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  • Galliani, Sabatini e C., quanta tristezza! La lezione di Marotta ai nostri dirigenti

    Galliani, Sabatini e C., quanta tristezza! La lezione di Marotta ai nostri dirigenti

    • Stefano Agresti
    Non è semplice essere un dirigente elegante. Anzi, è complicatissimo. Pensate un po’ a ciò di cui sono capaci gli uomini mercato di molti nostri club, presidenti, amministratori delegati o direttori sportivi che siano. Guardate quello che sono capaci di combinare, ad esempio, Zamparini o Preziosi o Lotito, tra allenatori cacciati a raffica (preferibilmente dopo una vittoria), giocatori scambiati peggio delle figurine nei giardini della scuola, atti di gratuita arroganza. Riflettete sulla bufera nella quale è precipitata la Roma guidata da Sabatini, con un allenatore sfiduciato da sei mesi, un altro che deve volare in America per ricevere l’assenso presidenziale, una società senza tifosi allo stadio, sgradevoli frasi in libertà. E osservate cos’è diventato il Milan sotto le sapienti mani di Galliani: negli ultimi due giorni sono emersi i contatti con Lippi, la cessione di Luiz Adriano, l’ennesimo caos attorno a Mr.Bee, la compravendita di un’altra manciata di calciatori, preferibilmente in affari che chiamino in causa Genoa e/o Roma. Che tristezza.
     
    In un mondo così, in questo indecoroso bailamme, in mezzo a tanti cattivi esempi, emerge un uomo in controtendenza: Beppe Marotta. Facile, direte voi, quando si vince tanto. Non è proprio così, perché Marotta ha anche perso con la Juve, ai tempi di Delneri allenatore; è stato anche insultato dai propri tifosi, nei momenti neri; è finito addirittura nel mirino di presidenti maleducatissimi con meschini attacchi personali (Lotito, ad esempio). Eppure non ricordiamo che abbia mai perso la lucidità, l’aplomb, lo stile.
     
    Del resto chi lo conosce da un quarto di secolo sa che questo è sempre stato il suo comportamento, oggi che veleggia al vertice del calcio europeo con la Juve come quando lottava in campionati minori con il Ravenna o il Venezia. La classe non te la regalano gli scudetti, le Champions League, il denaro: abbiamo visto dirigenti vincere eppure non emergere dallo squallore. E non è nemmeno un caso che Marotta non abbia bisogno - ad esempio - di essere scontroso con chi gli rivolge educate domande, né avverta la necessità di raccontare sistematicamente falsità: quello che può dire, dice; altrimenti tace.
     
    Non siamo qui a beatificare Marotta, ci mancherebbe: se ha navigato per tanti anni in questo mondo, significa che è scaltro a sufficienza. Ma c’è modo e modo per stare nel calcio e per provare a vincere: lui ne ha scelto uno che ci piace, ancor più se lo paragoniamo a tanti suoi colleghi. Ci sembra un po’ l’Ancelotti dei nostri dirigenti. Anche Carletto non ha bisogno di maltrattare nessuno per vivere in questo mondo di squali, anche lui riesce a pensare che chi gli sta di fronte non vuole necessariamente incastrarlo o fregarlo. Nessuno è santo, ma anche nel calcio ci sono uomini che riescono a vincere con garbo, educazione, stile. Ancelotti, ad esempio. E Marotta. Il Milan e la Roma - oggi come mai - vadano a lezione.

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