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  • Macché Dzeko, Roma aggrappata a Totti

    Macché Dzeko, Roma aggrappata a Totti

    • Stefano Agresti
    C’è Totti che si fa il selfie e c’è il selfie di Totti; c'è Totti che abbraccia Messi, a colori e anche in bianco e nero; ci sono Totti che compie gli anni e Totti che segna il trecentesimo gol in giallorosso. La Roma ha pubblicato i suoi nove post più popolari del 2015 su Instagram, quasi un bilancio dell’anno appena finito: in sette di questi c’è Totti (i due rimanenti, per la cronaca, celebrano il fantagol di Florenzi al Barcellona e lo sbarco di Dzeko nella Capitale).
     
    Che Totti per la Roma sia non un simbolo, ma molto di più lo sappiamo. Che la gente impazzisca ancora per tutto ciò che lo riguarda, è perfino normale. Lui, del resto, non è solo un genio in campo, ma anche un mostro nella comunicazione: dal gesto del ciuccio per festeggiare i gol al selfie sotto la curva Sud nel derby, pensate a quante immagini ha trasformato in icone. Anche in questo possiede un talento speciale, gli viene naturale, come un lancio millimetrico o un rigore trasformato con il cucchiaio. Il fatto è che, a trentanove anni suonati, Totti continua a essere anche un punto di riferimento dal punto di vista tecnico. E questo, in tutta franchezza, non sappiamo se per la Roma sia un bene.
     
    Quest’anno la Roma ha comprato Dzeko e già recitavano il de profundis: per Totti non ci sarà più spazio, è finita un’epoca. C’era chi andava oltre, addirittura: finalmente hanno un centravanti vero, vinceranno qualcosa. Come se Totti fosse il responsabile dei tanti recenti secondi posti dei giallorossi, e non colui che aveva il merito di avere trascinato la squadra così in alto. Poi si è infortunato, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: la Roma gioca male, anzi malissimo; Dzeko è un disastro; i tifosi si sono allontanati dalla squadra.
     
    Ci sono assenze che valgono più delle presenze. Così è capitato a Totti in questa fine di 2015: senza di lui, si sono accorti quanto vale. E adesso che sta per rientrare in campo, forse già il 6 gennaio con il Chievo, tanti lo vedono addirittura come il salvatore della patria: era l’ora che tornasse. Hanno capito, probabilmente, che per vincere non è indispensabile avere un centravanti: c’è chi ci è riuscito senza. E magari si sono anche resi conto che con un fuoriclasse del genere in campo, giocare è più facile per tutti. Anche per chi ha i piedi un po’ così. E magari lo sarebbe stato - perché no? - anche per Dzeko.
     
    Già sappiamo che al primo assist sbagliato, al primo gol mancato, alla prima brutta partita, gli stessi che oggi lo aspettano con ansia ricambieranno immediatamente sponda: basta con Totti, è vecchio, fatelo smettere. Eh no, così è troppo facile. Noi continueremo invece a stare con lui: finché avrà voglia di correre, finché resisterà alle botte, finché avrà la forza e il coraggio di mettersi in discussione, nessuno nel nostro campionato saprà farci vedere cose simili alle sue. Con buona pace di chi lo dà per finito. Da sette o otto anni, ormai.

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