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  • Iniesta balla e Totti dipinge, maidirecalcio...

    Iniesta balla e Totti dipinge, maidirecalcio...

    Arrigo Sacchi sosteneva che “il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti” e come dargli torto?!
    C’è qualcosa di attraente nel calcio, che va al di là dello spettacolo, al di là delle squadre, al di là del risultato e ciò potrebbe chiamarsi più comunemente – quindi non attingendo dal vocabolario calcistico – ammirare il bello.

    Il bello, non l’utile. Distinguiamo le due categorie perchè l’utile è tutto ciò che è vantaggioso ai fini del risultato, del campionato, delle classifiche e così via, mentre il bello non ha nessuna finalità di questo genere. Il bello si verifica e lascia tutti a bocca spalancata.

    Un bel goal può essere senz’altro utile ai fini del risultato, soprattutto quando porta alla vittoria, ma lo stesso goal sarà ricordato qualunque sia il risultato.
    Un esempio su tutti è la prodezza di De Rossi nel 7-1 subito dai giallorossi all’Old Trafford contro i Red Devils: un goal che fu considerato tra i più belli della Champions di quell’edizione.

    C’è un interdisciplinarietà nel calcio: Iniesta e Zidane sono dei ballerini, Cristiano Ronaldo e Bale sono centometristi, Totti è un pittore, Ibrahimovic è un maestro di arti marziali.

    Giocano a calcio, ma fanno altro. Non è più calcio, il calcio è ecceduto da quella genialità.
    In un attimo il genio fa qualcosa a cui nessuno aveva pensato: pensate agli undici tocchi di Maradona, alla Mano de Dios, alle azioni solitarie di Best e Cruijff, alle punizioni di Zico, i goal alla Del Piero.

    Il calcio è e resta semplicemente un giuoco, finché resta nel bello: bisogna guardarlo con gli occhi di un bambino, come se fosse la prima volta, anche perché qualsiasi esperienza maturata guardando e riguardando partite di calcio viene subito smentita da una giocata bella.

    Sembra inutile soffermarsi e chiarire che il calcio è semplicemente un gioco, ma dato l’andazzo degli appassionati, che si soffermano sempre sulle polemiche, sui rigori dati-non dati, sui fuorigioco visti-non visti, ne esce enfatizzato dai rumori provocati da questi furbetti e diventa un business.
    Qualsiasi squadra oggi è concepita come azienda e non può non sfuggire alle logiche dell’economia, e, se questo passa,  non può passare l’idea del calcio come branco di tifosi idealmente contrapposti, che non riescono a condividere l’unica cosa che è veramente condivisibile, il gioco.
    Guardare il calcio come lo guarda un bambino, che vuole stupirsi, vuole meravigliarsi, è l’unico modo per avere un rapporto sano con questo sport, altrimenti lo stesso diventa un prodotto commerciale e noi, come (tele)spettatori, gli acquirenti principali, diveniamo burattini da comprare e vendere a piacere.
    Passano ora degli slogan come “Vincere è l’unica cosa che conta” oppure “La storia la scrive chi vince” e – in un certo senso – hanno anche ragione, ma non dal punto di vista del bello. Quante di queste squadre vincenti saranno ricordate da qui a venti anni? Pochissime, e non perchè vincono, ma perchè fanno un gioco precursore e quindi “costruiscono” il bello.
    Eppure mi pare che con il “miracolo” Leo Messi questi discorsi siano impliciti. Di questo già ha detto Roberto Saviano nel libro “La bellezza e l’inferno”. In un calcio tutto muscoli e fisicità, Leo Messi è come il calabrone che vola, seppur per la scienza non può volare, ma lui non lo sa.
    Questo è un capolavoro: un esempio vivente di come il calcio sia inspiegabilmente bellezza, non ha finalità, non ha utilitarismi, se non quella di divertire, di sorprendere, di farci tornar bambini.

     

    da maidiregol.com


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