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  • Eleonora Giorgi fra Milan e Roma: 'Ma l'unico per cui sono impazzita è Baggio'

    Eleonora Giorgi fra Milan e Roma: 'Ma l'unico per cui sono impazzita è Baggio'

    Attrice, regista, produttrice cinematografica, sceneggiatrice, conduttrice radiofonica. Una carriera intensa, poliedrica, costellata da tantissimi successi. Eleonora Giorgi è tra le attrici italiane più brillanti ed amate dal grande pubblico. La critica nazionale ed internazionale la premia nel 1982 come miglior attrice protagonista nel film “Borotalco” di Carlo Verdone, consacrandola regina della commedia italiana.

    Buongiorno Sig.ra Giorgi, nella sua carriera cinematografica Lei ha rappresentato la bellezza e sensualità, interpretando ruoli di donne fatali, eteree, anche un po’ svampite ma pur sempre intriganti, come la mitica Nadia nel film del 1982 “Borotalco” di Carlo Verdone. Nello stesso anno decide di interpretare il film drammatico “Oltre la porta” di Liliana Cavani. Questa scelta è casuale o voluta?

    Di casuale c’è solo il mio debutto artistico, a soli 20 anni. Ero una ragazzina positiva, carina, di buona famiglia, che si preparava ad un corso di restauratrice. Tonino Cervi vide una mia foto e rimase folgorato dalla mia bellezza, tanto da propormi un provino che io feci solo per gioco. A quell’età si fa fatica a capire cosa ti sta capitando, prendi quasi tutto per gioco, ed è per gioco che interpretai il mio primo film. Ero consapevole di essere una ragazza carina, ma mai mi sarei aspettata di diventare un’icona della bellezza femminile italiana. Il merito è stato certamente di Tonino che è riuscito ad individuare ed esaltare un aspetto diciamo “candido” della mia bellezza in contrasto con la bellezza prorompente e più carnale che andava di moda in quei tempi. Ho voluto interpretare differenti ruoli nel cinema, quindi, non solo essere l’attrice brillante e comica come in “Mia moglie è una strega” o in “Mani di fata” con Pozzetto, e in tanti altri. Ma, nello stesso tempo, ho scelto anche ruoli intensi, drammatici, con registi come la Cavani, Visconti, Damiani, Lattuada. Nel film “Borotalco” di Carlo Verdone, sono uscita dagli schemi classici, perché ho interpretato una ragazza bella che è pronta a tutto per fare carriera, ma, in realtà, capisce, dopo essere stata presa in giro, di dover raggiungere il successo basandosi solo sulle proprie capacità. Una donna “moderna”, caparbia, risoluta nel raggiungere l’autonomia per non dipendere da un padre, da un marito o, comunque, da un uomo. Un film che per i suoi valori universali, senza tempo, è stato premiato sia a livello di pubblico che di critica. Anzi mi viene in mente un episodio molto carino. Cecchi Gori mi aveva mandato a Los Angeles a partecipare alla proiezione del film, in una sala privata, alla presenza di grandi attori tra cui Warren Beatty, Jack Nicholson, Anjelica Huston. Aveva però dimenticato di mettere i sottotitoli in inglese. Nonostante ciò, in sala tutti seguirono il film sino all’ultima scena divertendosi tantissimo e cogliendo il messaggio che Carlo Verdone voleva trasmettere con i suoi personaggi.

    Alle aspiranti attrici di oggi vorrebbe dare un consiglio per riuscire ad avere un successo come il suo?

    In questo momento la prima cosa che mi verrebbe in mente da dire è: cambia mestiere, studia, aspira ad una carriera professionale. Sinceramente non vorrei essere un’aspirante attrice di oggi, perché viviamo in un momento difficile e confuso, dove mancano i contenuti e i valori. Una giovane attrice fa più fatica oggi di ieri perché non solo deve essere bella ma soprattutto intelligente, per evitare di cadere nelle trappole della volgarità e del trash, che pare oggi siano tanto di moda per raggiungere la popolarità. Come quella cantante, Lady Gaga, che è riuscita a spopolare con atteggiamenti al limite del pornografico. Per non parlare dei compromessi per entrare nel modo del cinema, che pare si sia ritornati alle origini, quando la donna, pur di ottenere un lavoro, doveva cedere al più bieco ricatto sessuale. Meglio il teatro, in questo momento, che considero ancora un tempio.

    I suoi figli si sono dedicati ad altre carriere, non seguendo quella artistica. Suo figlio Paolo, nato dall’unione con l’attore Massimo Ciavarro, ha scelto la carriera calcistica, pur non trascurando gli studi. Come nasce questa passione per il pallone?

    Ricordo che Paolo aveva appena tre anni quando metteva in porta la nostra filippina e lui prendeva la posizione per il tiro. Restava a giocare per ore, quasi a voler capire come sviluppare la migliore tecnica. Aveva doti da centrocampista sin da bambino. A 13 anni tutti me lo chiedevano, ricordo anche il Milan. Siccome frequentava una scuola inglese sino ad un certo orario, con mio marito Massimo decidemmo di mandarlo ad allenarsi con il Tor di Quinto, al fine di non fargli interrompere la scuola inglese. Con la maglia del Tor di Quinto ha vinto tutto: quattro titoli regionali, in tutte e tre le categorie, e due nazionali con la Juniores. Un infortunio lo ha bloccato. E pensare che lo voleva anche Mancini al Manchester City. Paolo è iscritto al corso di economia alla Luiss, ma ha deciso di non mollare il calcio. Quest’anno, a soli 21 anni, Testa ha voluto affidargli la preparazione della squadra juniores del Tor di Quinto. Credo che anche dopo aver conseguito la laurea in economia resterà nel mondo del calcio con un ruolo manageriale.

