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CALCIOMERCATO05 mag 2025, 15:13
Ultimi aggiornamenti: 26 giu 2025, 19:22

Gli anni d’oro del Pisa Sporting Club: quando Romeo Anconetani portò i nerazzurri nell’élite del calcio italiano

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Il Pisa, una delle provinciali storiche del calcio italiano, ha ritrovato la Serie A dopo una lunga assenza di 34 anni dal massimo campionato, con una promozione che ha generato grande entusiasmo nella piazza. C’è stata un’epoca calcistica, però, in cui i toscani hanno scritto pagine indelebili del calcio italiano e facevano parte della sua élite. Quest’epoca coincide con gli anni dal 1978 al 1994, quella che comunemente viene ricordata come “l’era Anconetani”, dal nome del Presidentissimo che guidò il club per 16 lunghi anni.Romeo Anconetani, che ha legato a doppio filo la sua storia sportiva al  Pisa S.C., è stato uno dei personaggi più iconici dell'epoca d'oro del calcio italiano, grande innamorato del calcio e suo profondo conoscitore e innovatore, ma anche una figura controversa, con il suo carattere vulcanico e i modi talvolta burberi e impetuosi con cui si rapportava con allenatori, giocatori e giornalisti. Fatta eccezione per una finale Scudetto persa nel 1920-21 contro la Pro Vercelli, quando ancora non era stato introdotto il girone unico, è durante la sua presidenza che la società toscana ha vissuto i migliori anni della sua storia, con una promozione dalla C1 alla B, 4 promozioni in Serie A, 6 stagioni complessive vissute nel massimo campionato, l'ultima nel 1990/91, e la vittoria in campo internazionale di 2 Mitropa Cup. L’ASCESA DI ANCONETANI E L’ACQUISTO DEL PISA S.C. NEL 1978 - Nato a Trieste il 27 ottobre 1922, Anconetani si avvicina al calcio già nel Dopoguerra. È il 1947 quando diventa segretario della società Le Signe di Signa, Comune in provincia di Firenze. La squadra milita in IV Serie. Il suo percorso prosegue nell'Empoli, dove è voluto dal presidente Rigatti e ricopre la carica di dirigente dal 1950 al 1953. E in queste vesti che Anconetani introduce per primo in Italia la prevendita dei biglietti, iniziativa che riscuoterà grande successo. Per la sua abilità è quindi voluto da Frati, presidente del Prato, che milita in Serie C. Resta nella società biancazzurra fino al termine degli anni Cinquanta, introducendo anche i treni speciali per i tifosi. Ma un controverso episodio rischia di compromettere la sua ascesa: Nel 1955, poco più che ventenne, è accusato di aver tentato di combinare il risultato in una partita Poggibonsi-Pontassieve. La Giustizia sportiva lo giudica colpevole e gli infligge la radiazione a vita. "Fu messo in mezzo - dirà il figlio Alfonso molti anni dopo in un'intervista a 'gianlucadimarzio.com' - ma papà non era uno che si arrendeva facilmente. In guerra fu silurato tre volte sullo Stretto di Messina...". Infatti, formalmente impossibilitato a ricoprire incarichi ufficiali per società calcistiche, si inventa una nuova figura: quella del consulente esterno, ovvero un mediatore negli affari di calciomercato, un punto di contatto fra club e calciatori. In queste vesti riprende a lavorare per il Prato, dove denuncia, stavolta come parte lesa, un tentativo di corruzione da parte dei pisani in un Prato-Pisa 1-0 della stagione 1959/60. La giustizia sportiva gli darà ragione e infliggerà al Pisa una penalizzazione di 10 punti in classifica. Ma l’abilità di Anconetani lo porta presto a lavorare per club importanti di Serie A e Serie B, fra cui Torino, Napoli, Salernitana, Fiorentina, Palermo, Pisa, Avellino e Taranto, che decidono di avvalersi dei suoi servigi. Nasce in questo modo la leggenda del “Signor 5%”: precursore dei moderni procuratori, consiglia i giocatori alle società e prende per sé il 5% delle commissioni di trasferimento. Negli anni Sessanta apre un ufficio personale a Livorno e crea il celebre “Archivio Anconetani”, un arcaico database cartaceo, in tempi in cui Internet è ancora molto lontano, nel quale confluiscono nel corso degli anni i dati di decine di migliaia di calciatori. Li ottiene grazie ad una rete tentacolare di amicizie sparse un po’ ovunque calcolando le medie-voto dei quotidiani di tutto il Mondo. In virtù della grande competenza che acquisisce è incaricato di supervisionare e mediare diversi trasferimenti importanti. Fra questi il passaggio di Claudio Sala dal Napoli al Torino per 600 milioni nel 1969. Personaggio poliedrico, Anconetani diventa anche giornalista pubblicista e scrive di calcio sul “Giornale del Mattino” di  Firenze con lo pseudonimo di Franco Ferrari. La svolta arriva nel 