Torricelli: “Dopo la morte di mia moglie ho lasciato il calcio. Aveva il 2% di possibilità di guarire, ora i miei figli sapranno la verità”
Una lunga e toccante intervista rilasciata da parte di Moreno Torricelli, ex terzino di Juventus e Fiorentina, a Il Corriere della Sera, dove ha ripercorso il dramma dell’amata moglie Barbara, venuta a mancare a 40 anni.
LE MANCA IL CALCIO - “Giocarlo sì, quello in tv meno. Tutti i giorni una partita… ormai è diventato nauseante”.
COSA FA ORA - “Durante il Covid mi sono rimesso a impregnare i balconi in legno. Quando avevo bisogno di macchinari, chiedevo a Carlo, artigiano da tre generazioni di Lillianes, il piccolo comune da 400 abitanti in Valle d’Aosta in cui mi sono trasferito. ‘Guarda, sono solo e ho molto lavoro. Perché non vieni a darmi una mano?’, mi ha chiesto dopo la pandemia. Se c'è da montare delle finestre vado”.
GLI INIZI - “Mi ero fatto notare fra i dilettanti e un dirigente mi segnalò a Furino, allora responsabile del settore giovanile della Juventus. Vengo convocato per giocare un’amichevole con loro. Non ricordo niente, solo un temporale fortissimo. A fine partita mi ferma Trapattoni: ‘Abbiamo tre test in una settimana, prendi ferie e vieni a Torino’. Gli piaccio, parto per la tournée in Giappone, torno e firmo il contratto sul cofano di una macchina. Passo da uno stipendio di due milioni di lire a 80”.
DEL PIERO - “Arrivò a Torino un anno dopo di me, di lui avevo letto già tanto, era il nuovo fenomeno del calcio italiano. Stavamo spesso insieme, eravamo i più giovani. Veniva a casa mia a mangiare, mia moglie parrucchiera gli tagliava i capelli”.
LA MOGLIE BARBARA - “L’ho conosciuta a 15 anni. Lavorava con mia cugina, un giorno decidono di pranzare insieme. Mentre ero a fare i caffè al bar dei miei genitori, entra mio zio. ‘Corri a casa, dammi retta’. Monto sulla bici, la vedo. Mi innamoro”.
LA MALATTIA - “La malattia si manifestò poco prima di Natale. Era sempre molto stanca, aveva una febbriciattola costante: ‘Fra poco andremo in vacanza in montagna e starai meglio, vedrai’, le dicevo. Invece non migliorava. Torniamo a casa, fa gli esami del sangue. La ricoverano subito. Dopo tre settimane di test e analisi i medici mi parlano chiaro: “C'è solo il 2% di possibilità di guarigione per ogni anno dal trapianto di midollo”. Non dissi niente, né a lei, né alla sua famiglia e neanche ai nostri tre figli. Non volevo che perdessero la speranza. In quei casi vai avanti giorno per giorno, non programmi. Per lei il trapianto dopo tre cicli di chemio in cui la malattia non andava mai in remissione fu già come una vittoria. Per un mese e mezzo riuscì a tornare a casa. La riportai in montagna, ma dopo l'ennesimo controllo ci dissero che la malattia era tornata”.
NON DIRE NIENTE A NESSUNO - “Gestire le emozioni fingendo allo stesso tempo che andasse tutto bene è stata la cosa più difficile di un calvario lungo 10 mesi. Ho detto la verità a tutti solo negli ultimi giorni ed è stata una liberazione. Ho pianto solamente lì”.
LA REAZIONE DEI FIGLI - “Avevano 10, 11 e 16 anni. Non hanno mai saputo la verità, non ho avuto la forza di dirgliela neanche dopo. La leggeranno per la prima volta qui”.
POI LASCIA IL CALCIO - “Allenavo il Figline, durante la malattia passare due ore al campo era un sollievo, lì potevo essere me stesso. Ma poi è cambiato tutto. Ricevo un'offerta dal Crotone in serie B, la rifiuto. In quel momento non potevo costringere i miei figli a lasciare casa. La perdita della mamma per loro è stata una mazzata incredibile. La famiglia è donna, l'attenzione e la pazienza che le mamme hanno sono totalmente differenti da quelle degli uomini. La vita ti può dare tutto e far mancare tutto. Te la scegli tu, cerchi di essere la persona migliore possibile ovunque, a casa e a lavoro. Poi però ci sono le malattie e non ci puoi fare niente. Con Barbara ho vissuto 20 anni bellissimi, abbiamo avuto tre figli stupendi, due dei quali mi hanno reso nonno. Poteva durare di più? Certamente. Ma il viaggio è stato bello”.
I SOGNI - “Che figli e nipoti possano stare bene e realizzarsi nella vita. E poi finire l'alpeggio di proprietà di Lucia. Lo sto rimettendo a posto, ho messo giù il parquet, fatto le pareti del bagno e la cucina. Ci sto lavorando da tre anni, se non mi spiccio mi butta fuori di casa”.