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  • Così la Roma rifilò al Rayo e a Juande Ramos il 'pacco' Bartelt

    Così la Roma rifilò al Rayo e a Juande Ramos il 'pacco' Bartelt

    • Bernardo Brovarone
    Eravamo seduti a un tavolo in un ufficio legale di Madrid, in Calle Velazquez 23,  ero arrivato da un paio di mesi, e con me c’era Franco Baldini, allora agente e consulente del presidente della Roma, Francesco Sensi. Mi chiamò una mattina Josè Molina, un avvocato molto conosciuto e capace, un angelo di uomo, il più dolce e più buono che abbia mai conosciuto, purtroppo oggi non c’è più, ma la nostra fu un’amicizia e una partnership professionale che resterà sempre profondamente nel mio cuore. Volevano invitare la Roma a un torneo estivo a La Coruna, molto famoso in Spagna, e decidemmo di riunirci per parlarne. Nacque quella mattina d’estate il mio rapporto con Jose’…

    Io ero alle prime armi, avevo deciso di fare questo passo andando a vivere a Madrid, convinto da Franco che aveva bisogno di un uomo di fiducia sul territorio, e non mi feci sfuggire l’opportunità. Josè aveva un forte legame con un dirigente del Rayo Vallecano, terza squadra di Madrid, allora in Liga, certo Felix Uceda, un uomo di una personalità e un’esuberanza imbarazzante, un generale, un comandante autentico di battaglione. Il Rayo era come una famiglia, lui il capo, era un mezzo miracolo sportivo, disponibilità limitate ma competenze altissime. Decido di provare a dargli una mano, supportato un po’ dalla Roma che ci avrebbe potuto aiutare con qualche esubero in uscita e un po’ attraverso i miei contatti, la mia cerchia, il mio giro. Cercavano una seconda punta rapida di appoggio al delantero, uno sgusciante, agile, tecnico che segnasse gol. Su quella operazione Felix mi dice che può fare uno sforzo economico  maggiore e pagare uno stipendio anche più sostanzioso, non da Rayo, ma il tecnico ha bisogno di coprire quel ruolo con un giocatore affidabile. La Roma aveva in uscita un argentino arrivato dal Lanus, pagato pure un mezzo sproposito, che in Italia ricordano i tifosi della Fiorentina per un gol all’Olimpico subito a fine gara e non certo i tifosi della Roma per una traccia praticamente inesistente lasciata in maglia giallorossa. Certo Gustavo Bartelt (foto da www.youtube.com). La mia fortuna fu che Felix Uceda in un viaggio esplorativo in Argentina vide questo ragazzo giocare un mezzo partitone con il Lanus, e ne aveva un buonissimo ricordo. Decidemmo di parlarne, la Roma ci venne incontro concedendoci il prestito e partecipando pure al pagamento di una parte dell’ingaggio, per il Rayo era pure un’opportunità aprire un canale preferenziale con un club importante italiano, andammo avanti con la trattativa.

    Il più scettico era l’allenatore, una persona molto seria e professionale, mi ricordava Claudio Ranieri nei modi, nella pignoleria, nella metodologia, nei rapporti con i ragazzi… Juande Ramos, tecnico che poi negli anni ha raccolto successi e soddisfazioni a nastro, certamente sudati, lottati e strameritati. Feci un lavoro ai fianchi di Juande che nemmeno Sugar Leonard sui ring di Las Vegas, duro durissimo da mettere ko, ma con il supporto del direttore e del mio fidato Josè - oltre che chiaramente di Franco - riuscimmo a convincere il mister e chiudere l’operazione. Andammo all’Hotel Cicerone a Roma, proprietà del Presidente Sensi, eravamo una quantità di persone inverosimile, Franco, il Presidente, Dario Canovi agente per l’Italia, Jorge Cyterszpiller, primo storico agente di Diego Armando Maradona, rappresentante del giocatore,due suoi collaboratori legali, Felix Uceda Direttore Generale del Rayo, Josè Molina e il sottoscritto. Non fu proprio tutto così facile ma chiudemmo l’operazione e ripartimmo felici per Madrid. Quel brindisi di champagne sull’aereo di ritorno al tramonto non lo dimenticherò mai.

