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  • Bucciantini: italiane d'Europa...League, e' il momento di tornare padroni

    Bucciantini: italiane d'Europa...League, e' il momento di tornare padroni

    Non siamo noi i padroni della festa, per dirla come una canzone che gira per le radio: e il tetto delle nostre aspettative non è mai stato così basso. Ma è un tetto conquistabile, è un buonissimo punto di partenza, è l’Europa League, da subito indicata come la nostra frontiera perché il terreno perduto va riguadagnato poco a poco, e un passo alla volta si scalano le montagne, si accorciano le distanze.

    Inter, Napoli, Fiorentina, Roma, e anche il Torino: c’è molta storia, c’è tantissimo calcio italiano in quei sedicesimi di finale.

    La concorrenza è buona, non impossibile, non ci sono partite già perse (forse non esistono, in generale). Il calcio tedesco (il migliore in circolazione) è rappresentato da Borussia Monchengladbach e soprattutto dal Wolfsburg, che per chi scrive è l’avversario più pericoloso per il prossimo turno, partirà anche dalla seconda fascia, e dunque può finire in dote alle nostre tre teste di serie. In Bundesliga il Wolfsburg è secondo, la classifica è ormai assestata e realistica, anche il Borussia Monchengladbach è in zona europea, vanto invece distante dalla realtà di Liverpool, Everton e Tottenham, le tre squadre inglesi del mazzo, che sembrano involute nei pregi e in un momento “storico” di transizione, o di rivoluzione mai compiuta (il Tottenham, che sembra aver perso la ventata buona, un paio di anni fa). Le spagnole sono di lotta più che di classe, anche se incute un certo timore la specializzazione del Siviglia, che ha trovato casa in questa coppa. Poi c’è un po’ di nobiltà non tutta dell’antico lignaggio, ma nomi buoni per tessere sfide in grado di elevare l’interesse per un torneo che l’altra sera ha portato allo stadio 5 mila paganti, che tristezza. Ecco dunque Celtic, Ajax, Psv, Feyenoord, Anderlecht…: frequentano queste partite da sempre, e sanno giocarle. Il resto è comunque discreto, la trasferta in Grecia sarebbe comunque probante (l’Olympacos ad Atene ha pur sempre battuto Atletico e Juventus).

    È questa la nostra coppa. Quell’altra, la Champions, non può appartenerci (ma a settembre pronosticammo la Juventus in semifinale, per gioco, per stima di Allegri, perché sulle carenze europee dei bianconeri si è scritto troppo, in modo più suggestivo che onesto). Il sorteggio sarà decisivo per tirare la riga nell’orizzonte juventino, ma solo il Bayern è impossibile, il Real che lo scorso anno vinse il trofeo, con la Juventus fece in totale 4-3, ed è comunque una partita tatticamente (e teoricamente) più accessibile, anche se ovviamente contro pronostico.

    L’Europa League, allora, dove le regole obbligano perfino a vedere qualcosa del lavoro fatto in casa, Bonazzoli nell’Inter, Minelli nella Fiorentina, per fortuna ci sono le regole, anche le più ottuse, anche le più autarchiche, in un mondo fieramente ampio. Perché al netto di questo morso di settimana, se uno dovesse valutare il lavoro dei dirigenti in sede di mercato estivo, dovrebbe chiedere il conto dei danni: Iturbe, una cosuccia da quasi 30 milioni (e per restare alla Roma anche quella teoria di terzini sinistri, tre arrivati, Holebas, Cole, Emanuelson, nessuno su cui puntare ad occhi chiusi, ed un gruppo di giovanotti ancora all’asciutto di minuti, ma costati mica poco), e Badelj e Richards nella Fiorentina, che aspetta Marin ma che intanto ha capito di aver cercato per quattro mesi un centrocampista centrale e di aver comprato nelle ultime ore dell’ultimo giorno un mediano improponibile, pensatore di un calcio banale, praticato male e lentamente. E anche nell’Inter e nel Napoli: niente di importante dai nuovi acquisti, niente per aiutare a fare il salto di qualità. Niente.

    Ma questo è un pezzo d’augurio, tanto i soldi non ci sono e nel mercato di gennaio non si possono fare errori. E magari si può rovistare in casa, trovare nel baule quel po’ di voglia e di tecnica e di coraggio per riprendersi una coppa che fu nostra, che abbiamo perso ma che dobbiamo ritrovare, per forza, e che possiamo anche vincere perché Roma, Napoli, Fiorentina e Inter sono lì, sono le migliori, senza inutile superbia, senza niente di scontato, con molte delusioni da rimarginare. E con una strada da battere per infondere valore, per connotare di nuova forza gruppi in bilico fra grandezza e vacuità. Dopo quattro mesi di stagione, quella strada è chiara, anche per chi ha provato a camminare altrove, è l’Europa League, è quella la festa dove tornare a fare i padroni.

    Marco Bucciantini


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