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  • Fiorentina: dov'è finita la meglio gioventù?

    Fiorentina: dov'è finita la meglio gioventù?

    • Francesco Benvenuti

    I tifosi della Fiorentina - e con essi Paulo Sousa - stanno continuando ad apprezzare Federico Bernardeschi e El Khouma Babacar. Figli del settore giovanile post-Cecchi Gori, della rinascita della 'cantera' gigliata dopo il fallimento del 2002 e il ritorno in Serie A nel 2004.

    Nel 2005 l'arrivo di Pantaleo Corvino come direttore sportivo e responsabile del settore giovanile viola avrebbe dovuto segnare un netto taglio con il passato e, sopratutto, l'impostazione di un lavoro che avrebbe portato l'academy viola a risultati importanti dopo il fallimento che aveva depauperato quanto svolto negli anni precedenti. I risultati, in questo senso, non sono mancati: uno scudetto con gli Allievi Nazionali, una Coppa Italia Primavera, il torneo di Viareggio perso in finale con l'Intera, il successo nella Supercoppa Primavera, solo per citarne alcuni, fino alla semifinale Primavera della scorsa stagione.


    Il cammino della primavera targata Corvino partì con il piede giusto: nel 2005/2006 arrivò il k.o solo in finale nel campionato Primavera, contro la Juventus: tra i bianconeri giocatori del calibro di Marchisio, Giovinco e Criscito, nella Fiorentina l'11 titolare fu composto da: Manfredini, Cortese, Tagliani, Mateo, Brivio, De Falco, A.Paoulucci, D'Ambrosio, Pettinari, Di Carmine, Del Sante. Giocatori che, con la Fiorentina, non sono proprio riusciti ad emergere, anzi. Ma la questione non di responsabilità, ma di sostanza.

    I casi di giocatori iper-valutati, economicamente o tecnicamente, e poi non in grado di imporsi - o di ricevere una chance - è fin troppo lunga: Matthias Lepiller, zero presenze in prima squadra e una carriera girovagante senza troppa fortuna, adesso svincolato, Federico Carraro, trequartista autore di 15 gol nel 2010/2011 in Primavera, due panchine in Champions League e 24 minuti in campo, in Serie A contro il Bari, adesso al Pavia, che lo aveva riscattato dopo la busta 'in bianco' della Viola; Pietro Iemmello, 19 gol nella stessa stagione di Carraro, acquistato dalla Pro Vercelli nel 2013 e capace di segnare 16 gol nel Foggia nell'ultima Lega Pro; pagato 2,1 milioni di euro, Haris Seferovic ha chiuso la sua esperienza gigliata con 12 presenze totali, tra campionato e coppa italia, per 449 minuti totali: peccato che, dal 2012/2013 ad oggi, tra Novara, Real Sociedad e Eintracht Francoforte, le statistiche suggeriscano 96 presenze, 27 gol e 19 assist.

    Poi sono passati anche oggetti misteriosi, meteore del football viola: Jan Hable, acquistato per 0,8 milioni nel 2007, non ha mai esordito in prima squadra passando poi per Banik Ostrava, Ascoli, Kerkyra, Banik Ostrava e Hradec Kralove; Ondrej Mazuch, due presenze in Europa League con la Fiorentina dopo esser stato pagato quasi 3 milioni di euro e adesso svincolato, dopo stagioni importanti tra Anderlecht e Dnipro, senza dimenticare i vari Mateo, Filipe, Diakate, Alex.

    L'ultima generazione, invece, è ancora nel limbo: Mancini, Gigli, Capezzi, Fazzi, Zanon, Venuti, Bittante, Piccini aspettano la loro chance, in un mix tra merito personale e fiducia concessa che non sempre ha portato frutti alla Fiorentina: il caso più emblematico, in questa Serie A al suo incipit, è quello di Ryder Matos: il brasiliano, classe '93, esplose nell'Europa League 2013/2014 con 3 reti, poi le negative esperienze con Cordoba e Palmeiras (perché 'perdere' quasi due stagoni all'estero?) fino alla 'rinascita' con il Carpi, 4 presenze e 3 reti.

    Le speranze di oggi rispondono al nome di Federico Guidi, giovane e capace tecnico della Primavera, e dei giovani in rosa che hanno esordito pareggiando 1-1 contro il Torino.
    Per una società che invoca l'autofinanziamento, svilluppare il proprio settore giovanile diventa fondamentale: Bernardeschi e Babacar sono due potenziali fenomeni, ma avere solo due 'figli' del settore giovanile come veri protagonisti è un dato non entusiasmante.
    I Viola stanno coltivando il loro futuro, ma ci vuole più coraggio e 'pollice verde': solo così il sogno Champions potrà avere seguito, nel segno della continuità.


     


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