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Simone Eterno20 giu 2025, 13:00
Ultimi aggiornamenti: 20 giu 2025, 13:00

Gattuso, Nazionale e un ritorno alle origini: non so se basterà, ma l'Italia non aveva altre scelte

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Famiglia. Gruppo. Identità. Voglia di stare assieme, anche quando le cose per il singolo non funzioneranno. Ripartiamo sostanzialmente da questi concetti. Basilari, nel calcio ma soprattutto nella testa di Gennaro Ivan Gattuso, detto Rino, nuovo commissario tecnico di una Nazionale italiana ferita e anche un po' spaesata. Hanno raccontato soprattutto questo i più di 50 minuti di conferenza stampa con cui si è presentato agli occhi dell'Italia il nuovo ct. Al suo fianco il presidente federale Gravina. Alla sua destra, posizione probabilmente non casuale, Gigi Buffon. Perché se dei concetti di Gattuso nessuno può dirsi sorpreso, in uno dei pochi interventi dell'ex n°1 dei pali della Nazionale si è capito davvero il perché della scelta. "Non credo che esistano a questo livello allenatori tanto più bravi e tanto più scarsi - spiegava Buffon -. Credo che esitano allenatori adatti e funzionali rispetto a certi momenti che vivono le squadre. E questo era il momento giusto affinché Rino potesse diventare il ct della Nazionale". 

L'Italia infatti è da ricostruire. Nello spirito, ancor prima che nella tattica. E non è un caso che persa la possibilità di arrivare all'aggiustatore Claudio Ranieri, l'unica reale soluzione fosse a questo punto un ritorno alle origini. Back to basics, direbbero gli anglosassoni nel loro caustico modo di centrare sempre la questione. Nel nostro caso, alla semplice gioia di indossare la maglia Azzurra. Una gioia per alcuni affievolita e per altri, probabilmente, mai del tutto percepita. Perché gli attuali giocatori sono forse specchio di una generazione che a differenza della nostra non vede nel calcio tutto ciò che noi figli degli anni '80 abbiamo visto. Complici medium e tecnologie, che hanno permesso alle nicchie di riunirsi e diventare comunità interconnesse e in grado di sopravvivere; ma che al tempo stesso hanno scardinato quel sistema dittatoriale probabilmente unico al mondo: quello di un Paese - l’Italia - che il calcio te lo imponeva, dai giornali alle radio, dalle televisioni alla scuola. E dove la Nazionale, di fatto, diventava poi la massima espressione; quel famoso "sogno che comincia da bambino" delle Notti Magiche di Bennato e Nannini. 

Oggi il monopolio del pallone non c’è più e in assenza di una continuità nella produzione di talenti - e di un sistema che non bruci anche quei pochi che vengano fuori - la Nazionale italiana, reduce da 11 anni senza una partita giocata ai Mondiali e da 19 senza un match a eliminazione diretta dentro questa competizione, prova a ripartire proprio da chi questo concetto di "sogno" l'ha incarnato alla perfezione. Gennaro Ivan Gattuso, partito ‘dal niente’ e arrivato a ‘tutto’, cercherà di trasmettere soprattutto quello. E non è la classica retorica del cuore e lotta - concetti per altro negati dallo stesso Gattuso nella sua attuale idea di calcio - quanto il tentativo di tornare a ricostruire un amalgama che effettivamente con il ct Spalletti si era ultimamente un po' persa. Quel concetto di 'gruppo' che negli ultimi anni abbiamo avuto solo a fasi alterne. Evidente nella magia creata da Roberto Mancini e i suoi Samp-boys nell'europeo del 2021 - Evani, Lombardo, Vialli - e che perfettamente aveva funzionato; così come nel gruppo di Antonio Conte a Euro 2016, quando si sopperì con cuore e dedizione ai principi tattici del ct a un'evidente mancanza di talento dal centrocampo in su, andando a tanto così dall'eliminare i campioni del mondo in carica della Germania, a noi tecnicamente tre volte superiori.

Ecco, ciò che abbiamo capito dalla prima di Gattuso è che l'idea sarà soprattutto questa: provare a riportare gioia - e al tempo stesso orgoglio e onore - non solo nel vestire la maglia della Nazionale, ma nell'approccio come gruppo ai problemi attuali. Una Nazionale che vorrà farsi 'famiglia', arrivando con lo spirito, con l'ingegno, con i sacrifici e con il cuore laddove non arriveranno le qualità tecniche, purtroppo per noi non più quelle di un tempo. Un concetto che Gattuso - che da questo punto di vista anche a Buffon e al resto dello staff ha chiesto aiuto - proverà a far passare nel suo ciclo. Consapevole che da solo non basterà per portare l'Italia ai Mondiali, ma che sarà conditio sine qua non per far parte della ‘sua’ Italia. Un gruppo che dovrà tornare a essere tale, che dovrà provare gioia nello stare assieme. Uno dei concetti più difficile da mettere insieme oggi dentro uno spogliatoio e in questa società sempre più frammentata, individualista, schiava dei suoi alter ego digitali. Chiedete a qualsiasi allenatore in qualsiasi categoria e ve ne darà conferma. Ecco perché, da questo punto di vista, le parole di Buffon, sembrano proprio calzare a pennello: "Questo era il momento giusto affinché Rino diventasse il ct della Nazionale”. Dimentichiamoci dunque le obiezioni - per altro valide - sulla carriera del Gattuso allenatore. Il ritorno alle origini, per altro in assenza di qualsiasi altra soluzione, era l’unico passo possibile. Non sappiamo se basterà. Ma è già qualcosa. Anche perché quali altre valide alternative avevamo a questo punto? 

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