1973, quando il trasferimento a Pisa lo porta ad innamorarsi della società nerazzurra. Così nel 1978 ne rileva la proprietà per 300 milioni di Lire. Per farlo ricorre ad un’espediente che denota la sua genialità: ad acquisire il club è formalmente suo figlio Adolfo, visto che lui è stato radiato, ma Romeo rientra comunque nei quadri societari come 'consigliere per gli acquisti' grazie ad un singolare accordo con la Camera di Commercio cittadina. Ricorderà Adolfo: “Era il 1978. La società era in vendita. Mio padre aveva delle case a Pisa e aveva già spostato lì la sua attività. Il presidente Rota gli chiese se voleva prendere il timone. Tutto iniziò così”. Da quel momento in poi per 16 anni di fila Romeo Anconetani e il Pisa diventeranno la stessa cosa e sotto la guida del suo vulcanico patron il club nerazzurro sarà protagonista di una scalata che lo porterà a diventare negli anni Ottanta e fino ai primi anni Novanta una delle provinciali più importanti del calcio italiano. LA SERIE A E IL MIGLIOR PIAZZAMENTO DI SEMPRE - Nel 1978/79 il Pisa di Anconetani conquista subito la promozione dal Girone B della Serie C1 alla Serie B. La squadra cambia due volte allenatore (la panchina passa da Vitali a Seghedoni e poi a Meciani), quasi a inaugurare quello che sarà uno dei marchi di fabbrica del suo vulcanico patron, ma alla fine centra l’importante obiettivo, classificandosi al 2° posto. Ciliegina sulla torta la vittoria nel derby con il Livorno.

La conquista della Serie B è soltanto l’inizio di una scalata che vedrà la squadra nerazzurra nella stagione 1981/82, sotto la guida di Aldo Agroppi, in virtù del 3° posto finale, ottenere la prima delle quattro promozioni in Serie A dell’era Anconetani, la 2ª nella storia del club, 13 anni dopo l'ultima stagione disputata nel massimo campionato. In squadra giocano il portiere Alessandro Mannini, la mezzala napoletana Pasquale Casale, capocannoniere della squadra con 15 gol stagionali, ma anche l’ala Alessandro Bertoni (10 gol stagionali) e i centrocampisti Enrico Todesco e Roberto Bergamaschi. Prima di veder giocare il Pisa in Serie A, Anconetani ha in estate un’altra bella notizia: per effetto dell'amnistia che segue alla vittoria dei Mondiali di Spagna da parte dell'Italia, può diventare il presidente, anzi, 'Il Presidentissimo', come veniva chiamato, del suo Pisa. Fra intuizioni geniali e mosse impulsive e discutibili con allenatori, giocatori e giornalisti, il padre padrone del Pisa lo conduce negli anni migliori della sua storia. La squadra, nella prima stagione in Serie A, il 1982/83, affidata al brasiliano Luís Vinicio, si salva e ottiene un 11° posto che rappresenta il miglior piazzamento di sempre. In estate il patron fa disputare varie amichevoli internazionali per preparare la squadra alla massima categoria, fra cui una vinta 2-1 con l’Arabia Saudita e una pareggiata 1-1 con i danesi del Lyngby. Proprio in questa occasione decide di piazzare l’affondo decisivo per acquistare il danese Klaus Berggreen per 270 milioni di Lire, da poco arrivato nel giro della sua Nazionale. Berggreen sarà il primo straniero del Pisa S.C. dopo la riapertura delle frontiere e il più amato in assoluto dell’era Anconetani: quella del patron sarà un’intuizione vincente, visto il rendimento che avrà in nerazzurro l’ala destra, subito capocannoniere della squadra toscana nel 1982/83 con 8 goal. Di diverso tenore l’altro acquisto estero del Presidentissimo, il centrocampista uruguayano Jorge Caraballo, che con appena 12 presenze (7 in campionato, 5 in Coppa Italia) passerà nella storia del Pisa come “bidone”  e  “meteora”.  Anche ad Anconetani non tutte le ciambelle possono riuscire col buco, soprattutto quando a condurre la trattativa in Sudamerica è il figlio Adolfo, che lo definì “il Caravaggio del pallone”. diventare il presidente, anzi, 'Il Presidentissimo', come veniva chiamato, del suo Pisa. Le uniche tracce che lascia di sé sono il pianto dopo la sostituzione all’esordio assoluto in Coppa Italia con la Cavese e un rigore fallito, nella stessa competizione, negli ottavi di finale con il Bologna. Nonostante il rendimento deludente dell’uruguayano, poi rispedito in patria a fine anno, la prima stagione del Pisa S.C. in Serie A sotto Anconetani (la seconda della storia societaria) sarà esaltante: la squadra si ritrova al 1° posto dopo 4 giornate con Roma e Sampdoria e alla fine di una lunga e incerta volata salvezza la ottiene all’ultima giornata, con un pareggio con la Fiorentina che li vale l’11° posto in classifica assieme ad Ascoli e Genoa con 27 punti. Il piazzamento è il migliore mai ottenuto dalla squadra nella sua storia.

