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  • Abbonamenti: boom Juve, Fiorentina, neopromosse, ma il resto è un pianto. Pubblico in fuga causa tessera del tifoso

    Abbonamenti: boom Juve, Fiorentina, neopromosse, ma il resto è un pianto. Pubblico in fuga causa tessera del tifoso

    • Luca Pisapia

    Le campagne abbonamenti delle squadre della Serie A si sono risolte in un sogno di mezz'estate, e si sono risvegliate nell'incubo dell'attuale situazione degli stadi italiani. D'altronde se lo stadio di San Siro per la Uefa è a quattro stelle, il massimo, si candida a ospitare la finale di Champions League 2015, e poi domenica gli spettatori sui social network postano le foto di topi che vanno a rimpinguare l'esiguo numero degli spettatori (la metà della capienza di 81 mila posti a sedere), è evidente che qualcosa non va.

    A Ferragosto, un ottimo articolo della Gazzetta dello Sport analizzava lo stato della nazione degli abbonamenti e rilevava come fossero state vendute 28 mila tessere in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

    Oggi, con le campagne tesseramenti prossime alla chiusura, le cose non vanno altrettanto bene. La Fiorentina, trascinata dall'acquisto di Mario Gomez e dalla sua ritrovata dimensione ha raddoppiato gli abbonamenti (24 mila contro i 12 mila dell'anno scorso), e così hanno fatto le neopromosse.

     

    Il Livorno è passato da 2 mila a oltre 6 mila, il Verona da 12 mila a 15 mila e il Sassuolo ha addirittura quintuplicato da poco più di mille a oltre seimila. Nel caso della squadra emiliana va detto che non solo c'è l'entusiasmo per l'esordio assoluto nella massima serie, ma anche il trasferimento da Modena a Reggio Emilia, nell'ex stadio di proprietà della Reggiana, e ora a disposizione del curatore fallimentare, che per l'occasione è stato affittato e rinominato all'inglese con il logo dello sponsor. Altrove, il buio.

     

    Il Napoli che un tempo riempiva il San Paolo di 60-70 mila abbonati, oggi ne conta poco più di 11 mila nonostante la sfarzosa campagna acquisti. Alla Roma è finito l'effetto Zeman e le tessere sono tornate sotto le 20 mila, il numero intorno a cui sta da anni la Lazio. E se la Capitale non ride, Milano piange.

    Il Milan dopo il declino seguito alla partenza di Ibrahimovic e Thiago Silva, da 33 mila a 27 mila, all'inizio era partito bene, complici le agevolazioni per famiglie, ma ora, pur in assenza di dati ufficiali, sembra non riesca a tornare ai fasti di un tempo.

     

    E l'Inter, dai 40 mila della stagione post triplete, è crollata a 27 mila. Fa eccezione, a rimarcare l'importanza degli stadi di proprietà, la Juventus, che conferma il tutto esaurito (28 mila tessere disponibili su una capienza di 41 mila posti) allo Juventus Stadium, quando tre anni faticava a raggiungere i 15 mila (ma giocava ancora all'Olimpico - oggi affittato al solo Torino - impianto restaurato nel 2006 ma di fatto identico al catino inaugurato nel 1933).

     

    Oltre agli abbonati, la fuga dagli stadi italiani parte da lontano e investe anche gli spettatori paganti: si è passati dai 30 mila a partita negli anni novanta ai 23 mila di oggi, quando Germania vanno in media 45 mila persone a vedersi una partita della Bundesliga e in 17 mila in seconda serie: con i 53 mila dell'Herta Berlino che fanno invidia ai top club della Serie A, per non parlare della nostra derelitta serie B dove la media spettatori è ben sotto le 5 mila unità (714 mila paganti in totale lo scorso anno, praticamente quello che l'Herta Berlino da sola fa in un terzo di campionato) e anche la media abbonamenti degli ultimi sei anni segna una pericolosa flessione.

     

    Guardando all'Europa poi si vede come dal matchday (ovvero tutto quello che concerne lo stadio il giorno della partita: dagli abbonamenti o i biglietti, alle sponsorizzazioni, alla vendita al dettaglio di sciarpe, magliette, panini e birre all'interno dell'impianto) l'Arsenal ottiene il 42% dei suoi ricavi, il Manchester United il 35%, il Barcellona il 30% e così via, mentre Milan, Inter e Juventus superano di poco il 10%.

     

    Urge rimedio, e infatti il presidente della Lega di Serie B Andrea Abodi, che solo per reconditi scontri di potere non è salito a guidare la Lega di A, oltre a sottolineare il problema stadi ha detto ieri: "Piuttosto mi permetto di contestare l'utilità della Tessera del tifoso, i limiti tecnologici nella certificazione in tempo reale del diritto di accesso di una persona, l'obbligo del documento per un bambino, il divieto - altro esempio emblematico - di entrare con un ombrello in stadi spesso non coperti".

    In attesa di impianti decenti, forse è la volta buona per smuovere le acque, e cominciare a prendere quelle misure che invogliano i tifosi ad andare allo stadio, piuttosto che allontanarli definitivamente con strumenti repressivi senza alcun senso, figli di un'epoca politica oramai al tramonto.

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