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  • Vivo x lei, Jacobelli: azzurri, imparate dai sudamericani che cosa vuol dire essere attaccati alla Nazionale

    Vivo x lei, Jacobelli: azzurri, imparate dai sudamericani che cosa vuol dire essere attaccati alla Nazionale

    Chi ha visto i primi due ottavi del Mondiale può averlo capito ancora una volta di più. In Sudamerica la nazionale, la patria, il calcio è vissuto in un modo tutto diverso. L'attaccamento di questa gente alle proprie radici è impressionante. Non mollano un secondo, danno sempre il massimo fino alla fine. Anche se stanno perdendo.

    L'esempio lampante è la nazionale Uruguaiana con la sua "garra charrua" (più o meno la "forza uruguaiana") che le ha permesso, nostro malgrado, di riuscire a batterci. Perchè possono essere anche non eccellenti tecnicamente (a parte quei due mostri in attacco) ma non cedono mai. E lo si è visto anche contro la Colombia. Sotto 2-0 ma sempre con lo spirito agguerrito di chi vuole dare tutto per la propria nazionale. Non per niente gli uruguagi sono riusciti a vincere un mondiale in Brasile da soli 11 contro il Maracanà. 

    Del Brasile non parlo perchè tutti sanno che il calcio in Brasile è come una religione, basti vedere le lacrime di Julio Cesar e Neymar e la festa delirante del pubblico.
    Prendo esempio invece dal Cile, nazionale che è riuscita a sorprendere in questo mondiale brasiliano. Lo stesso Cile ha fatto sua la "garra" degli uruguagi, ha lottato fino alla fine, è stata anche sfortunata, ed è uscita a testa altissima. E' stata una nazionale che ha giocato veramente da Squadra. Tutti insieme per uno stesso obiettivo. E quando dico tutti intendo una nazione intera nel vero senso della parola. Basti vedere il video girato dai minatori che sono sopravvissuti 69 giorni in fondo alle miniere di San José. Spettacolare. Da brividi. 
    Come da brividi è stata l'esecuzione dell'inno ogni qualvolta ha giocato la Roja. 

    Ed è proprio dall'inno che si capisce come i giocatori vivano la nazionale. Non ci giocano solamente. Guardate Vidal, guardate Thiago Silva, guardate Godin, guardate Yepes, guardate l'Argentina. Ci credono tutti insieme. Sono una cosa sola.

    La nostra Nazionale invece manca di questo spirito. O perlomeno, io non l'ho visto. Chi è subentrato dalla panchina non ha messo quella cattiveria necessaria di chi vuole dare tutto. Anzi, alle accuse è stato risposto che la colpa non era propria. Perchè in 20 minuti non si può fare molto. Un uruguagio o un argentino in 20 minuti avrebbe dato tutto quello che aveva in corpo. 

    Ed è questo che deve essere tenuto in conto nella formazione del nuovo ciclo Azzurro: l'attaccamento alla maglia. Non esiste che si vada a giocare un mondiale con un giocatore (Paletta) che ha giocato solo due partite in Nazionale e che si sente di un altra nazionalità, perchè così è. Noi non vogliamo i Diego Costa.

    Perchè in questo mondiale ho sentito tante volte parlare di singoli da parte dei singoli ( Balotelli, Buffon, De Rossi, Cerci, Insigne), ma mai parlare di collettivo. Di squadra. Di identità.

    Ognuno pensa per sè. Se l'altro sbaglia è colpa sua. Non si cerca di aiutarlo. Gli si inveisce contro. E quello che ha sbagliato, d'altro canto non si preoccupa dell'errore. Non si impegna, non corre a mille per rimediare. Balotelli, se ci tiene veramente a questa maglia deve capire che in una fase finale di un campionato del mondo non può passeggiare.
    Nessuno se lo può permettere. Ma evidentemente non interessa più di tanto a nessun componente della nazionale. Ognuno cerca gloria personale e se non la trovano, che problema c'è? Si esce fuori dal mondiale e si va subito in vacanza da qualche parte. Tranquilli, rilassati.

    La Garra. Quella sì che è un'altra cosa.

    Andrea F#5, da Vivo x lei
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    Caro Andrea,
    le sue parole sono sacrosante. Se gli azzuri avessero giocato in Brasile con la metà della metà dell'impegno, della grinta, della determinazione, dello spirito di sacrificio che le Nazionali sudamericane hanno messo in mostra, non sarebbero stati buttati fuori con ignominia. Perchè l'importante non  arrivare primi in fondo alla corsa: l'importante è il modo in cui si è corso. E i nostri non hanno manco camminato.
    Il nuovo ct, chiunque esso sia, per prima cosa dovrà ficcare bene in testa ai suoi giocatori che la maglia azzurra si guadagna, si conquista e si difende. Dei giocatori viziati, strapagati e stracotti ne abbiamo le tasche piene.

    x.j.


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