GLI ANNI D’ORO DEL PISA S.C. - Sull’onda dell’entusiasmo, la stagione 1983/84 inizia con una serie di amichevoli internazionali. Il Pisa pareggia con i greci dell’Olympiakos (0-0) e gli slavi del Rijeka (0-0), e batte gli svedesi del Kalmar (2-0) e del Malmoe (1-0), centrando belle vittorie e ottime prestazioni. Ma a far sognare i tifosi nerazzurri è soprattutto il calciomercato. Anconetani, infatti, si assicura la Scarpa d’oro olandese 1981/82 Wiem Kieft, prelevato dall’Ajax per 760 milioni di vecchie Lire. Nel “campionato più bello e difficile del Mondo” poteva succedere anche questo. All’ombra della torre arrivano anche i centrocampisti Patrizio Sala, Antonio Criscimanni e Roberto Scarnecchia. Con Kieft e Berggreen il Pisa affidato a Bruno Pace sogna in grande. Ma dopo un girone di Coppa Italia disastroso, anche l’inizio del campionato è tutto in salita. In seguito alla sconfitta di Catania del 9 ottobre 1983, che lascia i nerazzurri in fondo alla classifica con 2 punti, il vulcanico Anconetani silura l’emergente tecnico, e in panchina viene richiamato il brasiliano Vinicio.
“Mi hanno comunicato l’esonero – dirà Pace – tirandomi giù dal letto alle 8 del mattino e meno male che avevo il pigiamino migliore, ma questo fatto del risveglio all’alba è stata la cosa più incresciosa di tutta la vicenda”. In tutto il girone di andata il Pisa ottiene 10 pareggi (fra cui quelli pesanti con Juventus, Milan, Inter e Fiorentina) e una sola vittoria (in trasferta a Roma con la Lazio all’ultima giornata), risultati che la posizionano comunque all’11° posto insieme al Napoli al giro di boa del campionato. All’inizio del 1984 la squadra toscana perde con Juventus e Verona, pareggia con il Genoa e vince in casa con il Catania, sconfitto 2-0 con le reti dei suoi due stranieri. Ma Anconetani litiga furiosamente con Vinicio, che dà le dimissioni alla vigilia del derby con la Fiorentina. In panchina torna allora Pace. Nel prosieguo della stagione la squadra alterna pareggi e sconfitte. L’unica ulteriore vittoria oltre a quella col Catania arriva all’Arena Garibaldi il 29 aprile contro l’Avellino, sconfitto 1-0 (Berggreen). Ma il declino è evidente e porta la squadra nerazzurra al penultimo posto in classifica e all’inevitabile retrocessione in Serie B, che matura alla penultima giornata.
È la prima di quattro stagioni caratterizzate da continui saliscendi fra le due categorie. Nell’estate 1984 Anconetani è deciso tuttavia a riportare immediatamente la squadra in Serie A. Tiene così i due stranieri e prende in prestito dalla Roma il promettente attaccante Paolo Baldieri.Sotto la sapiente guida di Gigi Simoni ne nasce una squadra di vertice per il torneo cadetto, che domina il girone di andata e alla fine con i “tre moschettieri” vince il campionato di Serie B con il miglior attacco (30 goal in tre). Il Pisa torna subito in Serie A e si mette in evidenza anche in Coppa Italia, raggiungendo gli ottavi di finale. Nel 1985/86 i toscani, guidati da Vincenzo Guerini, si presentano ai nastri di partenza del massimo campionato con ottime prospettive. Grazie all’archivio in suo possesso, che arriva a contenere 40 mila nomi di calciatori di tutto il Mondo, Anconetani conduce un calciomercato estivo di alto profilo pur a bassi costi. La squadra è quasi la stessa dell'anno precedente, ma con aggiunte importanti. Sono confermati i portieri Mannini e Grudina, Ipsaro, Mariani, Volpecina, Armenise, Giovannelli, Chiti, e Caneo, oltre al tridente Kieft-Baldieri-Berggreen, che molti gli invidiano. Il Presidentissimo prende poi Antonio Cavallo, terzino dal Campania (C1), il fantasista Ciro Muro dal Monopoli (sempre in C1), lo stopper Stefano Colantuono dall'Arezzo in B e il libero Domenico Progna dal Campobasso (sempre dalla B). Nonostante il bel