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  • Little Italy, ex Inter Massimo: 'Quante botte in Australia! E il calcio a New York...'

    Little Italy, ex Inter Massimo: 'Quante botte in Australia! E il calcio a New York...'

    • Marco Guidi

     

    Partire dall'Inter e fare il giro del mondo. Dagli Stati Uniti all'Australia, a forza di dribbling e tackle. E' la storia di Alessandro Massimo, centrocampista, promessa nerazzurra classe 1985. Uno che a 17 anni era in ritiro a Bormio con l'amico Oba Oba Martins e poi all'improvviso ha detto basta. 
     
    "Ho cominciato ad avere problemi fisici e a un certo punto non ne potevo più. L'Inter voleva darmi in prestito al Meda, in serie C. Ma io non avevo la testa sul calcio. Ero giovane, avevo tanti progetti. Così me ne andai a giocare nei campionati minori, per racimolare qualche soldo e intanto portare avanti gli studi".
     
    Massimo studia, s'iscrive all'università e intanto gioca in Eccellenza, dove fa la differenza tra Inveruno e Carate Brianza. Ma se hai il calcio nel sangue prima o poi le vene tornano a pulsare. "Avevo voglia di un'avventura all'estero, per migliorare l'inglese e conoscere il mondo. All'Inter avevo conosciuto Giò Balsamo, un allenatore italiano che stava a New York e veniva spesso alla Pinetina per osservare gli allenamenti. Mi misi in contatto con lui, era il tecnico dei Brooklyn Knights, una squadra della Pdl, una sorta di serie C americana. Così decisi di andare lì e mantenermi giocando a calcio".
     
    Che squadra hai trovato?
    "Una torre di Babele. C'erano italiani, greci, sudamericani. Pochi statunitensi. Il livello era niente male. Per dire, c'era anche Javier Gonzalez Tupper, un difensore che fu convocato dalla nazionale venezuelana mentre eravamo compagni di squadra. Ora gioca in serie A nel suo paese. E poi diversi giocatori che hanno fatto carriera in Mls".
     
    Che tipo di calcio si gioca negli Usa?
    "Meno tattico che in Italia, ovvio. Devo dire che c'erano anche squadre buone tecnicamente. Il Long Island, per dire, aveva sei giocatori tesserati nei New York Red Bull. Professionisti a tutti gli effetti, dunque. Io invece avevo vitto e alloggio pagato, ma non è che avessi in mente di vivere per sempre con il calcio. Ci avevo già rinunciato da anni".
     
    Ma gli americani ne capiscono di calcio?
    "Stanno cominciando ora. Il numero dei praticanti e dei fan è in costante crescita. Ricordo che davo una mano a Jo Savarese (attaccante venezuelano emigrato negli States, giocò anche in Italia con Perugia e Torres ndr) nei camp e c'erano tantissimi bambini. In più il giro dei soldi non era indifferente...".
     
    Dopo New York, l'Australia...
    "Finita l'esperienza con i Brooklyn Knights, un college americano (il Queens College) mi offrì di terminare gli studi lì pur di giocare per la loro franchigia. Ma in Italia mi mancava solo la tesi per laurearmi, così decisi di tornare e terminare. E come premio mi concessi di coronare il sogno che avevo da una vita: visitare l'Australia".
     
    E anche qui i contatti fatti all'Inter ti facilitarono...
    "Sì, mi aiutò Marco Monti, l'ex calciatore (negli anni Ottanta e Novanta giocò in Lazio, Atalanta e Reggiana ndr), ora scout per l'Inter. Aveva delle conoscenze in Australia, dove aveva giocato a fine carriera. Così mi fece ottenere dei provini e alla fine venni ingaggiato dai Sidney Olympic, la seconda squadra della grande città sull'Oceano".
     
     
    Una bella squadra?
    "Sì, il livello era più alto che negli Usa. E volete sapere una cosa? Non ho mai fatto allenamenti così intensi come in Australia. Altro che Inter, finivo che ero distrutto. E poi lì non scherzano: giocano in modo maschio, fin troppo duro. Anche se tatticamente sono un po' lacunosi...".
     
    Ma il tuo futuro era ancora in Italia...
    "Sì, dopo qualche mese tornai a casa e cominciai la mia nuova carriera di giornalista sportivo. A calcio gioco nel tempo libero, allo Sporting Abbiategrasso, una squadra di Terza Categoria vicino a casa mia".
     
    Dall'Inter alla Terza Categoria...
    "La storia di un declino (ride). In realtà non ho nessun rimpianto. Mi sono laureato e ora ho un lavoro che mi piace. Lo ripeto, per sfondare nel calcio devi dare tutto. Ma io avevo altri desideri. Grazie al pallone, però, ho girato il mondo, visto posti incredibili e avuto modo di sfidare la Nazionale in amichevole ad Appiano Gentile. Che emozione giocare contro Gattuso...".
     
    Però quando hai visto il tuo amico Martins segnare in Champions, avrai pensato che...
    "Solo che era davvero forte. Velocissimo, imprendibile! Grande Oba Oba...".    

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