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Juve, ecco quel calciatore di cui non puoi fare a meno

Juve, ecco quel calciatore di cui non puoi fare a meno

  • Fernando Pernambuco
Succede, il destino non c’entra nulla e nemmeno la faciloneria dell’ informazione 2.0, che macina e consuma tutto in un batter di ciglia. Piuttosto, l’opposto: una storia di abnegazione, pazienza e silenzio, a lieto fine. Ci sono giocatori mediatici e altri no. Giocatori che per un errore vengono crocefissi e poi ci vogliono una decina di partite per riportarli a galla. Giocatori tatticamente disciplinati, dinamici, esplosivi, ma umili e forse fin troppo introversi. Altri, invece, guasconi, anarchici, ma non geniali, che corrono spesso a vuoto in una girandola caotica e confusa e poi twittano come star dell’ avanspettacolo calcistico.

Al primo gruppo appartiene Kwadwo Asamoah, al secondo Dani Alves. Ma quanti, tra tifosi, opinionisti, dirigenti si sono accorti della differenza tra i due? Sembra che il primo, a detta degli addetti ai lavori che circolano nell’ambiente bianconero, sia un po’ troppo “timido”; mentre non c’è dubbio che il secondo sia un po’ troppo estroverso. Asamoah è il giocatore che ormai, da molte partite, risulta il migliore della Juventus. Prima sbagliava qualche diagonale e buttava via il pallone alla rinfusa (vedi l’errore a Milano contro l’Inter, che lo gettò in uno stato confusionale) ora effettua recuperi prodigiosi non solo a sinistra, dove gioca, ma anche a destra e strappa in avanti, palla al piede, come fosse Alex Sandro. Cross precisi, dribbling, tagli in attacco. E chi sarà mai? Eppure sembra che pochi se ne accorgano. Mentre dall’ altra parte, spesso Alves balbetta, infilandosi in imbuti di 2, 3 avversari, Asamoah, non dà il tempo a centrocampisti e difensori di stringersi, perché va più veloce di loro. Infila regolarmente anche giocatori velocissimi. Un esempio: Deulofeu, che quando era dalla sua parte è passato una sola volta per esaurirsi in prossimità dell’area di rigore. Viceversa è stato infilato a ripetizione da ripartenze e tagli a centrocampo. Quando il giocatore spagnolo del Milan è passato su Barzagli la musica è totalmente cambiata.
Asamoah è un giocatore totalmente ritrovato, dopo che pareva se non perso, destinato al limbo della convalescenza. Ce ne è voluto di tempo e di pazienza. Non deve essere stato facile attraversare i tormenti d’una serie infinita d’infortuni o d’un infortunio mai del tutto sconfitto. 

Il segreto? Pensiamo che sia stato la rinuncia a giocare la Coppa d’Africa, con conseguente lavoro mirato tra fisioterapia, palestra, applicazione, e, sì:  pazienza. Tutti elementi capaci di far ritrovare quella forma fisica che il calciatore non conosceva da quasi 2 anni. E’ il bello del calcio: lavoro, abnegazione, modestia, disciplina che permettono di tornare prepotentemente sugli scudi. Anche se poi basta un piccolo errore a far riprecipitare nella sfiducia generale. Almeno, questo succede con i calciatori “formica” come Asamoah.
Non con i calciatori “cicala”. Asamoah andrebbe celebrato di più, ma è meno mediatico e farfallone di un Dani Alves, che francamente, per la Juve appare un lusso assai rischioso. Ma Dani ha una grande carriera alle spalle, è un brasiliano. E soprattutto non è “timido” come Kwadwo: gli errori gli scivolano addosso come acqua fresca. Più ne fa, più va avanti. E poi finisce come le cicale a luglio.

Ma fra i due oggi chi è meglio: un cicalone canterino o una poderosa formica?

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