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  • Bologna per sempre:|Di Vaio altri sei anni

    Bologna per sempre:|Di Vaio altri sei anni

    BIGAMO. Già sposato e pure con due figlie, Di Vaio è stato fidanzato con Bologna per tre anni. Rapporto perfetto. Passione, intesa, attenzione, colpi di scena e gioie improvvise. Anche i diamanti le ha regalato, perché tali sono i due gol segnati alla Juve. Tre anni: il tempo che serve a conoscersi bene, a riflettere e ad aspettare la botta di razionalità che ti aiuta a pesare anche i contro. Tre anni e neppure un dubbio. Ieri Di Vaio ha detto il suo secondo sì. E di bello c’è che Malisa (la vera moglie) è contenta. E Sara e Sofia, le due bambine, fanno le damigelle d’onore a questa cerimonia.

    I matrimoni, soprattutto quelli fra gente famosa, sono molto simili ai contratti. Ecco quello che accompagnerà presto Di Vaio nella sua scelta: due anni da giocatore, e questo si sapeva. Dopo 54 gol in campionato, era il minimo sindacale. Si sapeva pure che Di Vaio avrebbe accettato con piacere una proposta decente per gli anni a venire. Il Bologna gliel’ha fatta: quattro anni da dirigente, quando avrà finito di fare gol.
     

    IN TUTTO, sono sei anni. L’accordo è raggiunto, si può dire blindato. Ieri mattina lo sposo e il suo testimone Federico Pastorello sono andati in sede, per la cerimonia laica. Strette di mano e bozza d’accordo nel cassetto di Stefano Perdrelli. Soldi meno di prima, però. Via 200mila euro dal vecchio stipendio: succede che in tempi di magra il capitano debba dare l’esempio. Le firme non ci sono ancora, ma è solo una questione di buon gusto. Prima deve rinnovare il contratto Malesani e, a seguire, tutti gli altri.

    La vita della famiglia Di Vaio è qui, sotto i nostri portici. Lo hanno capito anche i nonni che Marco e Malisa non si spostano più. E ora, se vogliono spupazzarsi le nipotine, fanno i pendolari.
    Lui romano, lei di Latina. Erano a Genova prima. Bel posto, ma sorrisi pochi. Colpa di Gasperini, l’allenatore di quei giorni: bravo, bravissimo, ma aveva stabilito che Di Vaio fosse più esterno di centrocampo che attaccante. A Gasperini che non ci ha capito una mazza vada lo stesso sentito grazie che i bolognesi hanno riservato all’altro genoano Milito, quello che segnò al Torino (3 a 4) il gol della prima salvezza rossoblù, targata Menarini.
     

    MARCO e Malisa sbarcarono a Bologna in un giorno caldo di agosto, portandosi appresso i loro punti interrogativi. Che ne sarà di noi? Niente di grave, ragazzi: se non trovate qui la terra promessa, non vi aspetta mica la Caienna, al massimo la Cayenne: ci saltate sopra e tornate a Roma. C’è di peggio. Ma il destino non complottava.
    Bologna, un colpetto di fulmine. Lui lo ha confessato a lei. E lei, brava moglie, cosa poteva rispondere: se Bologna ti fa felice, io sono felice per te. Sembrano appunti per i versi di Neruda, ma è solo una bella storia di calcio. Di Vaio questa proposta di piantare radici a Bologna e di questa città diventare «cittadino onorario» se l’è cercata, se l’è guadagnata. Non solo e non tanto con i gol. Più che altro con l’atteggiamento, con la faccia che sprigionava il piacere di esserci, con la curiosità di chi vuole conoscere, capire, entrare nel tessuto sociale della città. Di Vaio è affamato di bolognesità: ne vuole conoscere i ritmi, ascoltare i battiti, identificare i covi senza mettere il nome sul navigatore. Baggio se ne stava alla Meridiana, perché gli faceva paura la ressa, temeva di rimanere soffocato dalla sua stessa popolarità. Di Vaio vive in centro, va all’uscita dell’asilo a giocare con le bambine e a fare due chiacchiere di calcio con gli altri papà che offrono alle mogli un turno di riposo. C’era da scommeterci, visto che a indicargli la via è stato un altro che a Bologna ha trovato un equilibrio e una dimensione adulta e che la casa ce l’ha incastonata fra i tetti del centro: un certo Beppe Signori, un altro capitano della porta accanto, un altro che dovendo scegliere fra lustrini e tagliatelle al ragù, di dubbi ne ha avuti pochi.

    Due chiacchiere al telefono, ieri verso sera. Marco, contento? «E’ molto bello da vivere e molto semplice da spiegare: sto per coronare il mio sogno». Di bello c’è che anche Bologna sperava la stessa cosa.
     


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