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Dall'inutilità della Lega al cinismo dei club: i chiarimenti sul caso plusvalenze

Dall'inutilità della Lega al cinismo dei club: i chiarimenti sul caso plusvalenze

  • Pippo Russo
La vicenda delle allegre plusvalenze incrociate nella cessione dei diritti pluriennali di calciatori, svelata per la prima volta tre mesi fa da Calciomercato.com e poi ripresa e divulgata con gran clamore da Striscia la Notizia grazie ai servizi di Moreno Morello, è prossima a avere delle conseguenze. La Procura Federale della Figc ha aperto un'inchiesta che sarebbe vicina alla conclusione della fase istruttoria, e che viste le successive rivelazioni giornalistiche potrebbe allargarsi ai casi ulteriori. Rimaniamo in attesa, ma auspichiamo pure che la vicenda esca dal mondo del calcio e approdi presso i fori dovuti. Ma in questa fase, che ha già fatto segnare enormi passi avanti nella ricerca della verità, è il caso di porre alcuni punti fermi e spiegare aspetti controversi. Tanto più che in troppi cercano di sminuire la portata della vicenda, usando argomenti che oscillano fra il cinismo e il tartufismo. E allora facciamo chiarezza una volta per tutte, fissando quattro punti chiari della vicenda.

Punto primo: Stop ai Cinici di Professione – Quando emergono vicende caratteristiche di un malcostume diffuso, come quella delle allegre plusvalenze incrociate, prendono immediatamente la parola i Cinici di Professione (da qui in poi CdP). Quelli che la sanno sempre lunga, che hanno almeno un dito di pelo sullo stomaco più degli altri, che per scafatezza capeggiano le classifiche mondiali, che sono pronti a cantarla in opera rock alle anime candide e agli ingenui cascati dal pero. Di volta in volta costoro vi diranno che "avete scoperto l'acqua calda", che "dite le cose che tutti sanno e tutti fanno", che "se n'era già parlato a inizio Duemila e voi ci arrivate adesso", e che "queste son cose da lasciare agli specialisti e invece voi dovreste occuparvi solo di pallone". Che dire? Sono sempre confortato dallo scoprire che questo paese pulluli di profondi conoscitori di Mappe delle Acque Calde, o di Depositari delle Verità a Tutti Note, o di Amministratori del Giusto Tempo d'Intervento, o di Monodimensionali del Pallone. E però a costoro rispondo che se l'acqua calda continua a dilagare, e a rendere marcio tutto ciò che impatta, forse bisogna fare qualcosa più che limitarsi a conoscerne l'esistenza. E che "le cose che tutti sanno e tutti fanno" non diventano accettabili solo perché "tutti le sanno e tutti le fanno". Possiamo accettare che si continui a pagare il pizzo in certe zone del Paese solo perché "tutti lo sanno e tutti lo fanno"? O che persistano alti tassi di corruzione politica perché "tanto lo sanni tutti che è sempre stato così"? Quanto al fatto che di vicende del genere si parlasse quasi vent'anni fa, questa sarebbe un'aggravante e non certo un'attenuante. Dovrebbe essere motivo d'indignazione doppia perché la piaga persiste, e invece si pretende di dimezzarla perché "son mica cose nuove". Infine, l'invito a occuparsi solo di "cose di pallone" lo rispedisco al mittente. Siano coloro che lanciano l'invito, a occuparsi soltanto di cose di pallone. E in generale, chiedo a CdP d'usare un ulteriore grado di cinismo e snobbare gli articoli su questo tema. Tanto loro sanno già tutto e tutto hanno già previsto. E allora perché mai insistono a perderci tempo?

Punto secondo: Rimarcare l'inutilità dei controlli esistenti – Una frase continua a fare da sfondo alle vicende come quelle che vengono raccontate a proposito di allegre plusvalenze incrociate: "Mai più Casi Parma". La pronunciò l'allora presidente federale Carlo Tavecchio. E con ciò intendeva dire che, dopo il disastro che schiantò la società guidata dal duo Ghirardi-Leonardi, i controlli federali sulla situazione economico-finanziaria dei club sarebbero stati più stringenti. Sappiamo come è andata. Soltanto in questa stagione abbiamo avuto un Caso Modena, un Caso Vicenza e un Caso Arezzo. Inoltre, dagli articoli fin qui pubblicati scopriamo che molti altri casi sono lì pronti a esplodere. E allora a cosa servono i controlli federali? A cosa serve la Covisoc, se si limita a constatare la correttezza formale dei bilanci? A cosa servono le Leghe di A e B, se non verificano l'effettivo contenuto dei contratti di trasferimento dei calciatori e l'effettivo flusso finanziario fra i club? Risposta: non servono a nulla. Fischiettano col manganello alla cintura mentre tutt'intorno ingrassa il Far West.