gioco e un organico di buon livello per le ambizioni del Pisa, la squadra faticherà durante la stagione a trovare continuità di risultati. Saranno in tal senso illusori i successi riportati a inizio gennaio 1986 contro l’Inter, sconfitta 1-0 all’Arena Garibaldi con un gol-asso di Baldieri, e la settimana seguente sul Napoli di Maradona, superato 0-1 al San Paolo con gol di Berggreen. Questa partita vedrà grande protagonista il portiere Mannini, soprannominato “Dea Kalì” per i suoi prodigiosi interventi. Un po’ di sfortuna e l’incapacità di Guerini nel gestire bene lo spogliatoio, fanno sì che la squadra che aveva brillato nel girone di andata, e iniziato col piede giusto quello di ritorno, crolli in modo verticale nelle ultime 13 giornate. Il drammatico derby con la Fiorentina perso 1-2 in casa all’ultima giornata (con i viola che rimontano lo svantaggio iniziale con una doppietta di Passerella) segna in extremis la condanna alla Serie B dei toscani dopo una sola stagione. A rendere meno amara la stagione c’è la prima affermazione europea, con il Pisa che si aggiudica la Mitropa Cup nell’autunno del 1985. I nerazzurri battono 1-0 in semifinale i cecoslovacchi del Sigma Olomuc e il 26 novembre 1985 in finale all’Arena Garibaldi hanno la meglio per 2-0 sugli ungheresi del Debrecen (gol di Colantuono e Kieft). Nonostante il risultato negativo sul campo, le vicende del Calcioscommesse portano all’iniziale ripescaggio in Serie A nell’estate 1986 a spese dell’Udinese. Anconetani vende Berggreen e Kieft, che se ne vanno a Roma e Torino rispettivamente per 4 e 5 miliardi di Lire, capitalizzando due grandi affari economici. Il Presidentissimo prenota il centravanti austriaco Schachner dal Cesena, in attesa dell’ufficialità della decisione sui prossimi campionati. Ma dopo uno 0-0 in amichevole con l’Aston Villa, per il vulcanico patron e tutta la piazza pisana arriva una doccia gelata: l’Udinese è ripescata in A con una pesante penalizzazione di 9 punti, mentre il Pisa farà la Serie B. La prima conseguenza è che Schachner è liberato e si accasa all’Avellino, che tuttavia, in cambio, cede al Pisa Luca Cecconi come contropartita tecnica, attaccante che si rivelerà fondamentale per l’immediata risalita della squadra. Con i due stranieri partono anche Armenise (Bari),  Colantuono (Avellino), Muro e Volpecina (Napoli) e Progna (Atalanta).  Anconetani però non rimane a bocca asciutta e ottiene Bernazzani dall'Inter, Sclosa dal Bari, Cuoghi e Faccini dal Perugia, Davide Lucarelli sempre dall'Avellino e il promettente Lamberto Piovanelli dall’Atalanta. Vestono la maglia nerazzurra poi anche Birigozzi, Fiorentini e Davide Pellegrini.  Dalle giovanili è promosso in Prima squadra il difensore Stefano Dianda, mentre il portiere Alessandro Nista torna dal prestito al Sorrento. La squadra è affidata fin dall’iniziale ripescaggio a Gigi Simoni, l’eroe dell’ultima promozione, che non si tira indietro nemmeno di fronte alla retrocessione in B. Il Pisa S.C. parte con il gap e con una rosa non ancora definita, perdendo la partita iniziale col Modena per 2-0. Simoni suggerisce e ottiene l’acquisto dello stopper del Genoa Mario Faccenda, a suo giudizio il giocatore che serviva più di tutti a quella squadra. Inizialmente i nerazzurri giocano male e vengono spesso imbrigliati dagli avversari, tanto che delle prime dieci partite perde tre volte, ne pareggia altrettante e ne vince quattro. Lentamente però la squadra di Simoni risale, e si porta a ridosso del quintetto di testa. Finché in primavera cambia il vento, che spira in direzione dell’Arena Garibaldi: il 26 aprile i nerazzurri superano 3-1 in casa il Messina (Sclosa, Cecconi e Piovanelli), e si ripetono la settimana seguente battendo 3-2 anche il Lecce (spettacolare tripletta di Cecconi).
