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  • Conte, Ranieri, Mazzarri & co: stile e scelte degli allenatori all'estero

    Conte, Ranieri, Mazzarri & co: stile e scelte degli allenatori all'estero

    • Matteo Quaglini
    Italiani e cittadini del mondo, allenatori. Costruiscono squadre a chilometri di distanza da casa. Londra, Monaco di Baviera, Birmingham, Swansea e Wolverhampton. Quali le prime tattiche? Le poche partite che si sono giocate fin qui permettono un primo viaggio sull’andamento tecnico degli allenatori italiani nel continente europeo del Dio pallone.

    Le costruzioni delle squadre sono diverse e per questo interessanti. Un primo dato emerge: tutti hanno mantenuto la loro filosofia nell’interpretare il ruolo. C’è chi come Conte vive con trepidazione e gestualità ogni azione affascinando già i tabloid della finta compostezza britannica; chi con aplomb emotivo studia strategie sulla riga laterale, come Ranieri

    C’è anche chi ha ripreso gusto ad allenare (Guidolin) e chi ancora non ha ritrovato l’entusiasmo di napoletane avventure che furono, quasi che senza Cavani e “mare chiaro” Hamsik ma con ricordi di contraddizioni nerazzurre ben vivide nella mente proprio non riesca a ritrovarsi, vedi Mazzarri.

    Un’analisi degli allenatori deve considerare l’interpretazione che questi danno del ruolo, perché è un tratto fondamentale per capire le loro scelte, le variazioni, le strategie a breve e lungo termine. Così è importante vedere Ancelotti serafico sulla panchina della squadra più famosa di Germania, quasi come se tutto prima o poi dovesse passare per le sue mani e tutto dovesse essere visto e diretto dai suoi occhi, quegli stessi occhi che già hanno intuito chi sarà con lui nella vita al primo sguardo, un tratto che hanno innato in loro solo i grandissimi.

    In questo viaggio tra gli allenatori italiani in Europa, l’altro dato è quello tecnico-tattico. Vediamo le idee che stanno iniziando a portare avanti. Il primo della nostra carrellata è Conte. Tre partite e tre vittorie in Premier. Certo non contro il gotha del football di sua Maestà (l’avversario è, però sempre un punto di riferimento importantissimo qualsiasi esso sia) ma iniziare bene è importante per entrare subito in modo empatico in contatto con un ambiente depresso dal grigiore apatico. 

    Le mosse principali di Conte fin qui sono state quattro: l’uso radicale degli esterni d’attacco e di conseguenza i cambi calibrati (seconda mossa) in questo settore del campo in tutte e tre le partite di campionato con il passaggio al 4-2-4 per forzare, nel finale, in uno scontro diretto attacco contro difesa, il fortino avversario. Giocano tutti, dai titolarissimi Hazard e Willian ai sostituti Moses e Pedro e con questa variazione sommata al doppio centravanti ha vinto contro il West Ham, in rimonta con il Watford e ha segnato 4 goal nei finali di gara. 

    La terza mossa è il doppio ruolo dei centrocampisti, chiamati, a essere polivalenti nella tattica individuale: Kanté mediano centrale in un centrocampo a tre e poi mediano a tutto campo in un centrocampo a due; Matic mezzala e non più centrale con la possibilità di salire leggendo il gioco anche in avanti e però con l’obbligo di coprire sempre sia al centro sia le zone laterali. 
    In questa scacchiera ha disciplinato anche Oscar fino a ieri trequartista e oggi mezzala di destra con due compiti, inserirsi e contrastare a centrocampo.
    L’ultima mossa è la difesa a quattro che ha intelligentemente mantenuto in una squadra bisognosa di certezze già conclamate ma che ancora presenta sbavature e non sempre posizionamenti impenetrabili, qui ci vorrà un lavoro super e manicale.

    Se Conte ha già chiara la situazione e i suoi giocatori lo seguono, architrave questa imprescindibile affinché una costruzione di squadra sviluppi tutti i suoi tratti; per Mazzarri la costruzione si sta rivelando più complessa delle altre volte. Il suo piano emotivo un po’ dimesso non l’aiuta. L’idea è sempre quella 3-5-2 (l’unico a tre in Inghilterra) ma mancano le chiusure cioè i collegamenti perché una squadra sia definita. Per un’ora contro il Chelsea, il Watford ha giocato bene in difesa coprendo gli spazi e poi tentando il contropiede, poi dopo l’1-0 è scomparso tutto quasi bastasse aver fatto il tentativo e non invece provando a definirlo a pieno. 

    La struttura della sua squadra oltre che su tre difensori di pura marcatura è incentrata sugli esterni Amrabat e Holebas a sinistra, su Behrami mediano centrale (ma ieri ha giocato Capoue in quel ruolo) e sul duo Ighalo e Deeney in attacco. C’è poca aggressione dei tempi di Napoli, di conseguenza i tiri in porta sono pochi, solo 9 in tre partite e con più compiti scolastici anche la difesa soffre con 6 goal subiti. Questo è il riflesso di quest’ultimo Mazzarri, nervoso e scostante.

