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  • Peter Taylor, l'ombra del mito Clough: l'ascesa, i trionfi, il litigio e le lacrime

    Peter Taylor, l'ombra del mito Clough: l'ascesa, i trionfi, il litigio e le lacrime

    • Remo Gandolfi
      Remo Gandolfi
    Una delle più belle favole della storia del calcio è sicuramente quella del Nottingham Forest. Una piccola squadra di provincia che nel giro di quattro stagioni riesce a passare dai bassifondi della Seconda Divisione inglese al trionfo nella competizione più prestigiosa del calcio europeo è qualcosa di straordinario e molto probabilmente di irripetibile.
    Ma se il nome di Brian Clough, carismatico, burbero e anticonformista manager di quel piccolo Club delle East Midlands d’Inghilterra è conosciuto dalla maggior parte degli appassionati lo è invece molto meno colui che per anni è stato il suo braccio destro e inestimabile collaboratore ... nonché consigliere e fraterno amico.
    Il suo nome è Peter Taylor e senza di lui oggi nessuno di noi sarebbe qua a raccontare e a ricordare le imprese del Nottingham Forest, squadra capace di vincere due Coppe dei Campioni consecutive.
     

    L’amicizia tra Peter Taylor e Brian Clough nasce a metà degli anni ’50.
    I due sono entrambi nella rosa del Middlesbrough, squadra che milita nella Seconda Divisione inglese.
    Taylor gioca come portiere mentre Clough, di sette anni più giovane, è un acerbo attaccante che sta disperatamente cercando di trovare spazio in prima squadra.
    Nonostante le caterve di gol messi a segno nelle giovanili e nella squadra Riserve del “Boro”, l’allenatore della prima squadra, Bob Dennison, proprio “non vede” Clough che per diverso tempo sarà considerato il “quinto” attaccante della rosa.
    Qui entra in gioco Peter Taylor che prima va dal giovane e demoralizzato Clough dicendogli che «Quello che sta accadendo qui è semplicemente assurdo. Tu Brian non solo sei il miglior attaccante che abbiamo in rosa ... ma sei anche il calciatore più forte di tutto il fottuto Middlesbrough Football Club!»
    Clough, che probabilmente per l’ultima volta nella sua vita soffrirà di problemi di autostima, ritrova vigore e fiducia.
    Ma Taylor non si ferma qua.
    Decide di parlare anche con Mister Dennison.
    «E’ ora che dia una chance al giovane Clough. Non solo non se ne pentirà ma dopo verrà dal sottoscritto a ringraziarmi».
    Queste le precise parole di Taylor.
    Da lì a poco a Clough verrà assegnata la maglia numero “9” del Middlesbrough Football Club che il giovane attaccante indosserà per un totale di 222 volte ... segnando 204 reti ...
     
    A 29 anni, e dopo oltre diciotto mesi di inattività per un terribile infortunio al ginocchio, Brian Clough dovrà appendere le scarpe al chiodo.
    Dopo un breve periodo come allenatore nelle giovanili del Sunderland per Clough arriva la chiamata di una squadra professionistica: l’Hartlepools United che però da diverse stagioni si piazza al 92mo posto tra le 92 squadre professionistiche inglesi!
    Clough, che non ha altre proposte sul tavolo, ovviamente accetta.
    Ed è a questo punto che si ricorda del suo “vecchio” portiere al Middlesbrough.
    Gli offre il ruolo di collaboratore, di “coach” come si direbbe oggi.
    Il ragionamento di Clough è semplice quanto illuminato.
    «Se ha visto in me quello che neanch’io riuscivo a vedere vuol dire che Taylor di calciatori se ne intende davvero».
    Nel giro di pochi mesi l’Hartlepools viene trasformato.
    Taylor scandaglia le squadre semiprofessionistiche della zona e si dimostra subito infallibile non solo nello scoprire buoni calciatori me nel giudicare, rapidamente e senza appello, quelli che non lo sono.
    Brian Clough li gestisce, li assembla e inizia a dare loro le linee guida di quel calcio che diventerà il suo marchio di fabbrica: «la palla si gioca a terra, si gioca semplice e in verticale e la palla dobbiamo averla noi il più spesso possibile».
    Bastone e carota in egual misura distribuiti ai propri calciatori con quella caratteristica che renderà unico Brian Clough: il bastone quando il calciatore si aspetta la carota e viceversa.
    Al termine della loro prima stagione completa alle redini dell’Hartlepools arriva un 8° posto finale che da quelle parti viene festeggiato come un trionfo in FA CUP.
     
