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  • Lascia l'Abete di Francia.| E il nostro?

    Lascia l'Abete di Francia.| E il nostro?

    Il presidente della Federcalcio francese, Jean-Pierre Escalettes, ha rassegnato le dimissioni dopo la sconfitta e la pessima figura della Nazionale più rivoltosa della storia. In Francia lo consideravano un atto serio e dovuto. Lui si è preso il fine settimana per pensarci, poi ha capito che doveva pagare il fallimento, come lo paga Domenech, il commissario tecnico, e come finirà per fare Capello sbattuto fuori con l’Inghilterra (anche se Capello non paga mai, come al solito si farà dare dei soldi per andarsene). Sotto ai tre flop più clamorosi del Mondiale adesso c’è la firma dei responsabili, grandi o piccoli che siano, e tra questi c’è pure Marcello Lippi che comunque non sarebbe rimasto, travolto dal più mesto insuccesso della propria carriera.


    Resiste una persona sola: Giancarlo Abete. Da lui non giunge un sussurro di colpevolezza. «Mi assumo le mie responsabilità», disse lasciando Centurion e la cosa è morta lì. Abete si comporta come se nel disastro della Nazionale e più in generale nella crisi del calcio italiano, lui fosse un passante ignaro di tutto. Invece è vent’anni che sta in Federcalcio e negli ultimi tre ne è stato il capo: non è solo l’uomo che ha scelto di riportare Lippi in panchina (e su questo erano d’accordo anche i critici di oggi) ma è colui che gli ha permesso di gestire la Nazionale come se fosse sotto dittatura. Sarebbe bastato il gesto. Probabilmente il mondo del calcio ne avrebbe respinto le dimissioni se non altro per non accrescere il caos. Abete invece non sente il dovere di farlo. Senza capire che in questo modo ingigantisce le proprie colpe.


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