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  • Lazio, giustizia sportiva: due pesi, due misure

    Lazio, giustizia sportiva: due pesi, due misure

    • M. A.

    Non finiremo mai di interrogarci sulla giustizia sportiva. Sui tempi improbabili, sulla mancanza di certezze, soprattutto quella della pena, le leggi sono uguali per molti, ma non per tutti. Sulla Lazio e sul suo capitano, Stefano Palazzi - come scrive Gianfranco Giubilo sul Il Tempo -ha lanciato i suoi strali con ferocia superiore perfino alle previsioni più nere, dalla requisitoria è uscito praticamente indenne soltanto quel Gervasoni che è diventato la base del percorso accusatorio, patteggiati un paio di mesi, ma per ora nessuno ha realmente pesato l’attendibilità di questo personaggio sconcertante.

    Dopo la sentenza, la Lazio avrà ancora due gradi di giudizio per far valere le proprie ragioni, i suoi legali hanno le armi per farsi valere. Ma intanto resta la sgradevole sensazione che la Procura Federale non sempre si sia ispirata a quella equanimità che dovrebbe essere alla base di ogni inchiesta. Stefano Mauri potrà anche avere avuto qualche frequentazione discutibile, spesso i calciatori peccano di ingenuità, ma la sua posizione nn sembra diversa da quella di altri illustri personaggi del nostro calcio verso i quali il trattamento era stato molto più morbido. Esemplare la vicenda di Antonio Conte, sei mesi lontano dalla panchina, per un allenatore qussi una sanzione simbolica. Piena libertà di svolgere il lavoro quotidiano e dare suggerimenti dalle gabbiette sulle tribune.
    Per carità, è possibile che il tecnico fosse del tutto estraneo agli addebiti, allora sarebbe stato più logico cancellare le accuse, ma sorge il sospetto che qualche club sia più uguale degli altri. Tempi stretti, regolarità del campionato in forte pericolo, la giustizia diventa utopia. Neanche un’anacronistica responsabilità oggettiva può cancellare il diritto al ragionevole dubbio. 


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