Seguono tre 0-0 e due sconfitte esterne con Bologna e Cagliari, che rischiano di compromettere quanto di buono era stato fatto. Ma al rientro dalla Sardegna Anconetani compatta i ranghi e nella penultima giornata il Pisa di Simoni travolge 3-0 all’Arena Garibaldi la Lazio (doppietta di Piovanelli e rete di Cecconi). Si arriva così da secondi in classifica alla sfida decisiva contro la Cremonese, una partita che vale una stagione. Allo Zini, grazie alle iniziative del Presidentissimo per i tifosi, arrivano 7 mila supporters pisani: un record. La Cremonese era rimasta in testa al torneo cadetto fino all’ultima giornata, senza essere mai scalzata, ma era in calo rispetto all’inizio della stagione. E il 21 giugno 1987 va in scena quella che per il Pisa sarà un’impresa da ricordare, per i grigiorossi un dramma sportivo. I toscani di Simoni passano al 28’ quando l’arbitro Lanese assegna un rigore per fallo su Cecconi. Dal dischetto Sclosa trasforma con freddezza mandando in estasi i tanti tifosi nerazzurri in trasferta. La rete “promozione” la firma però Lamberto Piovanelli al 42’: giocata ubriacante di Sclosa per Cuoghi, che crossa in area dalla destra. Il giovane attaccante si lancia in tuffo sul pallone e batte il portiere grigiorosso per il 2-0. In un tripudio nerazzurro, a nulla serve la rete del 2-1 di Nicoletti prima della fine del primo tempo. Il punteggio non cambia più, e la vittoria esterna consente al Pisa di classificarsi al 1° posto ex aequo col Pescara e di conquistare l’immediata promozione in Serie A. Per la Cremonese invece uno spareggio a tre che la vedrà clamorosamente soccombere su Lecce e Cesena. La terza promozione dell’era Anconetani porta grande entusiasmo e fa sì che il Presidentissimo decida nell’estate 1987 di regalare un nuovo grande colpo alla piazza: per 600 milioni di Lire (un’inezia se si penserà poi al valore che il giocatore assumerà negli anni) preleva dal Vasco da Gama il giovane mediano Carlos Dunga. Il secondo straniero, la scommessa, è invece il roccioso stopper inglese dai muscoli fragili Paul Elliott, prelevato dall’Aston Villa. Se il primo sarà un vero affare, il secondo sarà ricordato come sfortunato “bidone”. Il suo rendimento (deludente) sarà condizionato dai gravi infortuni avuti in Italia. All’ombra della Torre giungono anche l’attaccante italo-venezuelano Riccardo Paciocco dal Lecce e il numero 10 bresciano Aldo Dolcetti dal Novara. Per il resto l’ossatura è quella della grande promozione: salutano soltanto Giovannelli (Ascoli), Mannini (Bari), Mariani (Avellino) e Davide Pellegrini (Fiorentina). La squadra è affidata a Beppe Materazzi. L’inizio di stagione è molto positivo. Dopo una sconfitta onorevole all’esordio col Milan di Sacchi, i toscani battono sul campo alla 3ª giornata il Napoli di Maradona per 1-0. Ma dagli spalti un tondino lanciato in campo verso l’arbitro Longhi, reo di aver espulso Elliott (fallo di reazione su Bagni) colpisce invece Renica, costretto a lasciare il campo in favore di Sola. Quest’ultimo autore del fallo da rigore nel finale che propizia il gol di Sclosa. Il Giudice sportivo assegnerà poi la vittoria per 2-0 ai partenopei, scatenando la furia del patron. Nel girone di andata comunque il Pisa fa bene. Alla 7ª giornata supera 2-1 l’Inter di Trapattoni all’Arena Garibaldi con una rete dalla lunga distanza del suo “gioiello” Dunga, per molti la più bella di sempre del Pisa assieme al gol promozione di Piovanelli. I nerazzurri si ripetono alla 10ª vincendo 2-1 il derby con la Fiorentina di Baggio (gol di Paciocco e Lucarelli). Ma a metà stagione arriva un calo che costringerà la squadra di Materazzi a giocarsi la permanenza in Serie A all’ultima giornata con il Torino. Il 15 maggio 1988 non sarà solo il Milan di Sacchi a far festa per lo Scudetto appena conquistato: in coda ad esultare sarà infatti il Pisa di Anconetani, che batte 2-0 i granata di Radice (costretti allo spareggio Uefa con la Juve) con due colpi di testa dello stopper Faccenda e brucia in volata l’Avellino. Ad arricchire una stagione da incorniciare arriva il 30 maggio 1988 anche la 2ª Mitropa Cup vinta dai toscani. Il Pisa, dopo aver vinto il suo girone di qualificazione, sfida in finale gli ungheresi del Váci Izzo all’Arena Garibaldi. Le reti di Cecconi, Sclosa e Bernazzani regalano ad Anconetani e ai tifosi il secondo trofeo internazionale della storia del club. Conquistata per la seconda volta nella sua storia del Pisa la salvezza in Serie A, Anconetani cede il gioiello Dunga alla Fiorentina per un miliardo, mettendo a segno l’ennesima plusvalenza, e regala alla piazza un nuovo colpo ad effetto: in forza ai toscani approda infatti dal Feyenoord la raffinata mezzala olandese Mario Been, che nel 1984 era stato votato 'Miglior talento dell'anno' in Eredivisie precedendo addirittura un certo Marco Van Basten. Ma la sua permanenza all’ombra della Torre sarà caratterizzata dalla discontinuità. Con lui ed Elliott completa il terzetto straniero l’attaccante belga Francis Severeyns, che sarà ricordato a metà fra il grande “bidone” e il carneade. La squadra, affidata a Bruno Bolchi, in campionato non gira, tenuta su unicamente dai rari acuti di Incocciati, arrivato dall’Atalanta, e di Piovanelli, che faticherà a esprimersi ai suoi livelli e dagli exploit del portiere sardo Grudina, come il rigore parato al corregionale Virdis nello 0-0 con il Milan. I risultati deludenti porteranno i toscani, sulla cui panchina si siedono anche Luca Giannini e Lamberto Giorgis, al penultimo posto finale e all’inevitabile retrocessione in B (17° posto con il peggior attacco del torneo). I nerazzurri fanno invece bene in Coppa Italia, competizione che li vede protagonisti fino alle semifinali perse con il Napoli di Maradona, e in cui il bistrattato belga Severeyns (5 gol) sembra trovare la sua dimensione. Il patron Anconetani si inventa poi una nuova competizione, la Supercoppa Mitropa: si sfidano le squadre vincitrici delle ultime due edizioni della Mitropa Cup, il Pisa e il Banik Ostrava. In terra cecoslovacca i nerazzurri sono però travolti 3-0, e non riescono a ribaltare il risultato nel match di ritorno all’Arena Garibaldi, quando avanti 3-0 subiscono nei supplementari la rete del 3-1 che regala il trofeo agli avversari del Banik Ostrava.