    La mattina dopo andiamo a pranzo io Felix, Josè, Jorge e un suo collaboratore fiscale a definire alcuni dettagli inerenti alla posizione del giocatore. Jorge era un uomo fisicamente molto pesante, sovrappeso clamorosamente, in quel momento sotto dieta rigidissima. Mi raccontava a tavola che aveva già perso trenta chili negli ultimi mesi, e la cosa che mi sconvolse era il metodo usato per dimagrire. Lui si nutriva esclusivamente a Coca Cola light…..il cameriere arrivava con due bottigliette in vetro, gli riempiva la coppa da vino, e ritornava quando Jorge le aveva terminate per riempire nuovamente il bicchiere. Cose dell’altro mondo. Aveva un viso fra il verde e il trasparente, era cianotico, gli dicevo cazzo Jorge mangia uno gnocco al ragù, uno solo, e lui neanche mi degnava di uno sguardo. Ma i suoi racconti calcistici e professionali erano una pellicola infinita di aneddoti meravigliosi, affascinanti, storia autentica raccontata da un uomo potente e pure simpatico, e poi era argentino.

    Io e il direttore andiamo a fumarci una sigaretta fuori dal ristorante e Felix si raccomanda con me di far capire al giocatore lo spirito vero del club, di non arrivare con la Ferrari, di non prendere appartamenti da 30mila euro al mese, di non arrivare al campo ricoperto di griffe, di cercare intelligentemente di integrarsi in un contesto differente, nella famiglia del Rayo, che può offrire al ragazzo la possibilità di riscattarsi e comunque di giocare la Liga a livelli importanti. La frase storica che sempre ripetevo a Felix era : ” Director, no te preoccupe…”. E la risposta più bella del mondo di Felix era sempre : ”Oje Bernardo mira, jo no me preocupo, jo me ocupo, que es differente….” Meravigliosa…

    Rientro in Italia per le vacanze e il Rayo debutta a Las Palmas contro la formazione Canaria per la prima uscita in Copa de Espana. Verso il pomeriggio mi suona il telefono, era il direttore, che con il suo vocione inconfondibile mi urla nelle orecchie: ”Bernardo noi siamo all’aeroporto di Madrid che stiamo partendo per Las Palmas, io ho venticinque ragazzi con me, tutti in tenuta ufficiale del Rayo Vallecano, con le borse del club, puliti freschi e motivati, e ho qui vicino a me una testaccia di cazzo argentina vestito Gucci da capo a piedi, con una valigia di Luis Vuitton, un berretto da baseball americano, occhiali da sole improponibili, totalmente isolato dai compagni, che fa il fenomeno pensando di essere Dio sceso in terra e sembra lo scemo del villaggio. Occhio perché si parte male, pensaci tu, siamo subito fuori strada…”. E la risposta mia chiaramente fu: ” Felix no te preocupe, hablo jo con el chico, te llamo despues del partido esta noche ” .

    La tiro corta, Gustavo non cambiò di una virgola, giocò in tutto l’anno dodici gare, forse una o due titolare, marcò in tutta la stagione un solo gol, il club  buttò al vento un sacco di soldi per lui, e io certamente non feci una bellissima figura. Il Rayo fortunatamente si salvò, Jorge nel frattempo dimagrì di un’altra ventina di chili, Gustavo si comprò una Porsche e svuotò tre-quattro vetrine intere di lusso a Madrid, Josè si divertiva a giocare a carte con i fedelissimi storici tifosi del Real Madrid nella caffetteria della Puerta 29 dello stadio Bernabeu, io e Felix ci scannavamo al telefono e in sede al Rayo alla ricerca di una nuova possibilità da sfruttare, che naturalmente arrivò, con Ivan Tomic della Roma, che fece ancora più schifo di Gustavo, ma almeno sapeva stare al mondo... a quel mondo del Rayo… a quel mondo di Felix… gracias Director….e no te preocupe mas…
     

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