Punto terzo: Fare delle oggettive valutazioni si può – Sono molti gli argomenti tecnicistici che vengono mobilitati per sminuire la portata di questa inchiesta giornalistica. C'è chi nello spazio dei commenti s'improvvisa esperto, e prende a sdottorare su "riclassificazione del bilancio" e "differenza tra fatturato e valore della produzione". Spaccano il capello in 25 invece di affrontare il problema. Ma l'argomento più insidioso è quello che pure ha una qualche legittimità. Esso sostiene che le due società di calcio impegnate in una trattativa siano pienamente libere di dare al calciatore il valore di mercato che credono. Se una società chiede tot, e trova un'altra società disposta a pagare quel tot, non ci può essere nulla da eccepire: si tratta di una transazione che avviene secondo le più elementari regole del libero mercato. A corollario di questo ragionamento c'è che poi un calciatore, alla prova dei fatti, può dimostrarsi non all'altezza della valutazione data, ma anche ciò rientra nella norma e fa parte dei rischi cui si espone chi fa calcio e calciomercato. Ergo, in assenza di un meccanismo che stabilisca parametri oggettivi per la valutazione dei diritti pluriennali dei calciatori, nessuna accusa può essere mossa su questo versante. E ciò farebbe cadere ogni tesi sull'esistenza di plusvalenze gonfiate. A questa tesi così strutturata bisogna rispondere in modo articolato. Innanzitutto, va riconosciuto che è corretto sostenere la libertà di dare una valutazione anche esorbitante a un calciatore in sede di calciomercato. Se la società A valuta 20 milioni di euro un calciatore X che ne varrebbe 2, e trova una società B disposta a pagare quei 20 milioni per il calciatore X, non c'è molto da eccepire. Se poi il calciatore X, una volta schierato dalla società B, dimostra effettivamente di valere 2 milioni anziché 20, saremo davanti a un caso di valutazione tecnica sbagliata che si traduce in errore economico-finanziario. Ma ancora una volta, saremmo nel campo della libertà dei soggetti contraenti. Inoltre, può capitare anche il caso di un calciatore che viene pagato 20 milioni perché 20 milioni li vale davvero, ma poi quando viene impiegato in campo dà un rendimento tale da giustificare un investimento da massimo 4-5 milioni. E anche questo fa parte dei rischi di calciomercato.
I casi delle plusvalenze incrociate, però, sono totalmente diversi. Si parla di calciatori che dimostrano né di essere né di non essere all'altezza. Essi non dimostrano proprio nulla, perché non vengono nemmeno impiegati dal club acquirente. Vengono acquisiti e immediatamente smistati in prestito presso club delle categorie inferiori. Spesso, "molto" inferiori. Ma nonostante ciò, questi calciatori si vedono assegnare valori esorbitanti. Nei casi che abbiamo passato in rassegna si oscilla dai 700 mila euro ai 4,5 milioni di euro. E già questo dettaglio comincia a confutare l'argomento della "libertà di valutazione": come è possibile che un portiere valutato e scambiato per 3,5 milioni di euro fra una società di Serie A e una di Serie B venga immediatamente girato in prestito a un club di Serie D, che per di più occupa l'ultimo posto in classifica? Ma c'è un altro argomento ancora più forte, che riguarda il costo in bilancio di quel calciatore. Questi viene scambiato fra la società di Serie A e la società di Serie B, e fa parte di un giro di scambi che prevede il viaggio inverso (dalla società di Serie B alla società di Serie A) di un altro calciatore cui viene dato identico valore. Dunque, entrambe le società registrano in attivo una plusvalenza di 3,5 milioni di euro sul calciatore ceduto. Ma al tempo stesso devono spalmare il costo di 3,5 milioni di euro per il calciatore acquisito. La spalmatura avviene sul numero di esercizi che corrispondono alla durata del contratto sottoposto al calciatore acquisito: 1,166 milioni di euro all'anno (e senza calcolare l'ingaggio) se il calciatore firma un contratto triennale; 875 mila euro all'anno se il calciatore firma un contratto quadriennale; 700 mila euro all'anno se firma un contratto quinquennale. E questi sono costi reali, non virtuali. Ebbene, poniamo il caso che il calciatore fatto oggetto di plusvalenza gemella da 3,5 milioni di euro abbia firmato un contratto quadriennale prima di essere smistato fra i Dilettanti. Durante il primo anno di contratto, potrebbe non esserci nulla da eccepire. Ma quando poi si arriva alla presentazione del primo bilancio annuale successivo, ecco che per il club salta fuori una situazione siffatta: pesa sui conti un calciatore che gioca in una categoria "molto" inferiore, ma che nonostante ciò è già costato al club 875 mila euro di ammortamento annuale, e ne dovrà costare altri 2,625 milioni distribuiti sui prossimi tre esercizi. Per cosa? Qual è la ratio di questo costo? In presenza di cifre così pesanti, pagate per un calciatore di nessuna utilità per il club, è o non è un dato OGGETTIVO che il valore attribuito al calciatore sia sproporzionato? E il dato diventa ancora più oggettivo quando, passando al setaccio i bilanci annuali, si scopre che: a) i calciatori che si trovano in una situazione analoga, con enormi costi di ammortamento a pesare sul bilancio presente e su quelli futuri, sono numerosi e aumentano di anno in anno; b) che questi calciatori vengono scambiati sempre con gli stessi 2-3 club, i quali replicano il meccanismi nei loro bilanci annuali. A proposito di quest'ultimo aspetto, c'è da evidenziare come il meccanismo sia talmente elementare da essere leggibile a qualsiasi mediocre studente di istituto tecnico per ragionieri. Bastano tre elementi per capire che uno scambio di calciatori vada messo sotto attenzione: 1) i calciatori scambiati provengono dai settori giovanili; 2) dato che provengono dai settori giovanili, il loro costo per il club cedente è zero, e dunque la cifra di cessione è tutta plusvalenza; 3) una volta spostati da un club all'altro, questi calciatori vengono quasi sempre ceduti in prestito a club terzi di categorie minori, a dispetto della loro pesante valutazione. Non è difficile capire il giochino. Se gli organi federali e di Lega preposti al controllo facessero sul serio il loro mestiere, ogni primo settembre e ogni primo febbraio dovrebbero mettere sotto ispezione tutti i trasferimenti di calciatori che avvengono tramite applicazione dei tre passaggi appena indicati. Già, troppo semplice.

