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  • Lazio, Candreva:| Da 'reietto' a idolo della curva

    Lazio, Candreva:| Da 'reietto' a idolo della curva

    • M.A.

    Dei tre romani in campo solo uno ha fatto festa dopo il derby: Antonio Candreva, il laziale. Essere determinante nella partita delle partite e poi volare in Nazionale, sembrava il destino già scritto di Daniele De Rossi e invece è stato il sogno realizzato di un altro 'romano de Roma', l'unico, oggi, ad indossare i panni del vincente. Cioè la maglia biancoceleste, quella che Candreva ha cominciato a battere sul petto qualche secondo dopo aver messo nel sacco la bomba che ha permesso alla Lazio di pareggiare il gol di Lamela. È stato l'inizio della riscossa della squadra, la chiave di volta del derby. Ma è stata anche una purificazione per Candreva, un passaggio atteso da tutti, da lui come dai suoi tifosi. 'Il suo gol ha liberato la mente dei giocatori - ha detto ieri Petkovic -, dopo abbiamo dominato e schiacciato gli avversari'. Il romano da copertina è lui. E la sua rete è la prova che scagiona definitivamente Antonio dal suo passato, che fa dimenticare l'inciampo di quando giocava nel Livorno, quei complimenti elargiti a Totti e De Rossi, gli idoli d'un tempo, che avevano macchiato i primi mesi nella Lazio. 

    Ora non c'è più traccia di giallorosso nel suo dna, ci sono le prove. 'Sogno un gol al derby e i festeggiamenti sotto la Nord'. L'aveva detto e l'ha fatto senza esitazioni, braccia larghe a festeggiare con la Nord, quasi a consegnarsi alla sua curva. Sembravano frasi di circostanza, mancava il responso del campo e, senza quello, anche oggi ci sarebbe stato qualcuno che avrebbe continuato a bollarle come tali. Candreva era preparato all'eventualità di far male alla Roma, considerate le ultime partite forse se lo sentiva. C'era un cerchio che, a gennaio, aveva già deciso di chiudere imboccando la via della Lazio, quella più difficile per un presunto romanista. Ma non c'era scelta, l'occasione di risvegliare il talento che aveva convinto anche la Juve prima di ricadere nell'oblio di Parma e Cesena era ghiotta quanto pericolosa. Ma in nove mesi di Lazio Candreva ha fatto tacere i fischi, ha messo mattone su mattone lavorando sodo e correndo più di tutti, prima con Reja e poi con Petkovic. 'Nothing is impossible', diceva uno spot con Leo Messi come testimonial. Candreva sapeva che avrebbe guadagnato credito a suon di sgroppate sulla fascia e che i tifosi avrebbero apprezzato tanto sudore sulla sua maglia, ma sapeva anche che poteva non bastare a conquistare tutti i laziali. 

    Mancava qualcosa, un segno tangibile di amore. È arrivato. E ha finalmente proiettato Candreva nell'iconografia laziale con un ruolo di primo piano, quasi che la conversione rappresentasse un valore aggiunto alle sue prestazioni. Costanza e anche un po' di diplomazia. Se ora Antonio sta vivendo il suo sogno è anche per merito di chi gli ha concesso una chance, gli stessi tifosi che ora lo acclamano come un beniamino e che, mesi fa, hanno deciso di sospendere la contestazione per capire di che pasta fosse il giocatore. 'Tranquillo, tu gioca e poi vediamo', gli avevano detto dandogli la serenità necessaria a lavorare. L'abbraccio di Candreva è per loro, per ogni gol c'è il ringraziamento alla gente che lo ha accolto concedendogli la possibilità che lui non si è lasciato sfuggire. Tre gol finora, tutti belli e importanti: il primo contro il Palermo e il secondo col Milan, due bolidi di destro che hanno fatto esplodere l'Olimpico. Quello nel derby conferma capacità tecniche e balistiche che anche Prandelli ha voluto nella sua Nazionale per la seconda convocazione di seguito. Esce De Rossi e rientra Candreva: il 'quid' di romanità in azzurro è rispettato.

    (Corriere della Sera - Edizione Roma)

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