    Ieri Leicester-Swansea ha detto alcune cose interessanti per analizzare le costruzioni di Ranieri e Guidolin. L’allenatore campione d’Inghilterra ha mantenuto il 4-4-2 del titolo, linee strette, grande lavoro sugli esterni, anche se Mahrez per ora è un po’ fuori dal gioco, e lancio verticale su Vardy a tagliare le linee avversarie. Costruzione essenziale ed efficacissima. Il punto interessante è capire chi sarà il sostituto di Kanté. Importante perché dalla zona centrale il Leicester lavora alla riconquista della palla e perché dalla solidità di quel reparto dipende l’aiuto alla difesa. 

    La squadra ha subito, supercoppa compresa, 5 gol di questi 3 arrivano centralmente. Quindi la domanda è, chi sceglierà Ranieri come schermo? Finora tre partite tre nomi: King, Mendy, Amertey. Da qui dipende la solidità della squadra. 

    Lo Swansea di Guidolin parte da una duplice idea stringere o allargare il centrocampo. Quindi due o tre centrocampisti centrali. Su questa alternanza si gioca la sua costruzione. Nelle ultime due gare, Guidolin ha scelto la seconda struttura ma per ora questo sistema non l’ha ripagato, due sconfitte e 4 goal subiti. Le caratteristiche della squadra sembrano adattarvisi e, soprattutto la posizione da trequartista dietro Llorente di Sigurdsson con gli inserimenti di Fer (ha già segnato 2 goal) la sostengono con i movimenti individuali, ma il calcio ha due fasi e probabilmente in quella di non possesso serve un uomo in più in mezzo a protezione della difesa come col Burnley (zero reti subite). Sceglierà l’equilibrio o il gioco diretto, l’ex demiurgo dell’Udinese? Ci potrebbe essere anche un sistema misto tra le due idee, uno usato in casa e uno fuori. 

    La nostra attenzione è per la grande Premier Sacro Graal di tutti i campionati del globo, ma due coach italiani stanno giocando in Championship, Di Matteo e Walter Zenga. Quali sono dopo cinque turni le loro prime costruzioni nella Championship più storica di sempre?

    Tra squadre campioni d’Inghilterra (11), tra l’Huddersfield Town prima squadra culto del calcio britannico (anni’20) e tra 3 finaliste di Coppa Campioni con due campioni d’Europa, Zenga ha scelto per i suoi mitici Wolves una struttura fisica e ritmica. Il 4-3-3 di base si sviluppa su quest’asse centrale: Ikeme in porta, i difensori Batth (capitano, 1,91cm e 1 goal), Doherty (1 goal), il centrale di centrocampo Evans (22 anni gallese 1,85cm) e l’attaccante, l’islandese Bodvarsson (1,90cm e 2 goal). Fisico strutturato, forza e capacità di segnare i tratti della costruzione dell’uomo ragno. Finora 5 partite, 2 vittorie, 2 pareggi e ieri una sconfitta lì a Huddersfield dove il calcio inglese si emancipò.

    L’Aston Villa ha chiesto a Di Matteo di ricostruire una squadra da Premier. E lui ha puntato forte su un sistema classico 4-4-2 con i canoni del calcio tattico che lo caratterizzarono a Londra e con 9 uomini cardine. L’asse centrale ci sembra la sua costruzione più interessante fin qui: un portiere giovane ma reattivo, l’italiano Gollini, un difensore centrale Elphick che sa segnare(15 reti in carriera e 5 di testa) un mediano da calcio inglese Westwood e un centravanti, lo scozzese Mc Cormack che può ricoprire tutti i ruoli d’attacco e segnare 146 goal in 424 partite, ma anche partecipare al gioco 69 assist in carriera con squadre minori ma anche con costruzioni leggendarie un po’ decadute, Leeds, Fulham e Rangers.

    L’allenatore campione d’Europa 2012 ha anche Cissokho, Lescott e Jedinak per dare esperienza. Per ora il mix tra esperti e nuovi acquisti non riesce e non è molto preso in considerazione da Di Matteo ma forse è la costruzione giusta per invertire il trend dell’unica vittoria in 5 partite.

    I grandi occhi, la straordinaria competenza, dedicare poche righe a Carlo Ancelotti è poco ma anche così tentiamo di raccontarne la grandezza da allenatore, con la sintesi. Re Carlo ha giocato sinora due partite, due vittorie e 8 goal fatti a fronte di zero subiti. Le sue prime mosse sono state queste: Vidal in posizione più avanzata con partenza da mezzala arretrata come ai tempi italiani, l’introduzione per ora blanda ma costante di una palla lunga e precisa e cambi di gioco, la capacità di saper soffrire anche giocando male (Dortmund) e i primi ruoli specializzati: Lahm e Alaba terzini e non tuttocampisti, le mezzali più avanzate e Muller largo a destra.
    La squadra ha ancora importanti riflessi guardioliani: 69% possesso palla (1° giornata), 23 tiri di cui 13 nello specchio, 6 goal di cui cinque in area (si entra con il pallone in porta), ma Ancelotti sta iniziando a costruire il suo sistema misto teso tra efficienza ed emozione. La stessa che Carmelo Bene da regista indicava al Carmelo Bene attore come fonte imprescindibile dell’interpretazione di un ruolo. In fondo l’allenatore è anche un grande attore d’emozioni e costruzioni appunto. Sue e altrui.

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