Borja Mayoral si apre: "Il diabete non ha spento i miei sogni. Roma? Con Mourinho nessuna possibilità"
La Roma tra Paulo Fonseca e José Mourinho, il diabete e il rimpianto Euro 2024: Borja Mayoral si racconta a tutto tondo.
L'attaccante spagnolo del Getafe, ex dei giallorossi e del Real Madrid, si è aperto in una lunga intervista a Cronache di Spogliatoio. Calcio giocato e vita privata, raccontando anche i dettagli della malattia condivisa con Nacho Fernandez (suo ex compagno di squadra nei blancos), o l'infortunio che gli ha impedito di giocarsi le sue carte per andare agli ultimi Europei vinti dalla Spagna.
L'INFORTUNIO DI MARZO E LA MANCATA PARTECIPAZIONE A EURO 2024 - "Forse sarà il rimpianto più grande della mia carriera. Fino a marzo stavo avendo la miglior stagione della mia vita poi mi sono infortunato al menisco.
E' stata una botta tremenda: sentivo di essere vicino alla Nazionale e poi conoscevo bene sia il ct che i compagni. Un vero peccato: non avevo mai avuto un problema del genere dal mio esordio fra i professionisti. Ora sono contento di essere tornato a giocare e a segnare. La prima parte di questa stagione è stata complicata: dovevo recuperare dall’infortunio al menisco e poi ho avuto un altro problema fisico. Ma la squadra non ha mai smesso di starmi vicino, anzi. Devo ringraziarli.
All’inizio dicevano un paio di mesi di stop. Poi ne sono diventati 3 o 4. E' diventato un incubo. A livello emotivo è stato un duro colpo, ma in un modo o nell'altro dovevo farmi forza. Appena mi sono infortunato, De La Fuente mi ha chiamato: 'Coraggio, Borja!'. Mi è sempre stato vicino per tutti quei mesi: fra di noi c'è un rapporto speciale. Mi ha sempre dato la fiducia di cui un calciatore ha bisogno. Abbiamo vinto insieme l'Europeo U21, sono contento del percorso che sta facendo. E ovviamente sono felice che con la Spagna abbia vinto Euro 2024... Solo che mi sarebbe piaciuto essere lì".
IL DIABETE - "Con Nacho ne parlavamo, ci confrontavamo spesso: 'Ma tu cosa fai? Quando mangi questo, come stai?'. Per noi era tutto normale. La mia vittoria più grande è non aver permesso alla malattia di spegnere i miei sogni.
Credo che il diabete abbia cambiato più la vita ai miei genitori che a me. Io ero piccolo, non mi rendevo conto di nulla. Loro si sono dovuti abituare a controllarmi, a medicarmi, a regolare lo zucchero. Immagino sia stato brutto all’inizio, ma penso che abbiano fatto tutto nel migliore dei modi. Anche nei primi anni in cui giocavo a calcio io andavo periodicamente in ospedale, ma erano i miei genitori o lo staff del Real Madrid a fare tutto.
Con il tempo ho imparato a farmi da solo le punture, a controllare i miei dati glicemici e l'alimentazione. E' una malattia che ti insegna a rispettarti sotto tutti i punti di vista. E oggi so di essere un punto di riferimento per molti: famiglie e bambini mi scrivono spesso. In futuro vorrei creare un'associazione per tutte quelle persone che faticano a reperire informazioni corrette o a curarsi. Ho già aiutato molta gente in Spagna e in Italia, è una cosa che faccio con piacere".
LA ROMA, DA FONSECA A MOURINHO - "Venivo da due anni al Levante dove avevo fatto molto bene. Il Real Madrid voleva che rimanessi, ma quando il mercato stava per chiudere il mio agente mi fa: 'Hai un'offerta dalla Roma. Però, vedi tu... E' una piazza difficile'. Non ho avuto dubbi: 'Mi piacciono le sfide. Sono stato al Real, voglio giocarmela anche lì'. Mi sentivo pronto e poi desideravo con tutto me stesso una chance per scendere in campo con continuità.
Fonseca? Dalla prima chiamata mi ha convinto. Lui stava facendo bene, aveva bisogno di un attaccante con caratteristiche un po' diverse da quelle di Dzeko. E' stata un'esperienza unica, indimenticabile. In quella Roma c'erano tanti spagnoli: Pedro, Perez, Villar. Ci ritrovavamo spesso insieme per guardare le partite, mangiare o conoscere la città. E poi c'era gente come Dzeko, Mkhitaryan, El Shaarawy, Pellegrini: tutti ragazzi splendidi. Anche con Edin avevo un bel rapporto, parlavamo molto. Nella mia prima stagione ho fatto molto bene: giocavo pochi minuti, ma riuscivo sempre a segnare. E' stato un peccato non aver vinto nulla, nonostante la semifinale di Europa League con il Man United. Poi tra infortuni e l'addio di Fonseca la mia esperienza è cambiata totalmente.
La Roma voleva che rimanessi, anche perché dopo i 17 goal del primo anno volevano usare la recompra. Ma Mourinho ha preferito prendere altri rinforzi, scegliere i giocatori per la sua rosa: non ho avuto la possibilità di dimostrargli niente. Credo di aver giocato tre partite. Io e Villar, anche lui in prestito, siamo andati al Getafe: avevo troppa voglia di giocare e dimostrare quello che potevo fare".
IL GETAFE - "Uno può pensare: 'Ma come? Dalla Roma decidi di andare al Getafe?'. Certo, Real Madrid, Roma, così come Milan o Inter sono dei top club, ma la verità è che se non giochi, non sei felice. E poi il Getafe ha dimostrato grande interesse per me. Io cercavo un contratto lungo per ambientarmi, anche dopo i tanti prestiti. Ormai sono passati tre anni: mi sto trovando benissimo. Ora voglio tornare al mio livello, a ciò che ho dimostrato di poter fare nella passata stagione".