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  • Crotonemania: il 'gallo' canta ma si continua a dormire

    Crotonemania: il 'gallo' canta ma si continua a dormire

    • Michele Santoro
    Le partite durano 90 minuti, dicevano. Beh, concetto che ai giocatori del Crotone molto probabilmente non è entrato ancora in testa. Quella col Torino è la decima sconfitta in campionato, la quinta maturata nei 10 minuti finali. Un male diventato ormai cronico per la squadra di Nicola che se avesse chiuso questi match all’80° ora potrebbe vantare una classifica di tutto rispetto. La logica purtroppo non può essere sovvertita ed il rammarico per aver perso l’ennesima occasione di rosicchiare punti ad Empoli, Palermo e Pescara è molto forte. Calo di tensione, paura del risultato, eccesso di sicurezza, chiamatelo come volete ma sta di fatto che la parte finale di una gara controllata in scioltezza e nella quale gli “squali” avevano creato le occasioni migliori non fa contare, ancora una volta, punti. Cosa possiamo dire agli undici in campo? Alcune cose sicuramente. Difesa da applausi fino al primo gol granata (in fuorigioco) ma troppo leggera sull’azione del secondo; centrocampo efficace per buona parte della contesa grazie anche alla crescita esponenziale di Capezzi e Barberis, sempre più a loro agio nel contesto della massima serie; attacco ancora una volta rimandato: le cose sono andate meglio rispetto agli zero tiri in porta contro l’Inter, ma le azioni sciupate da Trotta hanno del clamoroso. Con Palladino che continua a girare a vuoto la vita lì davanti si complica anche per Falcinelli, di cui ieri si avvertiva a malapena la presenza; poi, con un Simy più impegnato a portare a termine la sua personalissima Mannequin Challenge che a cercare di impensierire la difesa del Torino si capisce del perché del terzultimo attacco della A.

    Attenzione però, non è oro tutto ciò che luccica. I piemontesi hanno sfornato una delle loro peggiori prestazioni e, malgrado questo, appena hanno deciso di giocare hanno fatto loro la posta in palio. Merito degli avversari se la squadra di Mihajlovic non ha espresso il solito gioco spumeggiante ma quando Ljajic, ieri più svogliato di un bambino che deve svegliarsi per andare a scuola, ha deciso di mettere Belotti davanti alla porta lo ha fatto in piena tranquillità. Che piaccia o meno la verità è questa: i rossoblù possono impegnarsi fino allo stremo ma alla fine il maggiore tasso tecnico degli altri prevale. E’ successo a Milano, è successo a Reggio Emilia col Sassuolo e succederà ancora; l’importante è uscire dal campo con la maglia sudata e con la contezza di aver dato tutto, consapevoli che l’ultimo posto in classifica è anche “merito” di una società che continua a non prendere l’unica scelta in grado di rivitalizzare l’ambiente: cambiare guida tecnica. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. 
     

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