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  • Giovanni Arpino: Mio Grande Torino. Ma avevamo un fiore

    Giovanni Arpino: Mio Grande Torino. Ma avevamo un fiore

    Mio Grande Torino
    Ma avevamo un fiore

    Rosso come il sangue
    forte come il Barbera
    voglio ricordarti adesso, mio grande Torino. 
    In quegli anni di affanni
    unica e sola la tua bellezza era. 
    Venivamo dal niente, da guerra e da fame
    Carri bestiame, tessere, galera, 
    fratelli morti in Russia e partigiani, 
    famiglie separate, perduta ogni bandiera.
    Eravamo poveri, lividi, spaventati, 
    neanche un soldo sulla pelle e per lavorare
    e dovevi sorridere, brigare, pregare
    fino all’ultima goccia del tuo fiato. 
    Fumare voleva dire una cicca in quattro, 
    per divertirsi dovevamo ridere di poco, 
    per mangiare mangiavamo perfino i gatti, 
    non eravamo nessuno: i furbi come gli sciocchi. 
    Ma avevamo un fiore ed eri tu, Torino, 
    tagliata nell’acciaio era la tua bravura, 
    gioventù nostra che tutti i dispiaceri
    portavi via con la tua faccia dura. 
    La tua faccia d’operaio, mio Valentino! 
    mio Castigliano, Riga, Loik, e quella peste
    di Gabetto, che faceva venire tutti matti
    con venti dribbling ed era già gol. 
    Filadelfia! Ma chi sarà il villano 
    a chiamarla un campo? Era una culla 
    di speranze, di vita, di rinascita, 
    era sognare, gridare, era la luna, 
    era la strada della nostra crescita. 
    Hai vinto il Mondo, 
    a vent’anni sei morto. 
    Mio Torino grande
    Mio Torino forte.

    Giovanni Arpino

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