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  • Eldense, Fortuna a CM: 'Capuani ha fregato anche il fratello di Kondogbia'

    Eldense, Fortuna a CM: 'Capuani ha fregato anche il fratello di Kondogbia'

    • Federico Giustini
    Dirty Soccer ha varcato i confini italici ed è giunto sotto al sole della Spagna. Le lacrime dei giocatori dell’Eldense nascondevano molto di più. Non solo una pesante sconfitta per 12-0, quella maturata sabato contro il Barcellona B per la squadra allenata fino a pochi giorni fa dall’italiano Filippo Di Pierro, poi finito in manette.

    C’è una storia fatta di combine e vicende opache. A rivelarlo è il quotidiano spagnolo El Confidencial. Italiani e ben noti alle nostre cronache calcistico-giudiziarie alcuni dei protagonisti. Ritorna il nome di Ercole Di Nicola, ex direttore sportivo de L’Aquila, finito in carcere già nel maggio 2015 nel primo troncone dell'inchiesta sul calcioscommesse coordinata dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro. Successivamente Di Nicola ha ricevuto 4 anni e 9 mesi di inibizione nel primo filone del processo sportivo, 5 anni per il secondo filone e due anni e 7 mesi in primo grado per il terzo filone. Di Nicola sarebbe a capo del gruppo di investitori italiani, di cui era portavoce Nobile Capuani, arrestato anche lui dalla polizia spagnola con l’accusa di corruzione.
     
    La cordata italiana si era insediata a gennaio a Elda, piccola città in provincia di Alicante, per rilevare il club locale in grossa crisi economica. Quella nella Comunità Valenciana è stata solo l’ultima tappa del tour dirigenziale calcistico intrapreso da Capuani e soci nell’ultimo anno e mezzo. Un tour iniziato al sud della Spagna, nella regione di Murcia, dove nel novembre 2015 Capuani, Di Nicola e Salvatore Casapulca rilevano il Jumilla, club di Segunda División B (equivalente della nostra Lega Pro). Poi Capuani torna in Italia per rilevare il Poggibonsi in Serie D. L’esperienza dura dall’estate 2016 fino a dicembre nella disperazione generale di giocatori e tifosi. Poi il ritorno in Spagna, a Elda, che dista solo 60 km da Jumilla.
      
    JUMILLA - Quanto accaduto tra novembre 2015 e aprile 2016 è riferito da José Fortuna de “El Eco de Jumilla” nei suoi articoli. A noi ha raccontato alcune vicissitudini personali: "Capuani era solito registrare conversazioni. Fui minacciato da lui e da due giocatori italiani per aver scritto che un giocatore decise di andarsene perché la società non pagava gli hotel". La gestione Capuani infatti si caratterizzò per i numerosi debiti lasciati. Centinaia di migliaia di euro tra mensilità non pagate ai calciatori, ristoranti, soggiorni e affitti: "Passivi tutti ripianati dagli attuali proprietari cinesi del Jumilla, premi compresi". Chiedere all’Hotel Monreal di Jumilla per credere: "A loro dovevano 10 mila euro". Qualcosa di molto particolare accadde il 17 aprile del 2016 in occasione di Jumilla-San Roque de Lepe: "Mi negarono l’acceso allo stadio, fatto per cui – prosegue Fortuna - presentai denuncia". Quel giorno fu proclamato “El Dia del Club”, occasione in cui gli abbonati e i giornalisti dovettero pagare 10 euro per accedere allo stadio: "I tifosi li avevano chiamato “mafiosi” e allora Capuani e i suoi decisero questa misura". Poca roba se si pensa al denaro che veniva chiesto alle famiglie di alcuni calciatori affinchè venissero tesserati e impiegati: "Almeno due giocatori hanno dovuto pagare. È successo al fratello dell’interista Kondogbia, che credo abbia speso circa 40 mila euro, ma anche a un altro giocatore che per scendere in campo qualche manciata di minuti ha versato 20 mila euro al gruppo. Tutti soldi che sono andati persi", racconta José Fortuna.
    L’ombra delle scommesse pare possa essersi allungata anche sull’esperienza in terra murciana: "Giravano voci su qualcosa di strano accaduto all’intervallo della partita di Copa Federación contro il Mérida. Discussioni avvenute con il portiere del Jumilla che non si fece segnare un gol". Ora però le cose vanno bene, i proprietari sono Li Xiang e Tang Hu: "La squadra alla fine si è salvata ed è attualmente ottava".
     
    POGGIBONSI - Cambia lo scenario ma la sostanza resta la stessa. In Valdelsa il giudizio sulla gestione Capuani è decisamente negativo. Di Nicola, inibito, ovviamente non faceva parte della società, rappresentata sin dall’inizio dal duo Capuani-Vitiello. La scorsa estate ha visto il passaggio di consegne: la famiglia Pianigiani ha venduto la società a Capuani a luglio 2016. A Poggibonsi raccontano di una sola mensilità, e neanche completa, corrisposta a giocatori e dipendenti. Dopo di che i rubinetti si sono chiusi. In sede di mercato sono stati venduti molti elementi, molti dei quali reduci dalla vittoria dello scudetto Juniores. In città raccontano di una scarsa presenza da parte dei mebri della società. Nel mese di novembre i tifosi del Poggibonsi hanno emesso un comunicato che inizia così: "La misura è colma. Nessuna frase potrebbe riassumere in modo migliore il nostro pensiero riguardo l’attuale gestione e situazione societaria dell’Us Poggibonsi. A distanza di poco più di 3 mesi dall’arrivo della nuova misteriosa cordata di imprenditori capeggiati dal signor Capuani Nobile (di nome ma sicuramente non di fatto), tutto è già precipitato". Voci su un possibile passaggio di proprietà iniziano a circolare tra agosto e settembre ma Capuani smentisce in modo netto: "La fase di incertezza è già chiusa da tempo per la società che ha ben chiari in mente i propri obiettivi". All’inizio parlava di approdo in Lega pro come obiettivo, le difficoltà successive gli scarsi risultati portano però alla cessione del club: a dicembre cede la società a Daniele Casella.
     
    LA REPLICA - Nella giornata di lunedì Capuani ha reso nota la sua versione dei fatti su quanto sta avvenendo in casa Eldense: ha dichiarato che "i reali responsabili saranno duramente puniti come meritano: ho le prove di coloro che sono coinvolti in questa brutta storia. Non li ho accusati sulla stampa ma ho provveduto a denunciarli (…) Ho anche tentato di portare all’attenzione della federazione quanto accaduto. Purtroppo il funzionario con cui ho parlato si è dimostrato totalmente disinteressato alla mia denuncia e neppure le prove che gli ho esibito lo hanno indotto a cambiare idea".
     

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