Punto quarto: Lo spaventoso cinismo nei confronti dei calciatori – C'è un aspetto della questione sul quale, purtroppo, si è riflettuto poco. I calciatori trasformati in "gemelli da plusvalenza" vengono di fatto collocati su un binario morto. Schiacciati dal loro insensato valore di bilancio. Perché se un calciatore il cui valore non arriva a 100 mila euro si trasforma in plusvalenza da 3,5 milioni e in ammortamento quadriennale da 875 mila euro, ciò significa per lui la condanna a non essere ceduto fino alla scadenza del contratto. Nessun club pagherà una cifra corrispondente al costo residuo di ammortamento. Né il club che ne sta ammortizzando il costo può cederlo a un prezzo inferiore, ché altrimenti genererebbe una minusvalenza e farebbe cadere il castello di carte faticosamente tirato su. Uno spaventoso esercizio di cinismo nei confronti di ragazzi che certamente non sono dei fenomeni, ma che così diventano colpevoli d'aver sognato una carriera nel mondo del calcio professionistico. E invece si trovano sbattuti nell'anonimato, e imprigionati da un'architettura economico-finanziaria della quale (come hanno ammesso nel corso delle interviste rilasciate a Moreno Morello) sono totalmente all'oscuro. Mi risulta che alcuni di loro si siano mossi coi loro legali, per ottenere un risarcimento dai club che li hanno condannati a questa sorte. Rivendicazione legittima e corretta. Ma sarebbe bene che facessero altro, e di più. Non dovrebbero limitarsi all'azione individuale. Dovrebbero fare un'azione legale collettiva. E chiedere risarcimento ai club coinvolti, e alla Figc e alle Leghe di tutte le categorie coinvolte per non aver vigilato. Ne avrebbero tutti i diritti. E ne avremmo diritto tutti noi che ancora speriamo di vedere un calcio trasparente e ben governato.

@pippoevai

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