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  • Insomma, adesso Mancini esagera

    Insomma, adesso Mancini esagera

    • Luca Borioni
    Dopo anni di una gestione Thohir che non si può che definire interlocutoria (appunto), arriva finalmente all'Inter una proprietà davvero motivata e munifica (però attenta alle problematiche del bilancio), una gestione che pur provenendo dalla Cina, cioè dall’altra parte del mondo, mostra un buon senso raro decidendo di puntare principalmente su giocatori di talento, giovani e in via di piena affermazione, costruendo le basi per un grande futuro. Arriva una proprietà così, come sembrano essersi presentati quelli di Suning, e lui - Mancini - punta i piedi perché sente di aver smarrito il controllo totale del mercato, quel controllo che nella scorsa stagione, in fase di trattative, lo portò a dire di aspettarsi almeno 8 acquisti, per poi essere più che accontentato dal club (i colpi furono addirittura 10, più Eder a gennaio). Quel controllo che gli aveva consentito di ottenere, come primo tra i desiderata per un ruolo fondamentale, un certo Felipe Melo oggi relegato nella lista dei partenti.

    La famiglia Zhang ha lanciato segnali precisi. Che si possono riassumere così: se pensate che in Cina abbiamo una visione superficiale del calcio italiano vi sbagliate di grosso, siete voi italiani forse a giudicarci con sufficienza. E il signor Mancini, in scadenza di contratto, farà bene ad adeguarsi alle direttive.

    Niente da dire. C’è una squadra che ha mostrato segnali di ripresa nella scorsa stagione, segnali importanti se è vero che inizialmente aveva saputo perfino prendere il comando della classifica con la Juventus ancora “dormiente”. Ci sono i meriti dell’allenatore. Ma ci sono anche segnali contrastanti perché il finale di quella stessa stagione è stato pessimo, all’insegna del tracollo. E allora i cinesi hanno capito che bisogna rinforzare le fondamenta. Va benissimo Banega, ci mancherebbe. Ma serve di più, serve un progetto solido che modifichi alcune priorità, per un’Inter veramente Internazionale. Tra queste priorità non ci sono gli investimenti su giocatori d’esperienza e muscolari che vorrebbe Mancini. Ci sono i giovani, talentuosi e magari italiani. Comunque non c’è un ruolo preponderante dell’allenatore nelle strategie extra campo. E possono essere ottimi segnali, una svolta rispetto al recente passato.

    Mancini – si dice – non ha del tutto apprezzato. Non a caso sono già circolate le voci che porterebbero l’ex manager del Manchester City nuovamente in inghilterra, addirittura alla guida della nazionale, sulla panchina forse più ambita e complicata del mondo. Quella, però, dove il selezionatore gode della massima fiducia (a di massimi emolumenti) da parte della federazione e può fare ciò che vuole, anche senza vincere nulla.
    Mancini è uomo ambizioso e – senza offesa – civettuolo. Ama i ruoli di comando e di spicco. Gli amici jesini, quelli che lo conoscono bene, ammettono che il suo carattere sia un po’ difficile, imprevedibile e a volte ingovernabile. Un personaggio complicato (vedi scaramucce e polemiche varie nell’ultimo campionato) ma anche un uomo intelligente, scaltro. Saprà certamente adeguarsi al nuovo corso. O no?
     

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