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  • Crotonemania: la nuova tela dell'Uomo Ragno

    Crotonemania: la nuova tela dell'Uomo Ragno

    • Michele Santoro
    BUONA LA PRIMA. Sì, quello contro il Chievo per me è e rimarrà l’esordio di Zenga sulla panchina pitagorica. Non dimentico chiaramente il k.o. di Reggio Emilia col Sassuolo ma dopo appena due allenamenti, e lo stato psicologico seguito allo shock per l’inatteso addio di Nicola, non ci si poteva certo aspettare di andare a punti. Quella appena passata è stata la prima vera settimana di lavoro per il nuovo tecnico e la sua mano già si vede. Centrocampo a tre in cui Rohden è finalmente tornato a fare la mezz’ala, con benefici tangibili sia per la manovra offensiva, quando si butta nello spazio, sia per quella di interdizione quando c’è da coprire e randellare; bene anche Mandragora (nessuna novità), recordman in A per intercetti, e Barberis, regista davanti alla difesa ma con licenza di inserirsi. Su Andrea una piccolissima postilla personale: i tempi di inserimento sono straordinariamente azzeccati, ma andrebbe affinata un po’ la mira sotto porta. Anche l’attacco rossoblù ha mutato fisionomia rispetto all’era Nicola. Il reparto non può prescindere da Budimir, così maledettamente sciupone ma poi risolutivo; con Trotta, invece, Zenga è stato chiaro: «Non vogliamo rinunciarci e così lo metto esterno nel tridente», tradotto, sudore, lacrime e sangue per il povero Marcello, con buona pace della sua fame di gol. Il giovamento più palpabile sembra averlo avuto Stoian, che nel vecchio 4-4-2, oltre a inventare e creare superiorità numerica, doveva anche recuperare e raddoppiare in difesa; nel nuovo sistema tattico ha le spalle più coperte e può dare il libero sfogo al suo genio. Quando poi imparerà a essere più continuo nell’arco di tutti 90’, l’evoluzione sarà completa.

    COME A CATANIA. Dopo tanto tempo, dunque, ci siamo divertiti, rischiando il giusto. Dopo le ultime brutte figure con Genoa e Udinese lo Scida è tonato ha essere la solida pietra su cui edificare la salvezza e giocare a calcio. Esatto, ieri, finalmente, gli squali hanno giocato a calcio: briosi, sciolti, senza timore di sbagliare la giocata. Un po’ come quel Catania che Zenga allenò e traghettò tranquillamente alla salvezza tra il 2007 e il 2009: un progetto tecnico affascinante, contraddistinto dai colpi di Beppe Mascara e del malaka Martinez, dalle reti di Spinesi e Morimoto e dalla solidità difensiva di un giovane Matìas Silvestre. Di quegli anni ricordiamo anche le innovazioni, firmate Gianni Vio, su palle inattive: la doppia barriera in fuori gioco, con annesso pantaloncino abbassato a lasciar scoperto il posteriore di Plasmati per distrarre Sereni, allora portiere del Torino, passò alla storia per originalità ed efficacia, visto che in quell’occasione il Catania segnò. E proprio di questo c’è bisogno a Crotone: sperimentazione e audacia. Mantenere la categoria provando a fare qualcosa di diverso rispetto agli altri e rispetto al passato. Del trip emotivo “nicoliano” ormai non resta che qualche svogliata carezza.
     

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