    E’ però evidente che per la premiata ditta “Clough&Taylor” il destino è su altri palcoscenici.
    Nel maggio del 1967 è il Derby County, che annaspa nelle posizioni di coda della serie cadetta inglese, a richiedere i loro servigi.
    Nel giro di poche settimane il Derby County Football Club viene rovesciato come un calzino e l’opera di Taylor in questo frangente si rivela decisiva.
    «Brian, qui ci sono calciatori che non avrebbero giocato neppure in Quarta Divisione con l’Hartlepools».
    Quella di Taylor è una sentenza.
    Nel giro di pochi mesi dall’intera prima squadra si salveranno in quattro: Kevin Hector, Alan Durban, Ron Webster e Colin Boulton.
    Vengono licenziati il capo degli scout del club, l’addetto al campo, il segretario e i suoi due collaboratori.
    Perfino le due signore addette al cucina del club, sorprese a ridere e scherzare subito dopo una sconfitta del Derby County!
    Una rivoluzione così drastica necessita un minimo di tempo per produrre risultati.
    Il 17mo posto ottenuto nella stagione precedente dal loro predecessore diventa ... un 18mo nella loro prima stagione!
    Ma i calciatori che servono al Derby per fare il salto di qualità sono già stati individuati da Taylor. Una volta portati al Club ci penserà Clough, con il suo carisma, la sua sapienza calcistica  e la sua determinazione a fare il resto.
    Il Derby County conquisterà la promozione in First Division nella stagione successiva e dopo due stagioni di “assestamento” nella stagione 1971-1972 arriverà il titolo di “Campioni d’Inghilterra”, il primo nella storia del Club.
    L’anno successivo il Derby County arriva ad un passo dalla finale di Coppa dei Campioni. Sarà eliminato dalla Juventus in due partite polemiche, con arbitraggi controversi (soprattutto all’andata a Torino) che faranno esplodere Clough  nel suo famoso “Cheating italian bastards!”.
    Chiusa (non senza polemiche!) l’avventura al Derby County la coppia si sposta a Brighton, sulla costa. 
    La squadra è scarsa ma Peter Taylor si innamora del luogo e quando a Clough arriva la prestigiosa quanto sorprendente proposta del Leeds United (squadra che Clough odiava visceralmente) Peter Taylor decide, per la prima volta di non seguire l’amico.
    La sua assenza, per ammissione dello stesso Clough, sarà determinante.
    Clough, senza l’amico e consigliere, capace di giudicare le persone al primo contatto, capace di smussare gli angoli più spigolosi del carattere di Clough, capace di risolvere diatribe e accese discussioni con le sue proverbiali battute, al Leeds dura la bellezza di 44 giorni, come raccontato meravigliosamente in “Maledetto United”, il famoso film sull’avventura di Clough nello Yorkshire.
    Quando nel gennaio del 1975 il Nottingham Forest, invischiato nella lotta per non retrocedere dalla Seconda alla Terza divisione inglese, assume Brian Clough, il pensiero del manager nato a Middlesbrough corre ancora una volta al vecchio amico.
    Taylor però non ha intenzione di muoversi da Brighton dove sta facendo un buon lavoro e punta a conquistare la promozione con i “Seagulls”.
    Né in quella stagione e neppure in quella successiva Clough riesce nell’impresa di risollevare le sorti del Forest.
    I “rossi” non vanno aldilà di un ottavo posto che è comunque un sensibile miglioramento rispetto agli anni precedenti. 
    In quell’estate però arriva la svolta: per Brian Clough, per il Nottingham Forest e per i suoi fino ad allora “tiepidi” tifosi.
    Peter Taylor, che ha mancato di un soffio la promozione con il Brighton, accetta di tornare a lavorare con il vecchio amico.
    E arriva subito un’altra “sentenza-Taylor”.
    Dopo aver visto il Forest in azione si rivolge a Clough: «Brian, arrivare ottavo in classifica in Seconda Divisione con questi calciatori è stata davvero un’impresa. Qui ce ne sono alcuni che non giocherebbero neanche in Terza Divisione”.
    Peter Taylor si mette al lavoro e riesce a fare ancora meglio di quanto fatto al Derby County.
    Arrivano Larry Lloyd dal Coventry, Peter Withe dal Birmingham e soprattutto porta al Forest due giovanissimi attaccanti: Tony Woodcock e Garry Birtles, quest’ultimo acquistato da una squadra di dilettanti per una cifra ridicola: duemila sterline.
    La promozione arriva subito.
    Il Nottingham Forest torna in First Division e non ci tornerà per fare da comparsa o limitarsi a sopravvivere.
    No, il Nottingham Forest vincerà il campionato inglese alla sua prima stagione nella massima serie per poi trionfare in Coppa dei Campioni nelle due successive.
    La coppia “Clough&Taylor” è sul tetto d’Europa.
