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  • Zamparini-Lo Monaco:| Palermo, un finale già scritto

    Zamparini-Lo Monaco:| Palermo, un finale già scritto

    • D.V.

    Tanto rumore per nulla. La rivoluzione dei 100 giorni (sarebbero 131 in realtà) ha prodotto solo un grande caos e confermato un paio di considerazioni che non avevano bisogno di alcuna dimostrazione e dovevano essere chiare sin dall'inizio. Quando il 27 settembre Zamparini e Lo Monaco, fianco a fianco nel ventre del 'Barbera', facevano proclami d'intesa e disegnavano strategie di lungo termine, pochi davano credito a quelle parole. Probabilmente neppure i diretti interessati. Impensabile immaginare uno Zamparini col silenziatore, lontano dalla grancassa del pallone che è uno dei motivi principali che lo tengono avvinghiato da un quarto secolo alle società di calcio, ieri il Venezia, oggi il Palermo. E soprattutto senza la possibilità di dire la sua e di decidere sulle sorti della sua squadra, lui che se potesse si sostituirebbe anche all'allenatore (e così finirebbe di licenziarli). 

    Allo stesso modo era assai improbabile, per non dire impossibile, che un dirigente come Lo Monaco, abituato a comandare e a decidere quasi quanto Zamparini, potesse accettare un ruolo da subalterno. A Genova aveva resistito quanto il diavolo in paradiso, a Palermo è andato avanti per 4 mesi e mezzo. Dopo quasi un decennio di dominio assoluto come fu quello di Catania, l'idea di un Lo Monaco dipendente era una contraddizione in termini. Non a caso infatti, avendo subodorato l’epilogo della vicenda rosanero, pochi giorni prima della tempesta aveva preconizzato che questa palermitana sarebbe stata l'ultima avventura in una società (di altri: questo non l'ha detto ma era implicito). Non servivano 131 giorni per rendersene conto: l'uno e l'altro avrebbero dovuto sapere da subito che quest'abbinamento era impossibile. Era come pretendere di affidare una macelleria a un vegetariano.

    (La Gazzetta dello Sport - Edizione Sicilia)

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