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  • La classifica dei 20 club più ricchi

    La classifica dei 20 club più ricchi

    Le altre corrono, noi no. Nella classifica di Deloitte sui ricavi resta il gap con l’estero: il Milan cresce ma è scalzato dagli sceicchi, Juve nella top 10, sale il Napoli.
    Real primo e irrompe il City.
    Il calcio europeo d’élite si conferma anti-ciclico e continua a crescere a dispetto della recessione economica. Al grande ballo partecipano pure le italiane, ma devono accontentarsi delle retrovie. È la fotografia scattata da Deloitte nell’annuale rapporto Football Money League dei 20 club più ricchi al mondo, basato sui bilanci della stagione scorsa. Le prime sei posizioni in termini di fatturato non cambiano, con Real Madrid, Barcellona, Manchester United, Bayern, Chelsea e Arsenal tutte col segno più davanti. Per trovare un’italiana bisogna scendere all’ottavo posto: è il Milan, che si conferma leader nel nostro Paese ma è scalzato dai «nuovi ricchi» del Manchester City. La Juventus scudettata rientra nella top ten facendo staffetta con l’Inter mentre il Napoli, in costante ascesa, si inerpica fino al quindicesimo gradino.


    Ombelico del mondo Lo studio si concentra sulla capacità delle squadre di calcio di generare entrate. I primi 20 club hanno accumulato 4,8 miliardi di introiti nel 2011-12, il 10%in più rispetto all’anno prima. È la conferma che il football suscita un enorme interesse nel pubblico e negli sponsor. Ma i margini di guadagno, si sa, sono un’altra cosa. Pesano come macigni le spese per gli stipendi, che dipingono di rosso la maggior parte dei bilanci. Ecco perché non si può parlare di un’industria sana. I mitici «big five» d’Europa sono sempre l’ombelico del mondo: dei club in graduatoria 7 militano in Premier, 5 in Serie A, 4 in Bundesliga, 2 nella Liga e 2 nella Ligue. Ma i mercati emergenti avanzano: il Galatasaray di Sneijder è trentesimo con 95,1 milioni di ricavi e precede il Corinthians di Pato (94,1), la meglio piazzata tra le non europee.

    Duopolio spagnolo Il Real marchio globale ha sfondato il muro del mezzo miliardo di ricavi (512,6 milioni di euro): è la prima volta che accade nel mondo dello sport. Pensare che nel 1996-97, quando Deloitte cominciò il suo monitoraggio, fatturava appena 85 milioni e non era nemmeno nella top 30. Poi sono arrivati Florentino Perez, gli aiutini delle banche, i campioni, il marketing d’attacco. Il club madrileno, assieme al Barcellona, è l’unico tra i big a godere della vendita individuale dei diritti tv: i contratti con Mediapro consentono a entrambe di sfiorare i 200 milioni di incasso (compresi i proventi da Champions). Realtà come Man Utd e Bayern — con la Bundesliga a festeggiare proprio ieri il record di fatturato a 2,081 miliardi e 14 club su 18 in utile — sono inarrivabili per le nostre. Il guaio è che negli ultimi anni oligarchi e sceicchi hanno scardinato gli equilibri. Prima il Chelsea, ora il Manchester City, protagonista della performance più brillante del 2011-12: da 169,6 a 285,6 milioni grazie all’approdo in Champions e soprattutto alla sponsorizzazione monstre con l’«amico di famiglia» Etihad.

    Luci e ombre In Italia, si sa, dipendiamo troppo dalle tv e non sfruttiamo altre fonti di ricchezza. Il Milan, a dire il vero, vanta ottimi risultati commerciali (96,8 milioni, il 38%del fatturato) e la Juve si gode lo stadio di proprietà (ricavi quasi triplicati), ma non basta. In caduta Inter e Roma, sale il Napoli grazie ai quasi 30 milioni della Champions. Complessivamente le 5 grandi italiane sono cresciute del 5%: la metà rispetto alla media delle top 20.


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