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  • Alex e Bebe, grazie di esistere!

    Alex e Bebe, grazie di esistere!

    • Marco Bernardini
    Nel frastuono, talvolta insopportabile, di palle e palloni che esplodono è ancora possibile regalarsi un attimo di confortante pausa per poter ascoltare voci e suoni delicatamente benefici per la nostra buona salute interiore. L’effetto sarà quello, positivo, di una sonata per pianoforte e violino nel bel mezzo di un concerto metal.  Istanti corredati da immagini che, alla fine, vanno a stringere sul primo piano di volti segnati da una felicità disarmante che sembra persino non appartenere a questo mondo. Probabilmente più vicini agli angeli che non agli uomini.

    Due fra i tanti. Il sorriso autorevole di Alex Zanardi, la risata cristallina di Bebe Vio. L’uomo e la bambina con le loro storie illustrate addosso sul loro corpo di persone speciali perché della loro diversità subita sono riusciti a farne strumento di lotta, di riscatto e di trionfo. A loro e per loro è doveroso riprendere una frase talvolta abusata perché troppo preziosa per poter essere svenduta fuori luogo e misura: “Grazie di esistere”.

    Grazie ad Alex che ebbi la fortuna di poter incontrare e conoscere tanti anni fa quando, da star dei motori, era diventato disabile sociale. Eppure quel giorno, in un circuito di kart vicino a Bologna, stava tentando l’impossibile. Ferraglia in titanio al posto delle gambe, aveva deciso di non mollare e di prendere a ceffoni il destino che si era maldestramente intrufolato, in giorno a Berlino, tra lui e la sua vita di uomo e di padre felice.  Gli chiesi, prima che si infilasse nell’abitacolo e accendesse il motore: “Ma Alex, scusa, dimmi almeno come farai a sentire il necessario contatto con i pedali di frizione e freno così privo di sensibilità nervosa come sei”. Mi rispose con una fragorosa risata, eppoi: “Questione di culo, amico mo. Non parlo di quello metaforici che, comunque, mi ha fatto uscire vivo dalla pista tedesca dopo che sull’ambulanza un prete mi aveva dato persino l’estrema unzione. Dico, in senso reale, delle mie chiappe che ricevono vibrazioni dal fondo di queste gambe finte e le trasmettono al cervello. Vedi, sta tutto qui dentro. Nella mia testa. Sarà lei a guidare in maniera corretta quel poco di corpo che mi è rimasto”. Il giorno dopo, a corredo del mio servizio su e con Zanardi, convinsi il direttore a far uscire il pezzo con il  titolo: “Alex, questione di culo”. Un omaggio alla sua ironia che prevedeva un’assoluta voglia di vivere e di vincere.

    Grazie a Beatrice Vio, detta Bebe, che purtroppo non ho la fortuna di conoscere personalmente ma che lo stesso sento amica e persino figlia adottiva vista la sua bellissima stagione di diciannovenne. Lei che, dopo aver domato con il fioretto la rivale cinese, si è concessa alle telecamere lasciandosi indagare dentro e fuori. Quella brutta bestia della meningite acuta che l’aveva mortificata, deturpata e devastata quando aveva undici anni in quel momento sembrava  soltanto una macabra finzione da leggenda metropolitana esorcizzata da una giovane creatura sana come un pesciolino e sveglia come un geniale folletto dei boschi. Le hanno chiesto quale sia il suo segreto che le permette di realizzare quel che il mondo ha visto malgrado la sua massiccia menomazione. Manco il velo di una sottile malinconia e nessuna rancorosa rabbia nelle parole di risposta regalate da Bebe: “Alla sera, prima di andare a dormire, metto in carica computer, il telefonino e infine anche le mie mani finte che alla mattina saranno pronte e ben in forma per svolgere il loro compito”. Sapete come si dice, no? Una risata salverà il mondo. 

    Alex e Bebe, dunque, grazie a voi e a tutti gli invisibili che vi stanno alle spalle come un stupendo coro greco per raccontare e cantare le storie vere di veri eroi. Grazie di esistere. Insieme agli angeli che, dopo la caduta, vi sono stati vicini e vi hanno sostenuti.

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