Il 'ci può stare' di Benitez fa scuola
Intendiamoci, rispetto ad altre esternazioni, minacce, gesticolazioni verbali, quelle di ieri sono camomilla comunicativa. Ma il punto è un altro. Non solo che non ci si sta a perdere se la sconfitta non risulta sonante, piuttosto che il lamento di prammatica convenga davvero e si possa dire di tutto. Tanto non succede nulla. La dichiarazione sguaiata, il sospetto, l’accusa esplosiva servono a calmare i tifosi, a trovare un alibi con se stessi, con la dirigenza e forse ad avere un occhio di riguardo in futuro. Quando l’episodio favorevole accadrà, sarà passato così tanto tempo (per esempio una settimana, che nei media attuali equivale a un secolo) da poter tranquillamente cadere dalle nuvole o concedersi considerazioni sportivamente e signorilmente equilibrate. E via così di turno in turno. Un gioco delle parti, con la stessa compagnia di giro, tarato sulla dialettica vittima-carnefice, reso possibile dal fatto che tutto si consuma così in fretta da deperire in un mattino.
Un grande giornalista, Luigi Pintor, diceva tra lo scettico e il cinico, che il giornale del giorno prima serviva a incartare il pesce. Ora il twett del giorno prima non serve nemmeno a questo, ma magari poi in campo, un rigoretto te lo danno o te lo levano. Di sicuro non ti sanzionano. E allora…hai visto mai?