale dal primo all'ultimo minuto.

    7) Sandro Mencucci - o chi è delegato a decidere i prezzi per le partite interne - fa un taglio netto ai costi del singolo biglietto del 'Franchi', e soprattutto il club viola inizia a distribuire biglietti gratuiti in tutte le scuole calcio o gli istituti scolastici, per riempire in qualsiasi maniera lo stadio di Firenze.

    8) Stop con gli allenamenti a porte chiuse: tutte le sedute della squadra guidata da Mihajlovic sono aperte a tutti. Si organizza un'amichevole ogni giovedì con una squadra del circondario fiorentino, possibilmente al 'Franchi' - visto che ai campini ci sono i lavori per il mini centro sportivo -, ad ingresso libero.

    9) Si stabilisce la figura di un dirigente che partecipi fattivamente ad ogni riunione della Lega Calcio e, possibilmente, si inserisce nell'organigramma societario un direttore generale che faccia da 'trait d'union' fra la parte tecnica e quella societaria del club.

    10) Si garantisce la partecipazione di almeno 3-4 giocatori ad ogni festa dei Violaclub, e ad ogni fine allenamento tutti i tesserati della squadra, non dalle proprie macchine, ma ad esempio uscendo dai campini o dal 'Franchi', si fermano a firmare autografi o a scattare foto con i tifosi, cioè con i veri proprietari della Fiorentina.

    Chiunque voglia bene alla Fiorentina in questo momento sta soffrendo, anche quell'opinionista che in tv sembra avercela con la proprietà o con il tifoso, che quando si subisce un gol esclama subito: 'Io l'avevo detto'. Per recuperare il vero spirito della Fiorentina, la proprietà deve dare quei segnali che possono arrivare subito a chi ama la propria squadra di calcio. Perché per recuperare passione -cioè quello che manca oggi nella Fiorentina - non serve l'acquisto di un campione, ma piccoli gesti che riavvicinino la gente alla propria squadra di calcio. Per uscire tutti insieme da questo momento, provando a mettere alle spalle un momento in cui non esistono vincitori o perdenti.

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