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  • Violamania: quando attendi la gioia, ma poi ti ricordi di essere fiorentino...

    Violamania: quando attendi la gioia, ma poi ti ricordi di essere fiorentino...

    • Giacomo Brunetti
    Sia chiaro, il titolo non è una presa in giro. Anzi, è solo un dato di fatto. Anche perché il primo ad essere fiorentino è chi vi scrive. Se la nostra storia è avara di successi e colma di incompletezza, un motivo ci sarà.

    Ma procediamo per gradi. Mettiamo che, dopo un periodo di risultati pazzeschi, tra cui una vittoria insperata in trasferta e un amaro pareggio maturato da pochi giorni, arrivi a una sfida che appare decisiva, sia per valore che per decisività in chiave classifica. E che tu indossi la maglia viola, sia chiaro.

    Mettiamo anche che, nei primi sedici minuti della suddetta sfida, accada di tutto. Prima il tuo portiere esce male, liscia il pallone e poi para con le mani fuori dall’area di rigore, venendo espulso; poi che, sul rilancio da Holly e Benji del sostituto, arrivi un’altra espulsione, stavolta per un contatto in corsa nel quale i due giocatori implodono. Ah, non è finita, perché uno dei tuoi calciatori più in forma, quello che ormai ha conquistato i tifosi, fa esplodere lo stadio con una pennellata perfetta su punizione. 1-0, dici: “S’è iniziato bene”. In cuor tuo esulti, rimanendo comunque calmo: sai che tifi Fiorentina, i conti si fanno solo al fischio finale.

    Ecco, 2-0. Calcio di rigore, portiere spiazzato. La VAR è già stata utilizzata sedici volte e la partita inizia a diventare un film, più di quanto lo sia già stata. “Forse è la volta buona – pensi – sono tornati gli anni d’oro e dopo il filotto di vittorie adesso possiamo crederci davvero”, ragioni illusoriamente.

    Poi, dal niente, mentre stai fantasticando su chi potrebbe essere a segnare il terzo, ad una squadra che sta perdendo colpi e potrebbe accusare anche un calo fisiologico dopo gli impegni europei, il ragazzino dalle mèches di platino inserire biliardicamente la sfera nella tua porta con lo stesso, mero espediente con il quale avevi iniziato a sognare. 2-1. E qui capisci che anche oggi gioirai domani. Perché è così, è sempre così dalle nostre parti. Tranne in quel magico 4-2 alla Juventus, tu puoi correre e combattere, prendere tutti i vantaggi che vuoi: alla fine, però, vincono gli altri.

    Ma aspettate, siamo ancora in vantaggio. Ah, no. Il tempo di scrivere ed è 2-2. Un difensore avversario, alla seconda presenza dopo nove partite di campionato in naftalina, tocca il pallone di testa mentre il tuo portiere sviene. Intervallo. Le speranze dell’effetto contrario dell’autogufata sono svanite. Solo effetti collaterali.

    Riparte la partita e sei costretto ad alzarti in piedi. Tutti si alzano in piedi, tranne Felipe Luiz, che cade per terra sul dribbling del tuo centrocampista goleador, che per un attimo ti ricorda Joaquin – e tu subito cerchi Cuadrado sulla fascia, ma trovi solo Gil Dias – e spiana la strada per il nuovo vantaggio. Sgomento, urla, grida, la gente intorno a te quasi non ci crede. Slalom e tripletta. Tripletta! Immenso Jordan, immenso. Neanche Michael ne metteva così da tre. Ma tu, dentro di te, nutri sempre quel presentimento. Vabbè, poi la faccio breve che altrimenti fa anche male raccontarla. 3-4.

    Ti pareva. E comunque la strada è ancora lunga, impervia, ma per l’Europa ci siamo anche noi. E siamo di Firenze, la mattina ci alziamo e la vista non è niente male. Ha vinto la più forte, niente che il calcio non abbia mai mostrato. 
     

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