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    Germania, da Khedira e Ozil a Low: un fallimento totale! Ma l'Italia sta peggio

    Germania, da Khedira e Ozil a Low: un fallimento totale! Ma l'Italia sta peggio

    • Giancarlo Padovan
    Qual è la ragione del crollo della Germania alla Coppa del Mondo di Russia 2018? E come mai per quattro volte nelle ultime cinque edizioni i campioni del mondo uscenti sono stati eliminati nella fase a gironi? A questa seconda domanda mi sento di rispondere senza troppi indugi ed elucubrazioni. I cicli nel calcio moderno durano assai meno di quattro anni (al massimo due) e sempre più difficilmente assisteremo all’impresa di bissare il titolo vinto nell’edizione precedente. Si pensava che potessero fare eccezione i tedeschi per storia (mai eliminati al primo turno, tranne nel 1938 quando però si cominciava già dallo scontro diretto dell’ottavo di finale) e per tradizione (i tedeschi non mollano mai e arrivano quasi sempre nelle prime quattro).

    Invece, questa volta, le avvisaglie - sconfitta con il Messico, vittoria rubacchiata con la Svezia - hanno spazzato la Germania e i luoghi comuni che ad essa resistono. Non più tardi di qualche sera fa, dopo il successo in extremis sulla Svezia, Aldo Serena, ottima spalla tecnica dei telecronisti Mediaset, aveva concluso i suoi interventi dicendo: “Sono convinto che anche questa volta i tedeschi arriveranno in fondo”. Invece sono andati a fondo con la Corea del Sud, sgominando un altro luogo comune, quello dell’inglese Gary Lineker che ne aveva fatto addirittura un aforisma. “Il calcio si gioca undici contro undici e alla fine vincono sempre i tedeschi”. Ora, pensare che alla Germania sia toccata la maledizione che aveva già colpito la Francia nel 2002, l’Italia nel 2010 e la Spagna nel 2014 è puerile e riduttivo.

    Già ho detto dell’accorciamento dei cicli calcistici (solo la Spagna, negli anni Duemila, ed esattamente dal 2008 al 2012 è riuscita a conquistare due Europei e un Mondiale). Se a questa certezza aggiungiamo la diminuzione degli stimoli il quadro, se non completo, è ben delineato. Chi vuole (ri)vincere deve rinnovarsi sempre, togliere giocatori appagati e affidarsi a chi ha più voglia, se possibile cambiare anche lo staff tecnico. Joachim Low è c.t. della Germania dal 2006, prima era stato il “secondo” (si fa per dire perché già faceva tutto lui) di Klinsmann. 

    Dodici anni alla guida di una squadra - sia essa pure una Nazionale - sono troppi e infatti non capisco perché la Federazione tedesca abbia deciso di continuare con Low fino al 2022. Forse, dopo la caduta, qualcosa cambierà (il c.t. non ha smentito di pensare alle dimissioni). Tuttavia l’azzardo è stato quello di insistere con Low dopo la conquista del Mondiale. Quello è un punto di non ritorno per tutti, cercare di uguagliare Vittorio Pozzo (1934 e 1938) o il Brasile del ’58 e del ’62 è antistorico. Perché, oltre al calcio, sono cambiati gli uomini, le regole, l’organizzazione dei tornei e tanto altro ancora.

    Alcuni hanno individuato nella sterilità dell’attacco (due reti in una partita, zero nelle altre due) la ragione dell’eliminazione della Germania. Naturalmente non posso contestare un dato del genere, a maggior ragione se lo metto in relazione ad un attaccante (Werner) decisamente sopravvalutato. Tuttavia non può sfuggire neppure un altro dato: quattro gol subiti in tre partite (di cui una vinta in modo miracoloso). E’ lo stesso numero di reti che la Germania subì in tutta la Coppa del Mondo 2014 (sette partite), quella vinta con merito in Brasile. Naturalmente, se si subisce così, non può essere colpa di un  solo reparto (la difesa, appunto), ma di una squadra che ha interpretato in modo pessimo la fase di non possesso nel 4-2-3-1.
     
    Khedira, per esempio, era palesemente fuori condizione (a meno che non siano i primi sintomi del declino), Kroos, a parte l’ultima gara con la Corea del Sud, ha sbagliato troppi appoggi e non ha fatto ripartire mai l’azione in velocità. Ma il problema più grosso riguarda l’impalpabile Ozil (fino ad una settimana fa un intoccabile per Low) e, soprattutto, Muller. Qual è il suo ruolo? Qual è il suo contributo offensivo? Quale l’apporto senza palla? Io credo che Carlo Ancelotti, all’inizio del secondo anno della sua stagione al Bayern di Monaco, non avesse sbagliato a metterlo in discussione, visto che contro la Corea, perfino Low lo ha fatto accomodare in panchina. 

    Ora la Germania ha una squadra imbolsita e a fine corsa. Ricominciare sarà dura. Meno che per l’Italia (noi siamo all’anno sotto lo zero), ma servirà comunque un’impresa lunga e paziente. 
     

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