Ancora una volta, secondo uno schema consolidato, alla retrocessione in B seguirà una nuova promozione in A nel 1989/90, la 4ª della felice era Anconetani. La panchina è affidata a Luca Giannini, mentre gli acquisti più significativi sono quelli dell’attaccante Maurizio Neri, del portiere Luigi Simoni e dei due difensori Alessandro Calori e Roberto Bosco, mentre vengono confermati Been, Boccafresca, Cavallo, Cuoghi, Dolcetti, Fiorentini, Incocciati, Lucarelli e Piovanelli. I nerazzurri hanno una partenza sprint e con 27 punti si laureano campioni d’inverno della Serie B. A trascinare la squadra sono soprattutto i gol dei suoi attaccanti, capaci di 30 goal in due: Piovanelli ne segna 18, cui si sommano i 12 di Beppe Incocciati. Con un mese di anticipo sulla fine del torneo, il Pisa è promosso in Serie A come 2ª alle spalle del Torino. A obiettivo centrato, la squadra ha una flessione di risultati, con 5 pareggi di fila nelle ultime gare che generano le lamentele di alcuni tifosi. Queste ultime faranno infuriare Anconetani, che come sempre non le manderà a dire e minaccerà persino le dimissioni (naturalmente ritirate). Per la quarta (e ultima) volta il suo Pisa aveva ritrovato immediatamente la Serie A dopo essere retrocesso. La stagione 1990/91, quella post Mondiale di Italia ’90, sarà anche l’ultima della storia del Pisa in Serie A fino al 2025. Come allenatore Anconetani sceglie Mircea Lucescu, alla prima esperienza nel calcio italiano dopo i successi in patria a livello di club e di Nazionale, che rivestirà i panni di Direttore tecnico con Luca Giannini al suo fianco come allenatore. Sul calciomercato il reparto stranieri viene rinforzato con gli acquisti dell’ala danese Henrik Larsen dal Lyngby, futuro campione d’Europa nel 1992, e soprattutto di due giovani argentini che diventeranno presto molto noti: il centrocampista Diego Pablo Simeone e il difensore José Antonio Chamot. Dal Cosenza. Secondo la leggenda, il patron li avrebbe acquistati via fax con una delle sue intuizioni geniali, scegliendoli fra le foto di diversi calciatori. "Prendiamo questo qui e quest’altro qua - avrebbe detto ai suoi collaboratori -, dalla faccia sembrano avere la cattiveria giusta". Dal Cosenza è poi acquistato il centravanti Michele Padovano, che comporrà con Piovanelli un’esaltante coppia d’attacco. Bel gioco e risultati favorevoli caratterizzano la prima parte di stagione dei toscani. Le vittorie iniziali su Bologna e Lecce danno alla squadra la vetta provvisoria della classifica con Inter e Milan (per la seconda volta nella sua storia dopo il 1982/83). Ma è solo un’illusione: dopo la prima sconfitta con il Napoli, la squadra rimedia due sconfitte pesanti con Fiorentina (0-4) e Inter (6-3). Il cammino prosegue per tutto il 1990 fra belle vittorie e clamorosi k.o.: spiccano i successi sul Cagliari (1-0), Cesena (3-2 con tripletta di Padovano) e Torino (2-0). Alla fine del 1990 però sui nerazzurri si abbatte una dura tegola. All’Olimpico, contro la Lazio, il 30 dicembre, il Pisa pareggia 0 a 0 e chiude l’anno con il quartultimo posto assieme a Fiorentina e Lecce,  ma perde a lungo Lamberto Piovanelli. L'eroe di Cremona, che con Padovano aveva dato spettacolo nella prima parte della stagione ed era stato convocato da Vicini per la partita di qualificazione ad Euro ’92 contro Cipro, in un contrasto di inizio gara con Sergio Domini subisce “la frattura incompleta della tibia”, e per lui inizia un lungo calvario. Ricevuto l’ok del giocatore, Montezemolo, vicepresidente esecutivo della Juventus, dopo averlo visto in azione contro i bianconeri in Coppa Italia deciderà di acquistarlo comunque e di versare 4 miliardi e mezzo di Lire nelle casse del Pisa durante la sua convalescenza. Senza uno dei suoi terminali il giocattolo Pisa creato da Anconetani e mandato in campo da Lucescu si rompe. Il girone di ritorno è negativo e dopo la sconfitta del Sant’Elia con il Cagliari il 10 marzo 1991 (2-1 con le reti di Cornacchia e Fonseca per i rossoblù e di Bosco per i toscani), Lucescu è sollevato dall’incarico da Anconetani.
