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    Laziomania: parlare di Immobile vi fa male alla salute

    Laziomania: parlare di Immobile vi fa male alla salute

    • Luca Capriotti
    La Nazionale è deprimente. Lo abbiamo capito, ce lo siamo detti, ridetto, mormorato, urlato. Il processo deve necessariamente essere più vasto, profondo, rivoluzionario. Non basta un tecnico come Mancini (che poi attira pure polemiche, da sempre etichettato come "sopravvalutato"), che poi attira pure polemiche, viste le convocazioni coraggiose prima, scriteriate col senno del poi.

    La Nazionale è deprimente e a Formello ritornano giocatori come sempre un po' mogi. Nel senso, alla fine Immobile è solo il miglior attaccante azzurro (stateci), vederlo poco soddisfatto è sintomo che tutto è andato storto. 

    Ah, a coloro che ricordano ad ogni piè sospinto che "Immobile fuori dai confini nazionali etc etc etc", almeno sappiate argomentare. Col Dortmund ha beccato forse la peggiore stagione dei gialloneri degli ultimi 10 anni, al Siviglia praticamente non ha mai giocato (anzi quando ha giocato non ha fatto nemmeno male). Questo lo dico cosicché possiate dirlo al bar, che è l'unico posto dove si dovrebbe mettere in dubbio la caratura del capocannoniere della Serie A (ah, e dell'Europa League, per dire). E smettete una buona volta di parlare di Immobile. Insomma, è riduttivo, è un tiro al bersaglio immotivato, e vi fa pure male al fegato. 

    Archiviata la deprimente constatazione che in Italia serve una rivoluzione culturale nel calcio, e che invece come sempre negli ultimi 100 anni di culturale c'è poco, si va a non cambiare nulla, perché mancano coraggio e uomini di coraggio (ma non è che bisogna guardare al calcio, per capirlo), la Lazio ha a che fare con una serie di rinnovi in programma. I rinnovi sono cose buone e giuste: Immobile se lo merita abbondantemente, Milinkovic ha giurato fedeltà e qualcosa bisognerà dargli, Lulic e Radu vogliono chiudere la carriera a Roma. Strana sorte la loro: vengono trattati, a volte, con l'insofferenza che si riserva al coinquilino semprepresente. Probabilmente la fedeltà, nel calcio, non è più un valore. Il coinquilino semprepresente, al contrario, è quello che al bar parla di Immobile. Ignoratelo pure, se potete. 

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