    Taylor ha portato al Forest giocatori del valore di Kenny Burns, Peter Shilton e ha insistito perché Clough rompesse il salvadanaio del club per assicurarsi, per un milione di sterline, Trevor Francis che sarà l’uomo che segnerà il gol decisivo nella prima finale di Coppa dei Campioni, quella contro il Malmoe del 1979.
    In quella successiva sarà invece John Robertson, l’autentica scoperta di Clough che da riserva in Seconda Divisione è nel frattempo diventato uomo imprescindibile nell’undici titolare.
    Dopo quel trionfo però arrivano un paio di stagioni mediocri dove il Nottingham Forest non riesce a ritrovare lo smalto e sia Clough che soprattutto Taylor paiono aver perso la loro “magia”.
    E proprio al termine della stagione 1981-1982, chiusa con un deludente 12mo posto, Peter Taylor manifesta l’intenzione di ritirarsi a vita privata.
    Lo comunica all’amico Brian chiedendogli di intercedere per lui in merito ad una “buonuscita” degna di questo nome.
    Clough è profondamente dispiaciuto per questa decisione ma è anche vero che le ultime intuizioni di Taylor (lo svizzero Raimondo Ponte, lo scozzese Ian Wallace e soprattutto il povero Justin Fashanu) non sono certo state all’altezza della fama di talent-scout di Taylor.
    E così Taylor si ritira, con una Mercedes nuova fiammante e parecchi decine di migliaia di sterline sul conto in banca, nella sua bella villa di Maiorca, lasciando solo il vecchio amico nel tentativo di ricostruire un Forest vincente.
    Passano però soltanto sei mesi e nel novembre di quello stesso 1982 arriva la prima sgradita sorpresa per Brian Clough: Peter Taylor ha accettato l’incarico di allenatore del Derby County, la squadra che insieme avevano portato al titolo esattamente dieci anni prima.
    E’ un colpo basso che però Brian Clough dimostra di incassare alla grande.
    «Sarà il campo a decidere chi di noi due avrà fatto la scelta giusta» annuncia Clough nei giorni seguenti l’annuncio.
    L’impatto di Taylor al Derby è in realtà eccellente.
    Il Derby, fanalino di coda al suo arrivo sulla panchina, chiude onorevolmente al 13mo posto e con la grande soddisfazione di eliminare il Nottingham Forest di Brian Clough nel Terzo Turno di FA CUP.
    Ma sarà quello che accadrà al termine di quella stagione che segnerà per sempre i rapporti fra quella considerata giustamente una delle partnership più affiatate e vincenti della storia del calcio.
    Siamo nel maggio del 1982 e John Robertson, ala sinistra del Nottingham e pupillo assoluto di Brian Clough (il mio “Van Gogh” così lo definiva il manager del Forest) sta tergiversando sulla nuova offerta di contratto del Forest. Niente di clamoroso, solo alcuni dettagli da definire ma per Robertson, che languiva nelle riserve del Club all’arrivo di Clough, c’è un debito di riconoscenza che non può essere messo in discussione da qualche centinaio di sterline di differenza.
    Invece arriva un’offerta proprio dal Derby County e proprio da Peter Taylor. C’è da scendere di categoria ma l’ingaggio è così alto che John Robertson decide di firmare per il Derby County.
    Clough viene avvisato da un suo dirigente solo a cose fatte.
    Peter Taylor gli ha soffiato il calciatore migliore senza degnarsi di una parola o di una telefonata.
    «Se dovessi incontrare Taylor su una strada isolata di notte con la sua macchina in panne non solo non gli darei un passaggio ... ma ci sono invece ottime possibilità che gli passerei sopra con la mia auto» queste la parole di Clough all’epoca.
    Solo che Peter Taylor non è un Manager.
    I suoi limiti nella direzione di una squadra vengono fuori ancora una volta nella stagione successiva dove, con il Derby County fanalino di coda in Seconda Divisione, il suo rapporto con il club si interrompe.
    E’ l’aprile del 1984 e stavolta il ritiro è definitivo.
    Economicamente ha le spalle più che coperte e la villa a Maiorca diventa il suo “buen retiro”.
    Tutto questo sarà però di breve durata.
    Nell’ottobre del 1990 una fibrosi polmonare se lo porterà via quando Peter Taylor ha solo 62 anni.
    La lite con Clough non potrà più essere risolta.
    Le lacrime del grande manager del Nottingham Forest al funerale dell’amico sono sincere.
    «Rimpiangerò per tutta la vita di non essere stato capace di mettere da parte il mio stupido orgoglio per porre fine a quella stupida diatriba» ripeterà lo stesso Clough negli anni seguenti.
    «Peter non è stato solo il mio miglior amico ma tutti devono sapere che quello che ho ottenuto nella mia carriera non sarebbe stato possibile senza di lui».
    E su questo non c’è nessuno che abbia un dubbio alcuno.

     

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    Zlatan Highlander
    Zlatan Highlander

    Bella storia, sarebbe un'ottima sceneggiatura di un film. Rapporti solidissimo xhe si frantumato...

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