Sulla panchina nerazzurra approda nuovamente Luca Giannini, ma, nonostante una bella vittoria sul Parma, la squadra scivola nelle ultime posizioni della classifica. Il Pisa S.C. retrocede in Serie B con una giornata di anticipo, con la sconfitta per 4-2 a Torino con la Juventus.Gli anni d’oro del Pisa S.C. terminano il 26 maggio 1991. Nella gara che vede la Roma passare 0-1 all’Arena Garibaldi con rete di Muzzi i toscani salutano per l’ultima volta la Serie A. Non va meglio in Mitropa Cup, competizione nella quale i toscani erano diventati un abitué che li vede soccombere in finale al Torino. LA FINE AMARA, IL FALLIMENTO E LA RIPARTENZA - Retrocesso nuovamente in Serie B, nel 1991/92 il Pisa prova a tornare in Serie A ma dovrà accontentarsi del 6° posto finale. L’avvio shock con Luca Giannini alla guida fa scattare l’inevitabile esonero in favore di Ilario Castagner. La squadra nerazzurra si rialza ma resta a lungo a caccia del 4° posto utile per la promozione nel massimo campionato. Lo aggancia nel girone di ritorno vincendo a Cesena 2-1, ma dopo Pasqua crolla al Garilli con il Piacenza e deve arrendersi. Alla fine sarà soltanto 6° posto. L’anno successivo, il 1992/93, la squadra è affidata a Vincenzo Montefusco. L’avvio illude, poi la squadra scivola verso posizioni di centro-classifica. Uno scialbo 0-0 casalingo con la Fidelis Andria induce Anconetani a cacciare Montefusco e ad affidare la squadra a Mauro Viviani. I nerazzurri, nelle cui fila gioca anche il giovane Bobo Vieri, si assestano tatticamente ma dovranno accontentarsi a fine anno di un anonimo 8° posto finale. Il 1993/94 sarà l’ultimo anno del Pisa S.C. Anconetani caccia subito in estate il tecnico Giorgio Rumignani per divergenze tattiche, affidando la panchina della squadra a Walter Nicoletti. La squadra dopo un avvio da centro classifica scivola nelle retrovie, e nonostante gli arrivi di Antonioli, Mattei e Roberto Muzzi fatica a rialzarsi. Dopo una vittoria sul Venezia, il Presidentissimo, messo anche lui in discussione, decide di esonerare anche il tecnico Nicoletti per il deterioramento dei rapporti fra allenatore e tifosi e chiama in panchina l’esperto Eugenio Bersellini. Il Pisa sembra comunque potersi tirar fuori dalla zona retrocessione ma all’ultimo turno, davanti ai 18 mila tifosi che affollano l’Arena Garibaldi, in 10 contro 11 per l’espulsione di Cristallini, non va oltre uno 0-0 con la già salva Fidelis Andria. Il risultato colloca i nerazzurri al quartultimo posto in coabitazione con l’Acireale, e per decidere l’ultima retrocessa va giocato dunque lo spareggio.  Dopo vari tentennamenti, che costringono la società a cambiare tre volte la sede del ritiro, la Lega calcio decide di far giocare la partita all’Arechi di Salerno. La gara è caratterizzata da un clima di alta tensione, che frena le due squadre. Il Pisa non riesce a cambiare ritmo e a trovare il gol. Si va ai supplementari e poi ai calci di rigore. La porta dell’Arechi appare stregata quando Amato, portiere dell’Acireale, vola a deviare il primo rigore battuto da Rocco, e i successivi due tiratori, Tarantino per i siciliani, e Rotella per i toscani, colpiscono entrambi la traversa. Favi con il mancino rompe il sortilegio per i granata, che passano in vantaggio. Non sbaglia più nessuno, e nonostante le trasformazioni di Bosco, Farris e Susic per i nerazzurri, le reti di Migliaccio, Mazzarri e Modica, che realizza il penalty decisivo, con Antonioli che intuisce ma non ci arriva, mandano in estasi l’Acireale, vittorioso ai rigori per 4-3, e suonano le note del de profundis del Pisa Sporting Club.La società toscana tornava in Serie C1, un po’ al punto di partenza, e soprattutto con una situazione di grave dissesto economico. Il primo agosto 1994 la Figc cancellava il Pisa Sporting Club dal calcio professionistico per “parziale mancanza ricevute liberatorie e parere negativo Covisoc per eccedenza di indebitamento”. Il patrimonio sportivo veniva azzerato e i giocatori si svincolarono gratuitamente. Il club doveva ripartire dall’Eccellenza toscana. A quel punto Romeo Anconetani non era più in grado di recuperare il denaro necessario per fare fronte ai debiti e nell’agosto del 1994 faceva un passo indietro doloroso, lasciando la presidenza, la più lunga di sempre nella storia del club.