    Avendo un’esperienza personale e diretta con suo figlio Paolo, qual è il consiglio che vorrebbe dare ai ragazzi che aspirano alla carriera di calciatore?

    Una sola parola: Sacrificio.

    Lei ha una squadra del cuore di calcio?

    Io sono nativa di Roma, ho 4 fratelli tutti romanisti, tra cui mio fratello maggiore, Lamberto, che è un giornalista sportivo e noto tifoso della As Roma per le sue trasmissioni. Solo una volta sono andata allo stadio con Lamberto, che mi ha portato in curva, a vedere la Roma. Per me è stato quasi un trauma. Da allora non sono più andata allo stadio, anche perché, poi, sono arrivati i miei due figli, di fede calcistica differente, e non avrei proprio saputo come dividermi. Mio figlio Andrea Rizzoli è di fede milanista come suo padre e suo nonno che è stato il Presidente del Milan. Quando è nato suo fratello Paolo, la prima cosa che ha fatto è stata mettergli al collo la sciarpa rossonera. Sono addirittura inserita in una lista di sostenitori Vip del Milan, ma in tribuna Vip non ci ho mai messo piede. Né tantomeno ho seguito Paolo quando giocava con il Tor di Quinto. Ho però il mio idolo che è Roberto Baggio, lui è il mio eroe per i valori che rappresenta nel calcio e fuori. Roberto sa che sono innamorata di lui e, anzi, più volte lo avrei voluto ospite nelle mie trasmissioni radiofoniche. Spesso con mio figlio Paolo, quando vogliamo prenderci un momento di relax o siamo un po’ giù di corda, ci guardiamo i gol di Baggio ed esultiamo. Per me è il più grande calciatore di tutti i tempi.

    Come nasce la sua passione per la macchina da presa? Il suo esordio alla regia risale al 2003 con il film Uomini & donne Amori & bugie, di cui è anche autrice, a cui è seguito, nel 2009, il film “L’ultima estate”.

    Nasce dalla mia voglia di essere un’artista completa, poliedrica, di provare tutto e, quindi, ho voluto scrivere le sceneggiature dei film che io stessa ho prodotto e girato.

    Il ruolo di attrice protagonista, nel suo film Uomini & donne Amori & bugie, lo ha affidato ad Ornella Muti, sua eterna “rivale”, nel senso che era l’unica a competere con lei, come protagonista della commedia anni ’80, e a sbancare i botteghini insieme ad attori come Pozzetto, Verdone e Celentano.

    Scrivevo il film mentre ero impegnata sul set di una fiction con Ornella e mi chiedevo a chi avrei potuto affidare il ruolo della protagonista. Poi un giorno, l’ho guardata e le ho detto: Francesca sei tu, sei tu l’unica! Pensando alla sua vita, ai suoi amori, ai suoi sacrifici nel mantenere da sola i figli, ho pensato che solo Lei avrebbe potuto interpretare la mia Anna. Pur essendo cresciute nello stesso quartiere, poco distanti, ci siamo conosciute solo sul set. Ma nessuna rivalità con Ornella, anche perché venivamo scelte per due stereotipi differenti di bellezza. Lei rappresenta la donna latina, carnosa, passionale, io rappresento la donna algida, eterea, candida.

    I suoi ultimi lavori teatrali sono Fiore di Cactus con Remo Girone e il musical Due ragazzi irresistibili con Gianfranco D’Angelo.

    L’esperienza teatrale, soprattutto con Fiore di cactus, che mi ha tenuto impegnata per 4 anni, mi ha fatto toccare con mano quanto il pubblico mi sia rimasto, in tutti questi anni, molto affezionato. La verifica in teatro è immediata, ce l’hai tutte le volte che vai in scena, perché è un pubblico pagante che ti viene a vedere, e se ritorna è solo perché veramente ti apprezza e ti ama.

    Dopo la fine della sua relazione durata 11 anni con l’attore Massimo Ciavarro, Lei è stata la compagna dello scrittore Andrea De Carlo, autore di famosi romanzi come Treno di panna, Due di due, Di noi tre. Non avete mai pensato di scrivere insieme la sceneggiatura di un film?

    Eravamo motivati a fare qualcosa insieme, ma poi non si è realizzato. Peccato…

    Quali progetti ha in serbo?

    Sono trascorsi 40 anni dal mio primo film. Ho in mente un libro sulla “materia delle stelle”, come mi piace definirla. Sto lavorando ad un progetto di “maturità” più adatto ad un pubblico televisivo. Poi mi piacerebbe ritornare in televisione come conduttrice. La mia passata esperienza risale a Sotto le stelle. Ora invece vorrei condurre un talkshow nel quale mi intrattengo con gli ospiti parlando di tutto ma in particolare di problematiche sociali.

    Ha più rimpianti come donna o come artista?

    Moltissimi rimpianti, tanti, troppi…perché sia come donna che come artista io vorrei fare tutto ma anche il contrario di tutto. Per me il senso della vita è proprio questo: sperimentare e provare quanto più è possibile nel breve tempo che ci viene concesso di vivere.

    Angie Borromeo

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