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  • Oscar 2016 ad Allegri, Sarri e Spalletti

    Oscar 2016 ad Allegri, Sarri e Spalletti

    • Pierpaolo Marino
    I record, anche quelli negativi, purtroppo, si stabiliscono per essere, prima o poi, battuti, ma il primato storico degli esoneri degli allenatori, che appartiene al campionato 2011-2012 con ben diciotto panchine saltate in aria, nonostante l’ impegno che ci stanno mettendo i presidenti (Zamparini su tutti) per batterlo, potrebbe alla fine di questa stagione, resistere soltanto per poco.

    Dopo questa settimana turbolentissima per gli allenatori, la Serie A è arrivata a tredici avvicendamenti in panchina, compresi i biglietti di andata e ritorno. Il Palermo, da solo, ha fatto registrare sei esoneri, mentre gli altri sette hanno riguardato il Carpi (due), il Bologna, il Verona, la Sampdoria, la Roma e l’Udinese.
    La sensazione, è che, purtroppo, non ci si fermi qui e che ci siano almeno un paio di allenatori che, in questa settimana, hanno la sensazione di camminare sui carboni ardenti con la valigia in mano.
    Nonostante manchino solo nove giornate al termine di un campionato che viaggia, a destra ed a sinistra della classifica, sulla via dell’ incertezza più coinvolgente, come non accadeva da anni, è logico che alcuni allenatori non possano dormire sonni tranquilli. 

    Il fatto che solo tredici allenatori su venti, finora, abbiano potuto conservare la guida tecnica della propria squadra, resistendo settimana dopo settimana, ai terribili assalti sferrati alla loro panchina, ci induce, però, ad una approfondita riflessione sui motivi che spingono tanti presidenti a far ricorso a continui e costosissimi ribaltoni tecnici.

    Negli ultimi anni, il già difficile compito degli allenatori si è sempre più complicato, anche in seguito alla profonda trasformazione subita dal calcio, sia dal punto di vista mediatico, con troppe insidiosissime conferenze stampa previste dal protocollo settimanale, che per quanto riguarda la diversa figura professionale assunta dai calciatori, in seguito alle tante vittoriose battaglie sindacali.  

    Oggi, i nostri mister, che, per la maggior parte, non sono certo dei maestri della comunicazione, debbono sottostare ad un protocollo settimanale che, principalmente per esigenze degli sponsor televisivi, prevede una miriade di conferenze stampa, che, a volte, agli occhi dei tifosi si trasformano in scivolosissimi trabocchetti per la credibilità del loro progetto tecnico. Basti pensare che molti, presidenti e dirigenti inclusi, usano le tante e spesso tempestose interviste televisive degli allenatori, per studiarne, quasi fossero sofisticati test psicologici, la tonicità e la serenità dei comportamenti in rapporto alle provocazioni dei giornalisti, al fine di valutarne la sicurezza e la coerenza delle idee di fronte ai risultati del momento. Nel calcio moderno, poi, gli allenatori debbono confrontarsi con un contesto di regole, in cui la figura del calciatore è completamente mutata e rafforzata.

    I calciatori di oggi, in seguito alla conquista della piena libertà di stipula contrattuale, grazie anche alla Legge Bosman, sono diventati delle vere e proprie aziende, guidate dai loro agenti o dai propri familiari che da poco sono stati pure legittimati a farlo. Questa rapida trasformazione della figura del calciatore ha complicato enormemente la vita degli allenatori, costretti nella loro conduzione tecnica, a preoccuparsi di mantenere omogenei e coerenti, al cospetto della squadra, non solo i comportamenti tecnici, ma pure quelli rivolti alla piena valorizzazione degli obiettivi sportivi del gruppo, ma anche dei singoli giocatori.

    Una volta si diceva che l’ allenatore doveva essere soprattutto un fine psicologo. Alla figura dell’ allenatore moderno, invece, vengono oggi richieste, delle ulteriori peculiarità manageriali, che lo fanno assurgere anche al ruolo di ottimizzatore dei molteplici interessi che si sviluppano intorno ai singoli calciatori, evitando così che possano essere turbati ed attratti, anche a campionato in corso, da nuovi progetti economici costruiti e propagandati dai loro procuratori. 

    Questo nuovo e gravoso compito che il calcio moderno impone agli allenatori, rende il loro compito più complicato che mai, dovendo cercare il perfetto equilibrio tra gli interessi del gruppo e quello dei singoli. Quando questa sintonia non si crea, i segnali che arrivano dai comportamenti e dai risultati della squadra sono così evidenti che è sciagurato e distratto il dirigente che non li recepisce immediatamente, liberando, con l’ esonero, il tecnico dall’ “invivibilità” del momento e tutelando la società e la tifoseria da un futuro più deprimente che mai. In questa fattispecie, la svolta dal punto di vista dei risultati, dopo l’ avvicendamento tecnico, è così rapida ed evidente che porta tutti a santificare chi arriva, per aver trasformato undici “brocchi” in undici “puledri”.

    Un po’ come è accaduto quest’ anno a Bologna con l’ esonero di Delio Rossi e l’ arrivo di Donadoni, oppure a Roma con il ritorno di Spalletti e la partenza di Garcia.
    Profonda ammirazione, quindi, per l’ impresa compiuta da quei tredici tecnici che hanno saputo conservare la panchina per più di due terzi di campionato, ma anche grande solidarietà verso chi è stato esonerato avendo ottenuto una media punti rivelatasi, poi, superiore a quella di chi è arrivato. Tutti i tecnici sono stati così bravi e tenaci, nel difficile ed appassionante campionato di quest’anno, che, volentieri e per gioco, proviamo ad anticipare cinque “nomination” (comprendendo anche i subentranti) per un Oscar degli allenatori da assegnare, naturalmente, a fine stagione ed a “titoli” eventualmente conquistati.

    Nomination dell’Oscar degli allenatori 2015-2016 ( l’ ordine è rigorosamente alfabetico).

    Allegri (Juventus): per la incredibile rimonta in campionato e la meravigliosa quanto sfortunata partita di Monaco di Baviera.

    Di Francesco (Sassuolo): per la bellissima realtà tecnica e tattica che è diventato il Sassuolo.

    Donadoni (Bologna): per la incredibile trasformazione del Bologna avvenuta dopo il suo avvento, nonché per la spettacolarità del gioco e la valorizzazione dei giovani.

    Sarri (Napoli): ha dato al Napoli il gioco più intenso e spettacolare della Serie A. Ha già ottenuto a nove giornate dalla fine del campionato gli stessi punti di Benitez. Ha rilanciato alcuni giocatori, Higuain-Hamsik su tutti, che sembravano tristi o involuti ed anche male utilizzati in passato.

    Spalletti (Roma): ha inciso subito una svolta straordinaria alla Roma del dopo Garcia. Ha ridato ai giallorossi un gioco arioso e veloce, rilanciando un rosa di ottimi giocatori che era stata depressa e mortificata dal suo predecessore francese. Ha riportato entusiasmo nella tifoseria che era in fuga dall’Olimpico.

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