Nasceva un’altra società, l'Associazione Calcio Pisa, con presidente Piero Vettori e come direttore sportivo Meciani, che veniva iscritta al campionato di Eccellenza. Il 31 ottobre 1994 la vecchia società che aveva fatto sognare tanti tifosi ed era entrata nell’élite del calcio italiano veniva dichiarata fallita. Il fallimento del Pisa S.C. fu dichiarato per 27 miliardi e 460 milioni di lire (14 milioni e 180 mila euro di oggi), ma ad agosto la cancellazione dai professionisti era avvenuta solo per 2 miliardi 850 milioni di lire (meno di un milione e mezzo di euro), una cifra che probabilmente, con le regole di oggi, si sarebbe potuta sanare dando il tempo al patron di ripianare il buco. Le ceneri del glorioso Sporting Club vennero poi raccolte dalla stagione 1994/95 dal Pisa Calcio, che sotto la gestione Gerbi-Posarelli dovette però ripartire anch’essa dal campionato di Eccellenza. Dopo una Coppa Italia di Serie C, un secondo fallimento nel 2009, e il ritorno in Serie B a metà degli anni Dieci, la società vive una nuova era felice sotto la gestione Ricci-Corrado e nel 2021 riacquista anche l’antica denominazione di Pisa Sporting Club. Il 20 gennaio 2021 il miliardario statunitense Alexander Knaster rileva la maggioranza delle quote societarie e per il Pisa S.C. inizia una nuova era felice, con importanti investimenti, che porterà il club toscano, 34 anni dopo l’ultima volta, nuovamente in Serie A al termine della stagione 2024/25. IL “PRESIDENTISSIMO” E I SUOI RITI - Gli anni d’oro del Pisa S.C. resteranno per sempre nel cuore di tutti i tifosi pisani e degli amanti del calcio romantico degli anni Ottanta-Novanta. E con loro il Presidentissimo Romeo Anconetani, che scompare il 3 novembre 1999 all'età di 77 anni. Al suo funerale, l’Arena Garibaldi, lo stadio che dal 2001 porterà il suo nome, è pieno di tifosi venuti a dargli l’ultimo saluto. Unico nella sua epoca a non essere un imprenditore, conosciuto anche come “Il Vescovo di Pisa”, come lui stesso amava definirsi, era un patron fortemente religioso ma anche molto scaramantico, e questa duplice caratteristica la rifletteva anche nel suo modo di essere un presidente sui generis, al contempo autoritario e illuminato. Così costringeva i giocatori ad andare scalzi in pellegrinaggio al Santuario della Madonna di Montenero e a fare un viaggio a Lourdes, mentre nel dicembre del 1990, prima di una delicata partita interna contro il Cesena, sparse 26 chilogrammi di sale a bordocampo nel prato dell'Arena Garibaldi. Un rito profano che evidentemente effetto, dato che i nerazzurri si aggiudicarono poi la partita per 3-2. Anconetani aveva inoltre la fama di mangia-allenatori, visto che durante la sua gestione si alternarono sulla panchina nerazzurra ben 22 tecnici, alcuni per più volte. Il record lo stabilì il polacco Zibí Boniek, che “scappò” letteralmente appena tre ore dopo la firma sul contratto. Speciale è stato per molti anni il rapporto del Presidentissimo con i tifosi, che si coccolava con promesse di grandi acquisti e frequentando la curva, diventando, di fatto, un idolo degli ultras. Tra gli anni Ottanta e Novanta è anche l'unico presidente ospite e al contempo co-conduttore di una trasmissione sportiva, il programma di '50 Canale' 'Parliamo con Romeo', che va in onda fino alla fine della sua presidenza. Soltanto nel finale della sua avventura l’idillio si incrina, dopo la proposta di fondere le squadre di Pisa e Livorno creando il Pisorno, che non riscuote i favori sperati. Nel 1993 viene fatto oggetto del lancio di una bottiglia di vetro, che lo ferisce e per miracolo non gli costa la perdita di un occhio. Con i suoi calciatori aveva un rapporto paterno e, come tale, fatto di grande affetto e duri scontri. Tanti raccontano di giocatori accompagnati a messa la domenica, di pranzi serviti in prima persona, di regali preziosi o ancora di ragazzi portati a fare shopping. Ma anche di ritiri imposti e in alcuni casi di pedinamenti per controllarli da vicino. Alla sua figura, amata e controversa, saranno sempre legati in modo inscindibile i migliori anni della storia del Pisa S.C.

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