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Simone Eterno28 mag 2025, 12:30
Ultimi aggiornamenti: 26 giu 2025, 19:36

Inter, ecco perché il PSG può vincere la Champions: dalle figurine a una squadra seria, c'è la mano di Luis Enrique

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"Se il calcio fosse una pura somma di talento, a Parigi una Champions League l'avrebbero già vinta". Le parole non sono del sottoscritto, ma dell'attuale tecnico del Paris Saint Germain, Luis Enrique. Questo, insieme ad altri, è uno dei passaggi di 'No tenéis ni **** idea' - 'Non avete nessuna ca**o di idea', docu-serie in 3 puntate uscita in Spagna lo scorso autunno sulla prima stagione di Luis Enrique da allenatore del PSG. Che sia un contenuto particolare potete già intuirlo dal titolo. Un prodotto quasi unico nella sua forma, perché a differenza dei tanti contenuti seriali prodotti sul mondo del pallone - e passati attraverso le scure dell'ufficio comunicazione di ogni singolo club, chi più - All or Nothing Juventus - chi meno - All or Nothing Arsenal - appare come quasi completamente privo di censura. Il documentario è quasi solamente incentrato su Luis Enrique. E il PSG, evidentemente, non ci mette un granché mano. Una troupe decide di seguire per filo e per segno il tecnico asturiano in ogni singolo passaggio della sua prima stagione a Parigi, restituendoci così un ritratto autentico e genuino del Luis Enrique uomo. Impariamo a conoscere, ad esempio, le sue manie e le sue ossessioni. Tra queste effettuare ogni 30 minuti una serie di esercizi per tenersi in forma. Ma impariamo a conoscere, soprattutto, l'impatto emotivo dell'uomo e dell'allenatore su un gruppo che, tra le proprie fila, poteva ancora vantare Kylian Mbappé. 

Ed è qui che il discorso ritorna tremendamente attuale e funzionale a capire che tipo di squadra si troverà davanti l'Inter nella finale di sabato all'Allianz Arena di Monaco. Perché se della rivoluzione tattica importata da Luis Enrique a Parigi in fondo conosciamo già tutto - basta dare un occhio alle partite; o cercare online il lavoro di qualsiasi data analyst, ne troverete parecchi - il buon 'No tenéis ni **** idea' è la spiegazione più chiara e semplice alla domanda "perché il PSG è diventata una squadra seria?". 

La rivoluzione imposta da Luis Enrique infatti, prima ancora che tattica e nel calcio di controllo che opera con precisione oggi il PSG, è stata culturale. Il tecnico asturiano è entrato a Parigi e ha deciso di ribaltare come un calzino una società che al pallone, dopo la presa di potere dei petroldollari, si era approcciata con l'arrogante filosofia del 'compro i più forti', come se il successo nel football fosse un'operazione matematica a somma certa. Uno + uno + uno però nel calcio non fa necessariamente tre; e persino Messi + Neymar + Mbappé possono non bastare per diventare campioni d'Europa. Luis Enrique, uomo di principi ma soprattutto tecnico navigato, questo lo sa bene. E dal suo ingresso a Parigi la filosofia del club è stata completamente destrutturata: dal culto del singolo al culto del collettivo. 

Efficace, per comprendere il perché il PSG quest'anno sia arrivato in finale di Champions League ribaltando il Liverpool ad Anfield, gestendo l'Aston Villa al Villa Park e passando quasi del tutto indenne anche tra le scure dell'Arsenal - è proprio forse la gestione del caso Mbappé. Un Mbappé che dall'arrivo di Luis Enrique ha visto decadere i privilegi del trattamento VIP di cui a lungo aveva goduto a Parigi, per essere trattato alla stregua degli altri. Indicativi sono i passaggi in cui Luis Enrique spiega al fenomeno transalpino quale sia la differenza tra essere uno straordinario calciatore ed essere un leader. Un Mbappé che alla fine di quella stagione sarebbe partito. Ma alla cui assenza Luis Enrique aveva risposto, a chi chiedeva al tecnico un’opinione sul futuro senza Mbappé, il laconico "saremo una squadra più forte". 

Sembrava una boutade, la classica frase a effetto che ha il compito di provare a fortificare il gruppo. Se non fosse che il PSG, più forte, è diventato per davvero. 'No tenéis ni **** idea' ci mostra infatti in alcuni suoi dettagli come il PSG difendesse in maniera particolare proprio per permettere a Mbappé - difensivamente quasi nullo - di non partecipare alla fase di riconquista del pallone. Quest'anno, il gruppo, ha trovato invece una solidità extra probabilmente anche figlia del maggior equilibrio di una squadra senza più prime donne, senza trattamenti speciali. 

Messo così sembra quasi un paradosso: Mbappé come zavorra più che come straordinaria forza. Eppure a Parigi si è concretizzato esattamente ciò che Luis Enrique sembrava profetizzare, con l'esaltazione di un collettivo rimasto di grandissima qualità, ma giunto al tempo stesso a piena maturazione di Squadra. E la maiuscola non è un refuso dell’autore, bensì l’accezione più pura del termine. Meno prime donne e più collettivo, in una rivoluzione in qualche modo confermata persino dagli stessi protagonisti. A confermarlo ad esempio le parole di Donnarumma ad Amazon dopo la semifinale di ritorno con l’Arsenal. A chi chiedeva al portiere cosa fosse cambiato nel PSG e come avessero fatto a sopperire all'assenza di Mbappé, il portiere italiano rispondeva testuale: “È cambiato lo spirito, siamo più squadra, giochiamo l'uno per l'altro. Mbappé ci manca perché è il più forte al mondo, gli faccio i migliori auguri, è un amico anche se non è più qui... Ma la squadra è unita come non mai, per me il gruppo è molto importante, come con l'Italia agli Europei nel 2021, fa la differenza". 

Insomma, se qualcuno ancora pensasse di ritrovarsi davanti il PSG viziato di qualche anno fa, magari lo stesso che nel 2020 sfiorò il titolo nel torneino-covid messo su dalla UEFA a Lisbona, si sbaglia di grosso. Cinque anni dopo i parigini sono diventati una società seria, un club che ha smesso di collezionare figurine e in cui ogni singola azione è oggi esclusivamente rivolta al successo del collettivo. Senza figli e figliastri. Inutile aggiungere chi abbia il merito di questa rivoluzione. 'No tenéis ni **** idea’, nel caso, per farvi un’opinione voi stessi prima della finale di sabato. 

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