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  • Vivo x Lei, Borioni risponde a Calatino-a-interland: Caso Totti? Non c'è rispetto dei ruoli

    Vivo x Lei, Borioni risponde a Calatino-a-interland: Caso Totti? Non c'è rispetto dei ruoli

    Da VivoXLei: "Non strappate le bandiere"

    Non strappate le bandiere: Totti merita rispetto, in questo ha ragione lui. Per quanto io conosca di calcio, è stato il più grande calciatore della Roma, romano e romanista. 

    Ha i limiti dell'età, vero, ma non mi sembra che piantasse grane stando in panchina, neppure con Garcia. Allora perché quelle battutine ironiche, che Spalletti si è concesso con i giornalisti, sulle sue scarse capacità di corsa? Va bene tenersi buoni i giornalisti, e va bene sottrarsi alla pressione delle domande con delle battute, ma le bandiere vanno rispettate. Soprattutto quando un calciatore, che avrebbe potuto scegliere di vincere altrove, ha preferito legare il suo nome solo alla squadra del cuore, in cui ha avuto la fortuna di giocare. 

    Non è un attacco a Spalletti, il mio, ma solo l'esternazione di una piccola delusione per quella che penso sia una scivolata su una buccia di banana inesistente: bastava così poco per chiarirsi con l'interessato che, lo ricordo, non è un ragazzino pescato dalla primavera a cui concedere la platea dell'Olimpico.

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    Luca Borioni risponde:

    Premessa generica: sappiamo di vivere in un paese atipico, dal quale i "cervelli" fuggono per trovare riconoscimenti all'estero e magari subiscono dure reprimende da chi rappresenta lo stesso sistema che quella fuga l'ha provocata. Un paese che di solito invidia sommessamente chi ha successo e gode apertamente delle sfortune di chi eventualmente precipita dalle stelle alle stalle. Un paese che ce l'ha con chi sta in cattedra. Che non distingue il merito dalla raccomandazione. E che non si adegua alle regole, anche perché si dà regole poco chiare. Un paese, per farla breve, che non sa riconoscere i giusti meriti ai personaggi d'eccellenza, che non sa preservare i talenti, e nemmeno conservare i maestri.

    Premessa nello specifico: l'anomalia italiana si rispecchia anche nel calcio. Ci sono campioni che hanno legato la loro carriera a squadre che, al momento di tirare le somme, li hanno lasciati fuori casa senza chiavi. Maldini non è dove dovrebbe essere, cioè al Milan. Così come Bergomi non è all'Inter, Del Piero non è alla Juventus. 

    In realtà, pare che quello degli interessi che oltrepassano la riconoscenza sia un problema non solo nostrano. In Inghilterra il Liverpool non rinnovò il contratto alla bandiera Steven Gerrard, mentre il Chelsea non lo rinnoverà a John Terry.     

    Ma lì ci si adegua in fretta alle decisioni, anche se dure da digerire, e per quanto ci riguarda il problema è più esteso e riguarda pure l'assenza di personaggi carismatici ai vertici della federazione, per esempio Baggio e Rivera (e pure Sacchi) prima coinvolti e poi abbandonati: troppo difficile far combaciare l'estro con le istituzioni? 

    Il problema riguarda anche chi viene definito "bollito" e poi rinasce altrove, come Claudio Ranieri condottiero del sorprendente Leicester primatista della Premier inglese. Chi ha sbagliato valutazione?

    Il senso della misura non ci appartiene. E certo - per venire al blog di calatino-a-interland che ne rappresenta molti altri - non distingue chi a Roma oggi demolisce Spalletti per aver a sua volta demolito Totti (il quale aveva appena fatto altrettanto con proprio l'allenatore), anche se poi la squadra in campionato demolisce le critiche e il Palermo in un sol colpo. Ovvio che si tratti di un gioco al massacro.

    Qualcuno si divertirà pure, ma non è serio. Non si dovrebbe arrivare a queste situazioni paradossali. Non si capisce perché Totti si sia preso la licenza di attaccare tecnico e società attraverso un'intervista e non si capisce perché Spalletti e la dirigenza non abbiano saputo far altro che sbattere fuori rosa il capitano della Roma, il giocatore simbolo, come un ragazzino qualsiasi. Un'altra assurdità nostrana: non c'è rispetto dei ruoli, delle persone, di nulla, in un senso o nell'altro. Prima o poi dovremmo fermarci a pensare.


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